giovedì 26 settembre 2013

.. Barilla può o no dire la propria?

Bè lo sapete mr Barilla ha detto la propria: la sua pubblicità non vedrà mai una famiglia che non sia quella "tradizionale", che conosciamo bene dai racconti di un mondo che fu.... il mulino bianco e tutto quello che c'è dietro. Mi chiedo: e allora? In questi 20 anni ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori che questa "uscita" non mi pare delle peggiori. SI DEVE ANCHE DIRE CHE CHE VIA TWITTER MR BARILLA SI E' SCUSATO ma ciò non toglie che ha detto la sua e l'ha detto chiaramente rompendo quel tabù del buonismo ipocritamente tollerante che nasconde il suo esatto, e peggiore, contrario, e lo sappiamo, vero?
Non si può dire:
  1. handicappato ma ........ diversamente abile;
  2. di colore .... ma afro-americano.
 ecc. ecc. vogliamo uscire o no da questo mondo di ipocrisie che ci siamo costruiti illudendoci che eravamo diventati civilizzati mentre invece mentre la società ufficiale seguiva questo trend e quella vera, noi, si imbarbariva sotto i nostri occhi, NO?
Aggressioni a donne, in famiglia e non, o a omosessuali da parte di presunti difensori della tradizione (che poi magari di notte andavano a transessuali), a giovani via internet che erano solo un pochetto diversi... e tutto ciò cosa causava?
Nulla: parole di esecrazione; condanne; ma poi?
Nulla: niente riconoscimento delle coppie di fatto (etero o no); niente azioni attraverso media e istituzioni per mandare in soffitta pregiudizi e quant'altro; niente emarginazioni quando qualche esponente padano ne sparava di cotte di crude .... nulla di nulla; poi .. sbuca mr. Barilla e dice la sua e apriti cielo.
Personalmente non sono d'accordo con lui però difendo il suo diritto di dirlo in maniera chiara e aperta.. è molto più convincente lui che tanti difensori della "libertà" che hanno girato, e girano ancora, oggi........
Il vero problema, come dice la mia compagna/moglie, non è quello che dicono, o non dicono ..... ma quello che non fanno: ed ha ragione da vendere

mercoledì 25 settembre 2013

telecom: una storia italiana....

E anche Telecom ci saluta.. la sua storia è un esempio classico di come prima le cose migliori fatte negli anni ruggenti vengono prima svuotate dei loro pezzi migliori e poi buttate via.
Non volendo annoiare nessuno vi propongo la lettura della sua storia fornita da Wikipedia: TELECOM Italia. C'è qualche aspetto del racconto wikipediano che non mi torna ma sostanzialmente, e neutralmente, rispetta il percorso della società; la sua storia è esemplare del paese e della sua perdita di dignità... per tacere dello straccionismo della cosiddetta razza padrona. Da quando viene privatizzata, per fare cassa, non è stata altro che il cestino del padrone del momento nel quale versare i propri debiti.. hanno fatto tutti così fino all'oggi che ha accumulato 40 mld di euro di passività: una cifra da paura.
E i governi che nel corso degli anni si sono succeduti, cos'hanno fatto? Nulla, assolutamente nulla; e l'ultimo non si è certo distinto per cambiare rotta: non possiamo fare nulla, è il mercato.
Ma davvero non si può fare nulla? Pensate che forse in Francia vi fanno acquistare l'ex monopolista pubblico della telefonia senza batter ciglio permettendovi per giunta di comprarvi in un colpo solo anche la rete telefonica, i fili per intedersi, dandovi quindi una notevole arma di pressione, se non ricatto, nei confronti del governo? No.. ci sarebbe una sollevazione generale: dalla poltiica, ai sindacati alla gente comune, tutti alzerebbero la voce per fermare l'operazione; è già accaduto in passato, accadrà ancora.....
Quei geni, da nobel, che la privatizzarono pensarono bene di vendere tutto, rete compresa: una cosa che nemmeno quei comunisti degli americani hanno mai pensato di fare... anche lì la rete rimane pubblica e chiunque la voglia usare paga pegno o meglio paga il canone.
Noi no, siamo sempre più realisti del re e dobbiamo sempre fare i furbi di tre cotte e come spesso accade veniamo sonoramente fregati... naturalmente ci indignamo, ululiamo alla luna ma in realtà tutti sappiamo che ci hanno fregati e abbiamo noi da soli creato la trappola nella quale ci siam ficcati..... gli stessi che qualche anno sostenevano che, in fondo, le privatizzazioni (telecom inclusa) non erano andate poi così male oggi, appunto, son presi da improvvisa smemoratezza e  ululano sapendo che non serve a nulla se non a far dimenticare che ne erano i primi sostenitori e che bacchettavano quegli sprovveduti che cercavano, timidamente, di far presente che forse era meglio scorporare almeno la rete dal resto.... macchè.
Tanto tuonò che piovve, infatti: ora che, in violazione (perchè la legge prevederebbe una opa non certo un foglietto di qualche pagina fra due parti private) anche della legge (ma chissenefrega della legge in questo paese vero?), per soli 500 mln di euro (Telecom, pur avendo un debito di 40 mld, vale ben 7 mld di euro) in base ad un accordo fra Mediobanca e Telefonica passa di mano: non direttamente sia chiaro.... passa di mano la controllante Telco cui fa capo Telecom; un raggiro furbesco e null'altro che consente alla parte finanziaria che vende di scappar via senza troppe perdite e all'acquirente di pagar quattro soldi l'asset completo. Immagino che siano tutti soddisfatti, e mi chiedo: ma se gli spagnoli non sapessero che farsene, che si fa?
Il paese perde la telefonia, internet, il mobile ecc. sol perchè porta troppi costi e questi qua non vogliono spendere euro da buttare nel buco nero che è diventata Telecom?
Ricominciamo con i segnali di fumo? Mandiamo i piccioni viaggiatori per mandarci sms?
E le linee "dedicate", quelle particolari che hanno a che fare con la segretezza, passeranno prima per l'approvazione del CdA di Telefonica?
Mah ... non sono certo un nazionalista ma a me pare che, a forza di svendere, qui facciamo la fine dell'Argentina degli anni d'oro post giunta miliatare dove per "ripagare le banche (non i creditori comuni fra cui molti allocchi italioti che ne sottoscrissero i bond)" non erano nemmeno proprietari della terra dove poggiavano i piedi.....
Questa non la possono far passare come "mercato", proprio no.. questa è semplicemente la dimostrazione provata, la cosiddetta pistola fumante, di come siamo ridotti in questo paese.. un terreno di scorrerie per pirati, avventurieri, ecc. come alla caduta dell'impero romano quando diventammo luogo di passaggio e di rapina oggi stiamo riducendo allo stesso modo: e non possiamo nemmeno dire che non lo sapevamo.. lo sapevamo tutti e non abbiamo fatto nulla per evitarlo, anzi abbiamo votato e applaudito i liberalizzatori, li abbiamo mandati in parlamento e li abbiamo fatti governare per anni: loro e tutti gli altri.... piduisti inclusi: non si può certo dire che non siamo "inclusivi", vero?
Facciamo una domandina tipo rischiatutto?
Quale sarà la prossima acquisizione a prezzo di saldo?
l'ex Alitalia oggi CAI.... facile facile vero? I francesi predneranno per due lire, se non gratis, quello che avrebbero acquistato pagando molto di più qualche anno fa; ma ci fu l'alzata di scudi, la ricordate? Quella della difesa dell'italianità a spese del cittadino, esatto proprio quella....
W L'Italia....

martedì 24 settembre 2013

Germania, anno .....zero

Con stasera chiudo le mie, assolutamente personali, dissertazioni sulle elezioni tedesche, promesso (anche perchè visto l'incessante afflusso di messaggi e passaggi l'argomento è sentitissimo.....).
Alcune cose son chiare; altre lo sono meno; altre ancora vanno comprese perchè ancora work in progress...... ce ne accorgeremo quando sarà troppo tardi.
Premetto che in questi giorni elettorali la mia chiave di interpretazione della situaizone che abbiamo di fronte è stata proprio il saggio di un tedesco .... quello che vedete in alto a destra nel blog: Tempo guadagnato di Wolfgang Streeck edizioni Feltrinelli per la collana campi del sapere (compratevelo, è ... illuminante).

Ci sono, ancora, alcune cosette che vanno dette; le porrò in termini interrogativi e vi darò una, non è detto che sia quella migliore nè quella vera ma solo "una", risposta: ok cominciamo?
  1. Domanda: Si potrebbe anche capire che i paesi forti tifano per l'europa e la sua moneta, ne riparleremo di ciò, ma perchè nei paesi deboli ci sono "tifosi" altrettanto accesi e ci si spende tanto per rimanervi anche al costo di affamarci tutti?
    Risposta: in realtà nei paesi forti è in corso lo stesso processo che avviene qui solo che il modo cambia, come? La germania, alcuni anni fa era "il malato del vecchio mondo" e un socialdemocratico (uno di sinistra diremmo noi allocchi) capì che non era più il tempo di mettersi a fare il difensore degli oppressi ma di ..... cambiare gli orizzonti.Schmidt, prima, Schreoder, poi, posero in essere quelle "riforme strutturali" che anche qui i mercati invocano, la vera differenza è che la Germania NON è l'Italia quindi la SPD non vinse, nè vincerà, più le elezioni e la CDU si pose come semplice continuatore della linea della sinistra cogliendone i frutti (come fece in Gran Bretagna Blair nel dopo Thatcher); questo per cominciare.. poi è venuto il resto: aiutato dal carattere federale della germania; il debito è stato frazionato nei vari stati e nelle rispettive banche, quasi tutte pubbliche e, quelle regionali, ampiamente indebitate (sia con titoli di Stato esteri che, soprattutto, con le aziende tedesche... il modello Volkswagen, insomma) di cui sono i veri pilastri... ecco perchè hanno bisogno sia di sostenere la domanda interna (dei ceti coinvolti naturalmente.... perchè gli altri, quelli poveri ne vengono esclusi e diventano dei paria.. i comuni e i laender tedeschi pagano loro affitti e altro pur di tenerli buoni e non farne esplodere la protesta e la rivalsa sociale; ieri, in basso nel post, c'era un link, "povertà", che altro non era che un dossier preparato da euronews sulla situazione degli indigenti in germania) che, soprattutto le esportazioni .. e per esportare bisogna, come diceva il post di ieri, "fregare il proprio vicino": detto fatto.. aggiungiamo che i "vicini" avevano, a dir poco, la coscienza sporca: hanno scommesso tutto sui paesi del nord europa e sull'idea di cui si son fatti portatori; inoltre sentono di far parte di un ceto transnazionale che non si riconosce più nella tradizionale idea-Stato ma ad altro ossia a una entità "oltre" che mal sopporta il popolo e la sua massima espressione, la democrazia, ed anzi la vede come un pericolo dato che permette ai cittadini di esprimersi liberamente e di disdire quei "contratti" che i loro rappresentanti hanno sottoscritto, a cuor leggero, in loro nome non potendo più approvvigionarsi alla mangiatoia classica delle tasse (anche perchè i ceti di cui sono espressione questa classe transnazionale sono poco propensi a pagarle...) che oltre un certo limite sono "insopportabili". Quest'aspetto mi pare chiarito.. o no? Fate voi...
  2. Domanda: Perchè, dal 2008 a oggi, i mercati premiano la Germania, e si suoi alleati, e non gli altri?
    Risposta: Perchè questi paesi sono già avanti nel processo "turbocapitalistico"..... hanno già fatto il salto di qualità: infatti nei paesi preferiti dai mercati il divario fra ricchi e poveri è già ampio e non corre rischi di richiudersi, anzi cresce violentemente... solo che ancora non se ne sono accorti per i pochi residui di welfare che ancora resistono e resistono, e veniamo al punto della seconda domanda, perchè nei paesi "in crisi" il welfare esiste ancora e la gente è poco propensa ad accettare "sacrifici" in nome della scleta liberista e di mercato che riduce l'intervento dello stato e dona ai mercati stessi il welfare..... in Grecia questo si è tentato e non va perchè la gente in piazza è scesa, e continua a scendere, e in maniera più o meno violenta, e a protestare; non è un caso che Syriza è forte e .. Alba dorata, pure....... è la risposta naturale alla violenza dei mercati turbocapitalistici: mercati peraltro che sono miseramente falliti perchè è tale l'avidità di coloro che ne sono gli operatori che risultano essere "autodistruttivi" centrando in pieno una delle più irrise "profezie" di K. Marx ossia quella del capitalismo disegnato come un mostro che ..... divora se stesso quando non c'è più nulla da divorare: peccato che ce ne accorgiamo solo quando gli siamo finiti in bocca, vero?
  3. Domanda: ma se è così perchè la gente non si ribella alla rapina e, anzi, più scendi in basso nella scala sociale più c'è il rifiuto di prenderne atto trovando addirittura degli strenui difensori del sistema?
    Risposta: perchè ci troviamo di fronte a una vera e propria truffa ai danni dei cittadini. Gli USA per diventare il modello e il paese guida del turbocapitalismo c'hanno messo ben 200 anni, con alti e bassi, e contemporaneamente hanno douvto prima creare il mito sociale .. partendo dalla demonizzazione del socialismo, marxista e non, che alleviava le speranze delle masse; non è un caso, per esempio, che la Costituzione di questo paese ha due "scritture" nella prima si usa la parola "benessere (welfare)" ma quando si accorsero che questo sarebbe toccato allo Stato i nostri massoni la cambiarono in "felicità" spostando il peso della sua ricerca sulla gente e non più sull'entità Stato, il quale da quel momento in poi non aveva il compito di assicurarla ma di impedirne le limitazioni: da quel momento gli usa sono diventati terra di conquista per una serie di predoni, una umanità varia che va dai banchieri ai veri e propri mafiosi (in alcuni casi le due figure hanno coinciso) con lo Stato che si limitava solo a evitarne gli eccessi, il liberismo appunto..... se non eri organizzato in lobby eri fuori dal sistema; se scioperi viene riconosciuto ai padroni il diritto alla serrata; ecc. ecc. il meglio del meglio del liberalismo economico insomma.......  cosa diversa da quello politico ma questo conta poco dato che del secondo, impersonato da grandi pensatori come Isaiah Berlin, sono praticamente dimenticati.  Essendo consorterie, corporation, sono mosse da interessi e convenienze e hanno come fine ultimo il profitto: fanno guerre, corrompono, investono in cultura e nei media, pagano politici affinchè siano "benevoli" con loro e impediscano ai cittadini di intromettersi negli affari ma paghino e basta.... infine, e questa è la loro maggior vittoria, trasformare i cittadini in consumatori, a esser buoni, se non parco buoi, ad essere realisti, che ha un solo compito....... consumare, e consumare ancora, tutto qui. Dalla nascita e finchè si è interessanti agli occhi degli azionisti non c'è altro: consumare. Non importante, diceva Negroponte, capire come funziona un personal computer ma che lo si sappia usare per "navigare" diventando contemporaneamente "tag", o target commerciali, delle aziende commerciali e di quelle pubblicitarie, loro agenti di vendita...... ecco il lato oscuro di Facebook ad esempio. Sono enormi interessi: si pensa che queste enormi aziende abbiamo una massa finanziaria di trilioni di $, in pratica potrebbero comprarsi l'intero occidente, ma perchè assumersi una fatica del genere, visti i costi, se ci sono utili idioti (i partiti politici, le fondazioni, movimenti - anche consumeristici- ecc.) a farlo per conto loro senza smascherarli e coinvolgerli direttamente? Ecco il passaggio da, come diceva Barber, cittadini a consumatori con tanti saluti alla democrazia come forma diretta di gestione e benvenuti nel mondo dei migiori, ben disegnato da Lippman, che credono nell'idea che "i popoli non sono capaci di autogovernarsi (...) e devono, quindi, essere guidati nella ricerca della felicità", meglio detto il migliore dei mondi possibili..... dove tutti trovano un proprio psoto ma dove in realtà ognuno è un oggetto di domanda e di offerta sulla base d quello che può offrire ad un certo costo; se poi se ha soldi di suo va avanti sennò deve accontentarsi di quanto gli danno: ecco nata l'idea dell'ownership society di bushiana memoria. Nessun complotto, ma solo .... affari. E proprio perchè sono affari tutti si sentono in gradi di provarci.. e chi perde resta indietro ma ne diventa, per propria avidità, difensore proprio perchè, prima o poi, il "treno per yuma" passerà anche per lui: più in basso si va nella scala sociale maggiore è la partecipazione al mercato sia dal punto di vista passivo che attivo naturalmente (il mercato delle slot ne è un classico esempio)..... chiaro?
  4. Domanda: Come avviene il processo e.... se ne può uscire senza rivoltarsi? Qui mi soccorre il saggista Streeck che in quattro punti racchiude il proprio parere (saggio succitato pagg 177-190).... Primo: Ai mercati, chiunque essi siano, dev'essere risparmiato l'onere di contribuire al "salvataggio" degli Stati insolventi. Non è il primo a parlarne, e non sarà l'ultimo....... ma è così: se lo vogliamo dire diversamente possiamo parlare di socializzazione delle perdite dei mercati, paghiamo noi, e privatizzazione dei profitti, guadagnano loro.... Secondo: Le banche in difficoltà non vanno nazionalizzate, devono essere salvate con fondi pubblici e nella maniera più discreta possibile per non allarmare il popolo dello stato (noi). Sarà un caso che l'atttuale governatore della BCE è ... l'ex direttore di Goldman Sachs? O che non c'è ministro del tesoro americano che non venga dal mondo finanziario? Detto questo...... andiamo avanti. Terzo: Si deve cercare, per quanto possibile, di impedire agli Stati insolventi di percorrere la strada del fallimento o della rinegoziazione unilaterale. In situazioni gravi è necessario permettere loro, tramite agevolazioni fiscali a fondo perduto, di adempiere ai propri impegni nei confronti dei creditori, in modo che questi siano pronti anche in futuro ad alimentare con prestiti a costi accessibili il debito degli stati..... in pratica: non soffocateli ma.... dategli solo un filo d'aria perchè semmai dovessero ragionare con un filo d'ossigeno in più potrebbero rompere il giocattolino. Quarto: Dato che una soluzione alla crisi finanziaria e fiscale è possibile solo tramite la svalutazione generale del debito pubblico - soprattutto, ma non solo, in caso di mancata crescita - ciò deve avvenire con discrezione e in maniera dilazionata nel tempo, in modo da permettere ai grandi investitori, che potrebbero adottare azioni punitive, di difendere i loro portafogli dalle perdite che subirebbero, ristrutturandoli per tempo; significa che non importa quando dovranno sacrificarsi i cittadini per ripagare i debiti contratti in loro nome... quello che importa è che i creditori possano rientrarci: al massimo dilazionando i pagamenti.
Ora dopo tutto ciò: ha ancora un senso la demoocrazia quando, per interessi contrapposti fra loro, sia i cittadini che i loro affamatori, interni o esterni non conta, lo ritengono un problema da superare passando brevemente dalla democrazia alla post-democrazia alla ...... cina? A voi....la riflessione; io vado a letto, buonanotte
 

lunedì 23 settembre 2013

vediamo perchè non una buona notizia, non solo per noi, soprattutto per i tedeschi?

Le parole che in queste 48 ore si son sprecate; chi si dice contento (da noi tutti i grossi papaveri delle istituzioni); chi stracontento (i mercati che sembrano tiepidi ma in realtà aspettano le prime mosse della signora). C'è anche chi può dir addio alle proprie speranze: giovani, precari, lavoratori dipendenti, ecc. ma loro non contano .. devono solo pagare e tacere.
Semplificando, diciamo che con la sua vittoria la Merkel da un doppio messaggio a tutti:
  1. E' lei la vera garante del "popolo dei mercati" e dei debiti che devono essere onorati con il rigore dei conti;
  2. E' lei che porterà la Germania a costruire l'euroimperialismo che tanto agognavano i predecessori dello scorso secolo......  un bel mercato tutto suo e delle proprie industrie export oriented..
Ma è tutto oro quel che luccica? Davvero in Germania è tutto un paradiso? No, stanno come noi. I giovani e gli altri soliti noti pagano, eccome pagano il boom: in termini di minori salari, meno contratti a tempo determinato, meno servizi sociali ecc. insomma tutto quello che l'armamentario liberista sa mettere in campo: con una solo, non piccola, differenza.... loro i loro problemi li nascondono bene, molto bene; vediamo come?
"Germania, la ricchezza dai lavoratori alle imprese. Così nasce la “locomotiva”
La ricetta tedesca per passare da "grande malata" a traino d'Europa: comprimere i salari per favorire le esportazioni. L'ex cancelliere Gerhard Schröder ha creato sette milioni di "mini-job", contratti iperflessibili con stipendi da 450 euro netti. E Berlino ha mandato in crisi i partner dell'Eurozona
di | 23 settembre 2013

La Germania ha fatto le riforme, ha saputo tenere i conti in ordine, è la locomotiva d’Europa. In Germania un operaio guadagna il doppio del suo collega italiano. Nella mitopoiesi europea del nuovo millennio, la nazione che Angela Merkel si appresta a governare per altri quattro anni è divenuta una sorta di Eldorado in cui i fannulloni mediterranei dovrebbero specchiarsi per impararne le straordinarie virtù. Quanto ai conti pubblici non tutto è come sembra (per il Fmi il Pil farà solo +0,3% quest’anno).
All’inizio dell’epoca dell’euro, Berlino era “la grande malata d’Europa”. La reazione al declino è stata improntata a un unico obiettivo: comprimere i salari per spingere le esportazioni. Ha spiegato Roland Berger, uno dei consulenti economici di Angela Merkel: “Le riforme tedesche hanno avuto successo: iniziate nel 2003 con una liberalizzazione del mercato del lavoro e un aumento degli stipendi reali inferiore all’incremento della produttività. Poi è seguito il taglio dei costi del sistema sociale (sanità, sussidio di disoccupazione, ndr), l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, la creazione di un segmento di bassi salari. Nel frattempo la Germania ha ridotto le imposte all’industria ma aumentato quelle indirette”. Risultato: “Fra il 2000 e il 2010 i costi del lavoro per unità di prodotto in Germania sono aumentati del 3,9%, in Italia del 32,5%. I costi dei prodotti tedeschi così sono diminuiti del 18,2 % rispetto agli altri Paesi dell’euro”.
Strana locomotiva. La politica scelta da Berlino ha un nome: si chiama beggar thy neighbour, “frega il tuo vicino”. La compressione dei salari tedeschi ha segnato la “vittoria” della Germania non tanto nei confronti di concorrenti tipo Cina (con la quale la bilancia commerciale resta negativa), ma verso i partner dell’Eurozona: nonostante la crescita asfittica di Italia, Spagna, Francia, negli anni pre-crisi il saldo tedesco nei confronti di questi paesi è più che triplicato (dall’8,44 al 26,03%), mentre crollavano i consumi privati e gli investimenti. Questa politica ha mandato in deficit i Paesi periferici causando la crisi dell’Eurozona. Lo sostiene, tra gli altri, l’Ilo, l’istituto Onu che si occupa di lavoro: “L’aumento delle esportazioni tedesche è ormai identificato come la causa strutturale dei recenti problemi dell’area euro”.
La svolta tedesca. Agenda 2010 – le riforme del lavoro di Schröder firmate da Peter Hartz, già capo del personale in Volkswagen – ha comportato per la Germania un trasferimento di ricchezza dai lavoratori alla rendita e alle imprese. Scrive l’Ocse: “La diseguaglianza dei redditi in Germania è salita rapidamente dal 2000 in poi”. Secondo una ricerca della Conferenza Nazionale sulla Povertà (Nak) presentata nel dicembre scorso, il 10% della popolazione tedesca possiede oggi il 53% della ricchezza, nel 1998 era il 45% e nel 2003 il 49%. Il patrimonio delle classi medie, negli stessi anni, è diminuito dal 52 al 46%, mentre nel 2010 metà della popolazione si divideva appena l’1% della ricchezza. Strano per una nazione che tra il 2007 e il 2012 ha visto crescere il patrla ricchimonio nazionale di 1.400 miliardi di euro.
Mini-job per tutti. Gerhard Schröder si è vantato dei risultati di Agenda 2010: nel 2003 avevamo oltre cinque milioni di disoccupati, ha detto, ora meno di 3 e abbiamo creato 2,6 milioni di posti di lavoro. Vero, ma anche no. Rispondendo a una interrogazione di Die Linke proprio quest’anno, il ministero del Lavoro ha rivelato quanto segue: dal 2000 al 2011 le ore di lavoro sono aumentate soltanto dello 0,3 per cento, mentre i posti di lavoro a tempo indeterminato sono diminuiti di 1,8 milioni di unità. Non è stato creato alcun nuovo lavoro, si è solo diviso in un altro modo quello che c’era: Schröder ha infatti regalato ai tedeschi i “mini jobs”, contratti iperflessibili da circa 20 ore settimanali con uno stipendio di 450 euro netti, cui vanno aggiunti meno di 150 euro di contributi. Con questa cifra non si vive e allora lo Stato tedesco contribuisce all’affitto, alle spese di trasporto, alla scuola dei figli, in un massiccio trasferimento di risorse che tiene il “mini-lavoratore tedesco” appena sopra la linea di galleggiamento. E rappresenta, di fatto, un aiuto di Stato indiretto alle imprese costato almeno un centinaio di miliardi in dieci anni. I mini jobs, al momento, riguardano 7,3 milioni di persone, il 70% delle quali non ha alcun altro reddito, cui andrebbero aggiunti un milione di “contrattini” a termine e altri 1,4 milioni di lavoratori che guadagnano meno di quattro euro l’ora.
I conti (non) tornano. Jürgen Borchert, presidente del VI tribunale sociale del Land Hessen a Darmstadt, ha “denunciato” i mini jobs alla Corte costituzionale: “Quando un’economia non riesce a garantire quanto basta per vivere alle persone che lavorano duramente, mentre una piccola fascia di persone ad alto reddito accumula ricchezze impensabili, siamo alla fine dell’economia sociale di mercato”. L’Università di Duisburg ha calcolato che la quantità di tedeschi sul fondo del mercato del lavoro è passata dai 2,3 milioni del 1995 agli oltre 8 del 2010, il 23% dell’intera forza lavoro. È così che l’indice di disoccupazione scendeva facendo contenti i politici e i salari reali tedeschi (di quasi il 6% dal 2003 al 2008) e facendo contenti gli imprenditori. Questo dato può essere anche chiamato “crescita della produttività”, la stessa cosa che viene richiesto di fare a noi.
p.s.
chiaro, no? Ora, la vera domanda dovrebbe essere: come mai ha vinto nonostante la povertà sia in aumento?

domenica 22 settembre 2013

la verità? E quale sarebbe .... la verità?

Toh chi si sveglia... il guardiano del tesoro da salvaguardare.. non quello nostro, ma delle banche europee, e della BCE, che ancora sono qui nel paese. Da almeno 20 anni chi gestisce le finanze non è un ministro "nostro" ma è al soldo di chi ha da pretendere qualcosa dalle nostre tasche...
Quale sarebbe la verità che minaccia di rivelarci?
  1. che siamo un paese a sovranità limitata? Lo sappiamo già, grazie...
  2. che gran parte della ricchezza del paese è indirizzata a ripagare il pool di banche che ci hanno dato soldi a man bassa sapendo che non potevamo ripagarlo? Lo sappiamo, grazie..
  3. che il ceto dirigente, e i ceti sociali che lo esprimono, non hanno alcun interesse a costruire un futuro ma solo farci rimanere nel ruolo ... o meglio la gabbia che ci hanno costruito intorno? Lo sappiamo già, grazie...
  4. che alla politica spettacolo perchè se fosse "seria" il paese dovrebbe essere al posto della Germania o almeno alla pari? Lo sappiamo già, grazie...
  5. che gli uomini presenti nelle istituzioni non sono lì per interesse pubblico ma per interesse "europeo"? Lo sappiamo già, grazie....
  6. che il "popolo del mercato" prevale sul popolo titolare della sovranità? Lo sappiamo già grazie...
dal Fatto Quotidiano del 22/9/2013 "Redazione"
Saccomanni minaccia dimissioni: “Rispettare impegni, altrimenti non ci sto”Il ministro del Tesoro: "Gli italiani meritano di sapere esattamente come stanno le cose e non soltanto slogan di carattere propagandistico". Stretto tra le pressioni di Pd, Pdl e Commissione Ue, rompe le intese nel giorno del voto tedesco e alla vigilia dell'esame dell'Fmi: "Non mi metto alla disperata ricerca di 1 miliardo se a febbraio si va a votare"
“Gli italiani credo meritino di sapere esattamente come stanno le cose e non soltanto slogan di carattere propagandistico”. Con un tempismo perfetto Fabrizio Saccomanni rompe la tregua delle larghe intese e conferma in pubblico le dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera. “Gli impegni vanno rispettati, altrimenti non ci sto”, aveva detto il ministro dell’Economia, nel corso di un colloquio con il direttore del giornale, Ferruccio de Bortoli. Il tecnico di punta del governo Letta, in pratica, ha scelto il primo quotidiano nazionale per abbandonare i toni ottimistici delle scorse settimane e paventare il disastro. E lo ha fatto proprio alla vigilia del risultato elettorale tedesco decisivo per il futuro della politica comunitaria, nonché della riunione del Fondo Monetario Internazionale sul caso Italia e, in particolare, sull’esame della tenuta finanziaria del Paese.
Coincidenze che l’ex direttore generale di Bankitalia, per il suo alto standing internazionale e, soprattutto, per il suo stretto legame con il governatore della Bce, Mario Draghi, non poteva  certo ignorare mentre si sfogava con il quotidiano della Fiat, di Intesa Sanpaolo e di Mediobanca. Al quale ha riferito di aver detto con chiarezza sia al presidente del consiglio, Enrico Letta, sia al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che il tetto dei compromessi è stato raggiunto e che l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% non appare più evitabile. Obiettivo, far rientrare di corsa il rapporto deficit/pil nei limiti del 3 per cento fissato con Bruxelles pena la riapertura della procedura d’infrazione. Altrimenti Saccomanni è pronto a dimettersi. “Ho una credibilità da difendere e non ho alcuna mira politica”, ha detto. La lettera, scrive il Corriere, “non l’ha ancora scrtita, ma è come se lo avesse già fatto”.
Il ministro stretto tra le pressioni di Pd, Pdl e Commissione Ue, alle richieste dei politici contrappone la necessità di trovare subito 1,6 miliardi. Poi si dovrà concordare una tregua su Iva e Imu, rinviando la questione al 2014 con la legge di Stabilità che va presentata entro il 15 ottobre. Se si agisce subito, ritiene Saccomanni, è sperabile che l’effetto sui tassi d’interesse sia positivo e si possa finire l’anno con un dato consuntivo sul deficit ben inferiore al “maledetto limite” del 3 per cento, grazie ad alcune operazioni già allo studio, come una serie di privatizzazioni e la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia oggi a bilancio degli istituti che ne detengono il capitale per “cifre irrisorie”. Affermazione, quest’ultima, che però vale soprattutto per Unicredit e Intesa, che sarebbero tra i maggiori beneficiari dell’operazione contabile. Assieme all’Erario per via della tassazione delle plusvalenze che verrebbero registrate dalle banche portando nelle casse dello Stato una somma stimabile in almeno 2 miliardi di euro.
Solo così, è sempre il pensiero del ministro riferito da de Bortoli, “si potrebbe aprire una seria prospettiva per la riduzione delle tasse e rendere praticabile un sostegno alle imprese con l’alleggerimento del cosiddetto cuneo fiscale. Ma questo presuppone che non si vada a votare presto, altrimenti è tutto inutile. E oltre alle sanzioni del mercato, avremmo anche le multe dell’Unione Europea”. Anche l’ipotesi di differire l’aumento dell’Iva a fine anno, secondo Saccomanni, è poco praticabile. “Nemmeno se aumentassimo la benzina di 15 centesimi – è l’esempio che propone – riusciremmo a incassare l’equivalente”. E alle obiezioni di chi punta il dito contro i mancati tagli alla spesa pubblica, replica che il fondo del barile è stato grattato per far fronte a incentivi, cassa integrazione e pagamenti arretrati della pubblica amministrazione.
“Io non mi metto alla disperata ricerca di un miliardo se poi a febbraio si va a votare. Tutto inutile se una campagna elettorale è già iniziata”, è la conclusione del ragionamento di Saccomanni che punta il dito contro il dilagante populismo antieuropeo propagato da chi utilizza “la retorica dei sacrifici chiesti dall’Europa”, senza mai dire che il rispetto degli impegni è scritto in leggi e decreti votati dal Parlamento e il pareggio di bilancio è addirittura una norma costituzionale. “Avanti così e ci siederemo al tavolo a Bruxelles con poche possibilità di strappare condizioni più favorevoli”, sintetizza il Corriere.
“Il ministro fa il suo dovere, ma credo sia arrivato il momento per fare un dibattito sereno e pacato sui conti dello Stato“, ha poi detto Saccomanni davanti al pubblico del raduno nazionale dell’Anfi a Chianciano Terme. mentre da Palazzo Chigi arrivava un messaggio di vicinanza e piena sintonia da parte del presidente del Consiglio Enrico Letta, che si è detto convinto dell’esistenza di margini per individuare una soluzione alle questioni poste. Tuttavia, il presidente il premier si aspetta che vengano meno le pressioni da parte di forze della maggioranza e ha detto basta agli aut aut dei partiti al governo.
“Mi risulta che il ministro Saccomanni come altri di noi è molto preoccupato rispetto alla situazione della finanza pubblica italiana e alla demagogia che segna una parte della maggioranza”, ha invece commentato il viceministro dell’Economia Stefano Fassina in un’intervista a SkyTg24. ”Purtroppo siamo in una situazione difficile, la coperta è cortissima”, ha aggiunto, ricordando che servono 1 miliardo per evitare l’aumento dell’Iva, 2,4 miliardi per la seconda rata dell’Imu, 1,6-1,7 miliardi per tornare al 3% del deficit/Pil e poi ci sono le missioni internazionali, le risorse della cig in deroga. Per Fassina fa bene il ministro Saccomanni a “richiamare tutti al senso di realtà. Se si andasse a votare a marzo rischiamo molto molto seriamente di tornare al clima drammatico di novembre 2011, bruciamo i sacrifici fatti in questi anni e rischiamo il commissariamento della troika“, ha chiosato sostenendo che “chi auspica elezioni non è consapevole delle conseguenze”.
p.s.
Ci dica Ministro, qual'è la verità che gli italiani "debbono" sapere .. che non sanno già?

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