giovedì 13 settembre 2018

Savona presenta riforma Ue, per renderla “più forte e più equa”

Fonte: Wall Street Italia 13 settembre 2018, di Alessandra Caparello

Una politeia per un’Europa diversa, più forte e più equa è il titolo di un documento che il Ministro per gli Affari Europei, Paolo Savona, comunica di aver inoltrato a Bruxelles.
“Il Governo italiano riconosce che il mercato comune, di cui l’euro è parte indispensabile, è componente essenziale del suo modello di sviluppo, ma ritiene che l’assetto istituzionale dell’Unione Europea e le politiche seguite non corrispondano pienamente agli scopi concordati nei Trattati. La crisi finanziaria globale esplosa nel 2008 ha mostrato i limiti delle istituzioni create soprattutto dal 1992 in poi e le conseguenze insoddisfacenti delle politiche seguite. Anche l’accelerazione dei flussi immigratori illeciti ha mostrato analoghi limiti istituzionali nelle scelte e ha creato uno stato di tensione intraeuropeo pericoloso per il futuro dell’Unione”.
Il riferimento a una politeia invece della consueta governance – si legge in una nota pubblicata sul ministero e a firma proprio di Paolo Savona –  è dovuto al fatto che la prima esprime una politica per il raggiungimento del bene comune, mentre la seconda – mutuata dalle discipline di management – indica le regole di gestione delle risorse. Politeia è quindi qualcosa di più di governance.
Il documento analizza tre argomenti:
  1. L’architettura istituzionale della politica monetaria;
  2. L’architettura istituzionale della politica fiscale e la conformazione da questa assunta;
  3. Le regole della competizione anche in relazione agli aiuti di Stato
  4. Da qui la proposta del ministro: creare un gruppo di lavoro che sottoponga al Consiglio europeo, prima delle prossime elezioni, suggerimenti utili a perseguire il bene comune, la politeiache manca al futuro dell’Unione e alla coesione tra gli Stati membri.
“La conclusione è che il Governo italiano assumerà tutte le iniziative per dare vita a un Gruppo di lavoro ad alto livello, composto dai rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento e della Commissione, che esamini la rispondenza dell’architettura istituzionale europea vigente e della politica economica con gli obiettivi di crescita nella stabilità e di piena occupazione esplicitamente previsti nei Trattati (…) Il Governo italiano intende trovare una forma di collaborazione con i 27 Stati membri per studiare e risolvere le debolezze istituzionali e politiche che si riflettono in un saggio di crescita reale permanentemente inferiore al resto del mondo sviluppato, con sacche territoriali elevate di disoccupazione”.

mercoledì 12 settembre 2018

Direttiva copyright, un bene o un male? Cosa rischia ora il diritto d’autore in Europa

Fonte: Il Fatto Quotidiano Media & Regime | 12 settembre 2018 

È finita come era iniziata: il Parlamento europeo ha approvato, a larga maggioranza, la proposta di direttiva di riforma del diritto d’autore nella formulazione – salvo pochi colpi di maquillage – originariamente proposta dal relatore Alex Voss. Nel nuovo diritto d’autore europeo ci sarà un nuovo diritto connesso in forza del quale gli editori di giornali avranno diritto a un “equo compenso” da parte di chi utilizzerà i link ai loro articoli accompagnati da un estratto – ancor che breve – e un doppio giro di vite sui gestori delle piattaforme che pubblicano contenuti degli utenti e che saranno, by default, responsabili per tali contenuti sotto il profilo di eventuali violazioni del diritto d’autore.
È il momento dell’onore delle armi che su un campo di battaglia di un tempo i vincitori riconoscerebbero ai vinti ma che, forse, in questo caso, gli uni dovrebbero tributare agli altri perché, sfortunatamente, l’impressione è che – al di là di quello che ha segnato il tabellone dei voti nell’Europarlamento di Strasburgo – oggi non ci sono né vinti, né vincitori. E, per dirla tutta, è lecito anche dubitare del fatto che la parola “onore” sia associabile al dibattito che si è appena concluso e che di onorevole, almeno a tratti, ha avuto davvero ben poco. Ma indugiare sull’accaduto è poco utile e val la pena, invece, iniziare a guardare a domani con più serenità e obiettività possibile.
1. Il primo aspetto da non dimenticare – da una parte e dall’altra – è che domani non cambia nulla rispetto a oggi perché la direttiva non sarà legge nei singoli Paesi dell’Unione prima del 2021. Non c’è certezza – e non può esservi – che domani le dinamiche di circolazione delle informazioni e dei contenuti online saranno ancora quelle di oggi e che le conquiste o sconfitte – a seconda dei punti di vista – registrate oggi siano ancora utili o effettivamente dannose. È una questione di metodo che – a livello europeo e nazionale – si continua a sottovalutare: mentre ha senso usare le leggi per fissare principi generali e astratti,  non ha alcun senso – specie quando si parla di digitale – pretendere di spingersi al livello di dettaglio cui si spingono le regole appena approvate dal Parlamento europeo. L’innovazione è un processo di trasformazione rapida e costante, le leggi monoliti pressoché immodificabili.
2. Il secondo aspetto è che quella nella quale si colloca la battaglia che si è appena conclusa è una “guerra” – mi si perdoni l’orribile espressione trattandosi di un confronto tra idee contrapposte – sostanzialmente “civile”, tra appartenenti a uno stesso, unico e inscindibile ecosistema informativo e mediatico. Grandi piattaforme, editori di giornali, industria audiovisiva e, soprattutto, utenti, infatti sono “cittadini” di quella stessa comunità globale che, per brevità, abbiamo imparato a chiamare Web e, oggi, difficilmente – pur nel rispetto delle posizioni di ciascuno – l’uno potrebbe “vivere” senza l’altro. I rapporti economici tra i gestori delle grandi piattaforme, gli editori di giornali, l’industria musicale sono quotidiani e valgono già miliardi di euro in tutto il mondo. E, naturalmente, senza gli utenti, i loro dati, le loro visite nessuno dei protagonisti commerciali di questo confronto ha un futuro.
3. Il terzo aspetto è il più importante: i rischi di effetti collaterali della proposta di direttiva capaci di limitare il pluralismo informativo e la libertà di comunicazione online – senza indugiare ora a chiedersi se siano stati o meno esasperati e strumentalizzati da una delle due fazioni – sono innegabili, reali, sussistenti, presenti già nel quotidiano. È, per questo, indispensabile che, a cominciare dalle negoziazioni tra le istituzioni europee alle quali il Parlamento oggi ha dato l’ok, nessuno, da oggi, perda di vista per un solo istante il problema: iper proteggere i diritti d’autore sacrificando altri diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino – pari-ordinati – come pluralismo e libertà di comunicazione online è una sconfitta per tutti, editori di giornali in testa.
Quando il fragore della battaglia avrà lasciato il posto al silenzio, sarebbe bello, se vinti e vincitori – ammesso che ce ne siano – si ritrovassero attorno a un tavolo a firmare un armistizio con il quale riconoscere che i diritti d’autore tutti – a cominciare da quelli degli utenti del web troppo spesso dimenticati – sono sacrosanti esattamente quanto lo è la libertà di comunicazione elettronica e che chi ha torto o ragione online in relazione alla pubblicazione di un contenuto deve essere sempre questione decisa da giudici e autorità, auspicabilmente dotati delle miglior tecnologie e risorse disponibili allo stato della tecnica.
Media & Regime | 12 settembre 2018

martedì 11 settembre 2018

11/9

11/9: Golpe in Chile per abbattere Allende eletto democraticamente.... gli amerikani non erano d'accordo con il verdetto delle elezioni.

11/9: Massacro perpetrato da milizie libanesi, sotto gli occhi indifferenti degli israeliani (che pur tenevano sotto stretto assedio i campi), a Sabra e Shatila di civili sciiti e palestinesi.

11/9: Attentati negli Usa, colpite New York e Washington...

Esiste un comune denominatore?

lunedì 10 settembre 2018

Soros teme rottura alleanza atlantica: “Ue in pericolo”

Fonte: Wall Street Italia 10 settembre 2018, di Daniele Chicca

La rottura dell’alleanza atlantica tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbe scatenare la prossima grande crisi finanziaria. A dirlo è il finanziere miliardario George Soros.
Tra gli uomini più ricchi al mondo, il finanziere di origini ungheresi sostiene in un’intervista concessa a Bloomberg che l’Unione Europea sia in pericolo e che la minaccia sia “imminente” ed “esistenziale”.
L’annullamento dell’accordo nucleare sull’Iran e la “distruzione” dell’alleanza transatlantica tra i due blocchi occidentali sono destinati ad avere un impatto negativo sull’economia europea e a causare ulteriori turbolenze”.
Per Soros la soluzione di gran parte dei problemi dell’Europa sarebbe un piano Marshall per l’Africa. Finanziato con i fondi europei e del valore complessivo di 30 miliardi di euro l’anno, secondo il fondatore della Open Society Foundation il progetto permetterebbe di allentare le pressioni nel continente dei flussi migratori.
Il prossimo passo sarebbe poi una trasformazione radicale dell’UE come istituzione, che prevede anche l’abbandono della clausola che costringe gli stati membri di adottare l’euro. “L’euro ha tanti problemi ancora irrisolti e non possiamo consentire che distruggano anche l’Unione Europea“.
Tra i fenomeni che reputa pericolosi per la stabilità dei mercati finanziari e che potrebbero sfociare in una nuova grande crisi globale, Soros ha citato il rafforzamento del dollaro Usa e la fuga di capitali dai mercati emergenti, dove un effetto contagio dalle crisi di Turchia e Argentina è già in atto.

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