giovedì 26 marzo 2015

Lapavitsas su Varoufakis, Syriza e il marxismo

Fonte: Soldato Kovalski
Pubblico un pezzo dell’intervista Greece: Phase Two fatta da Sebastian Budgen, editor di Historical Materialism, a Costas Lapavitsas, deputato di Syriza e uno dei principali esponenti della Piattaforma di Sinistra, per la rivista Jacobin Magazine. La parte che traduco qui è concentrata sul rapporto, teorico e pratico, tra l’anima propriamente marxista di Syriza e quella da “sinistra diffusa” che viene incarnata da Varoufakis. Nella parte che non ho tradotto, l’intervista si concentra in una lunga trattazione dell’ipotesi di uscita dall’euro delineata da Lapavitsas in Against The Troika (disponibile in formato elettronico sul sito dell’editore VersoBooks).
Parliamo di Varoufakis. Ovviamente, c’è stato un gran chiacchiericcio mediatico su Varoufakis, la sua personalità, il suo stile, e così via. Ci sono stati anche interventi più seri a suo riguardo, per esempio quello di Micheal Roberts che lo definisce “più eccentrico che marxista”. Prima di tutto, Varoufakis che ruolo aveva nella sinistra greca prima della vittoria di Syriza.
So che ci sono stati molti interventi su Varoufakis, il suo stile di vita e sue posizioni. Non voglio parlane, lo lascio ad altri, non ora, magari più in là si potrà parlare dell’impatto che ha avuto sulla politica e così via.
Per quanto riguarda la domanda se sia un marxista, un radicale o altro, consiglierei più attenzione nell’uso del termine “marxista”. Lo consiglio in particolare a chi si proclama marxista perché usa determinate parole e parla molto di marxismo, mentre nella sostanza dell’analisi svolta segue linee politiche ed economiche tra le più prosaiche che si possano immaginare. Facciamo più attenzione nel chiamare qualcuno “marxista”, grazie. Questa non è più politica da aule universitarie, è roba seria, ok?
Quindi, su Varoufakis: lo conosco da lungo tempo come economista, ovviamente. Non penso che si possa definire una persona di sinistra nel senso radicale del termine e di certo non un rivoluzionario, non nel senso in cui intendiamo questi termini in Grecia. Possiamo per dire sicuramente che appartiene alla “sinistra del centro” [in Grecia ci si riferisce comunemente alla socialdemocrazia come “centro”, in Italia diremmo “centrosinistra”, ndt].
È sempre stato di quella posizione, è sempre stato eterodosso e critico in economia, ha sempre rigettato l’economia neoclassica e le teorie neoclassiche nel suo lavoro, è sempre stato pronto a fornire consigli politici al di fuori degli schemi ed è sempre stato pronto a ragionare su alternative praticabili.
Questi sono tutti punti positivi. Quando si guarda alla sua storia, però, bisogna riconoscere che è stato anche un consigliere del governo di George Papandreou, il primo a introdurre i piani di salvataggio in Grecia, e che gli è rimasto legato per un significativo periodo di tempo. Per questo non penso che si possa chiamare “di sinistra” in maniera sistematica.
Lo stesso Varoufakis si posizione in un quadro keynesiano e si relazione con persone come  James Galbraith, apertamente keynesiano.

Voglio essere chiaro su questo. Keynes e il keynesismo, sfortunatamente, rimangono gli attrezzi migliori che abbiamo, da marxisti, per affrontare le questioni qui e ora. Ovviamente la tradizione marxista è molto forte nell’affrontare le questioni di medio e lungo termine, nel comprendere le dimensioni di classe e sociali dell’economia e della società in generale. In questi campi non c’è nessun paragone possibile.
Ma per affrontare le politiche nel qui ed ora, sfortunatamente, Keynes e il keynesismo rimangono un importante set di idee, concetti e strumenti anche per i marxisti. Questa è la realtà. Ci sono persone che usano le idee e non le riconoscono come keynesiane, non lo voglio commentare, ma succede.
Quindi non posso criticare Varoufakis perché si relazione ai keynesiani, perché l’ho fatto anch’io, apertamente ed esplicitamente. Se mi potessi mostrare un’altra idea di come fare le cose, sarei ben lieto di seguirla. Ti assicuro però, dopo molti decenni di lavoro sulla teoria economica marxista, che al momento non c’è altra possibilità. Quindi si, Varoufakis ha lavorato con i keynesiani, ma questo non è un problema.
Ovviamente stabilisci una differenza tra il marxismo come strumento analitico e il keynesismo come strumento politico, ma le due scuole hanno anche obiettivi diversi. Varoufakis lo dice esplicitamente: il suo obiettivo è salvare il capitalismo da se stesso. Non vedi questo come una linea di separazione significativa?
Certo! Keynes non è Marx, il keynesismo non è il marxismo. Ovviamente c’è una differenza tra di loro, è come dici te. Il marxismo riguarda il rovesciamento del capitalismo e punta al socialismo. È sempre stato così e rimarrà così. Il keynesismo no, riguarda il miglioramento del capitalismo e anche salvarlo da se stesso.
Comunque, quando si parla di questioni come la politica fiscale, il tasso di scambio, la politica bancaria e così via (questioni su cui la sinistra marxista deve necessariamente produrre politiche serie piuttosto che denunciare il mondo dalle proprie camerette) allora si scopre rapidamente che, piaccia o no, i concetti che usava Keynes e i concetti su cui lavorano i keynesisti sono indispensabili per costruire una strategia marxista.
Questo è quello che sto dicendo. Purtroppo non c’è altra via e quando i marxisti lo capiranno, allora le loro posizioni diventeranno realistiche e rilevanti.
Parliamo dei negoziati, nelle loro varie fasi. Penso che si possa correttamente dire, non so se sei d’accordo, che ci siano due interpretazioni su cosa sia successo durante i negoziati.
La prima interpretazione, dominante sia nella sinistra marxista sia nella stampa finanziaria (con l’eccezion di Krugman e Galbraith) è che i greci, Varoufakis e gli altri, hanno giocato a poker senza avere le carte buone, senza un sostegno per la propria strategia, e sono stati fondamentalmente battuti dall’Unione Europea e in particolare dai tedeschi.
L’altra interpretazione, che viene dai media pro-Varoufakis e pro-dirigenza di Syriza, è che i greci abbiano affrontato I negoziati molto bene e siano riusciti a ribaltare il tavolo almeno parzialmente mettendo i tedeschi sulla difensiva, guadagnando spazi di manovra che altrimenti non avrebbero avuto, legittimando il proprio discorso sull’impagabilità del debito e sull’inefficacia dell’austerità, e così via.
Non so se concordi su questa caratterizzazione delle interpretazioni dominanti. Se sì, dove si posizione la tua interpretazione?
Mi ritrovo in molto di quello che dici. Non mi voglio posizionare rispetto a queste due interpretazione, anche se sono concorde con te. Ti dirò cosa penso, poi starà ai lettori capire a quale lato sono più vicino.
Il mio punto principale, quello da cui parto, è che il governo è andato ai negoziati con un approccio […] per cui si può andare ai negoziati e domandare e lottare che cambiamenti significativi, inclusi la fine dell’austerità e la cancellazione del debito, rimanendo fermamente nei confini dell’unione monetaria.
Questo è il punto-chiave, è quello che nei miei lavori ho chiamato approccio dell’euro buono. Cioè che cambiando le politiche vincendo le elezioni, cambiando gli equilibri tra le forze politiche in Grecia e in Europa, si possa negoziare e trasformare l’unione monetaria e l’intero complesso europeo con le carte che porteremo al tavolo. Questo è l’approccio con cui sono andati ai negoziati, la strategia era determinata da questo.
Ora, ci sono elementi d’inesperienza, inevitabili, elementi di personalità, inevitabili e a cui abbiamo già alluso parlando di Varoufakis,  e così via. Sono elementi importanti. Comunque, il punto chiave non era quello. Il punto era la strategia e bisogna capirlo bene, perché se no ci si perde nelle discussioni sul poker, sui bluff e su questo e su quello e su quell’altro ancora.
Il governo aveva una strategia e l’ha applicata. E ha scoperto la realtà. La realtà è che, io penso, questa strategia è finita. Non ha funzionato. Sì, gli equilibri politici sono cambiati in Grecia, anche drammaticamente. Non sono solo il 40% dei voti al governo, ma anche l’80% di sostegno popolare, come dimostrano i sondaggi. Ma questo è contato molto poco nei negoziati.
Perché? Perché i limiti dell’unione monetaria sono quelli che sono. Non sono influenzabili a questo tipo di argomenti. Si tratta d’istituzioni molto rigide che portano con sé un’ideologia e un approccio alle cose. Un governo di sinistra in un piccolo paese non è abbastanza da far cambiare posizione al lato avverso.
Quindi, i greci sono andati con grandi speranze e sono caduti nella trappole che le istituzioni avevano preparato. La trappola fondamentalmente significa (a) taglio alla liquidità e (b) taglio ai finanziamenti per il governo. In questa maniera le istituzioni hanno fatto pesare il vantaggio strutturale nei confronti dei greci.
I greci non avevano alternative, non potevano fare nulla. Syriza non poteva fare nulla perché aveva accettato i confini dell’euro. Fin tanto che accetti i confini dell’euro, non puoi dare risposte efficaci. Questo è il motivo per cui alla fine è uscito quello che è uscito.
Hanno provato a fare qualcosa di diverso, dall’altra hanno puntato i piedi, specie i tedeschi. Verso la fine dei negoziati è stata una questione di giorni prima della chiusura delle banche. In questa situazione i greci hanno infine accettato un brutto compromesso.
[…]
Penso che molti fuori dalla Grecia abbiano difficoltà a capire sia l’idea che si possa rimanere attaccati all’euro per principio sia l’idea, che sembra molto ingenua , che questi governi social-liberali (neoliberisti, nel caso di Obama) potrebbero in qualche maniera essere obiettivamente alleati contro la Germania e i falchi dell’Unione Europea. Cosa ne pensi?
La mia lettura del quadro analitico, quando la guarda come economista politico, è completamente disastrosa, l’ho detto apertamente. L’ho detto già anni fa e penso che gli eventi delle ultime settimane abbiano confermato la mia posizione iniziale. Penso che, da marxisti, dobbiamo cominciare dall’economia politica della situazione, non dall’equilibrio tra le forze politiche. Purtroppo la sinistra greca e una gran parte della sinistra europea fanno al contrario.
Cioè, comincia con la geopolitica piuttosto che con l’economia politica?
Con la geopolitica e con la politica interna, con l’equilibrio delle forze politiche, a questo è stato ridotto il marxismo, purtroppo. E quando si comincia con la politica, interna o internazionale, è facile imbarcarsi in voli di fantasia. È facile iniziare a pensare che, in fondo, tutto sia politica e che, potendo cambiare l’equilibrio delle forze politiche, tutto sia raggiungibile.
Mi spiace, ma non è così, e non è marxismo. Come marxisti pensiamo che la politica derivi in ultima analisi dalla realtà materiale delle relazioni economiche e di classe. È un’affermazione di Marx, davvero profonda, se intesa correttamente e non meccanicamente. La conclusione è che questa frase significa che non tutto è conseguibile attraverso la politica.
Ed è esattamente quello che abbiamo visto. Perché? Perché l’economia politica dell’unione monetaria è schiacciante. Ci piaccia o no, l’Europa e la Grecia esistono dentro I confine di un’unione monetaria.
Purtroppo gran parte della sinistra marxista ha fatto finta di niente o ha capito male l’importanza del denaro. Non è sorprendente, perché la sinistra europea non comprende il denaro e la finanza. Fa finta di capire, ma non capisce.
Ripeto, ciò che è praticabile e ciò che non è determinato in ultima istanza dall’economia politica dell’unione monetaria. Dentro i confini del capitalismo europeo, ovviamente, il capitalismo è la questione dirimente. Syriza ha appena scoperto questo ed è ora che cominci a riconsiderare le cose e inizi a ripensare come modellare le politiche e l’approccio politico dentro questi confini.
Se Syriza vuole raggiungere altri obiettivi politici, deve cambiare il quadro istituzionale, non c’è altra via. Per cambiare il quadro, bisogna muoversi verso una rottura, non si può riformare il sistema euro. È impossibili riformare l’unione monetaria. È questo che è diventato chiaro.
Questa posizione non è come dire che non puoi fare nulla se non si è rovesciato il capitalismo? Cioè quello che dicono settori dell’estrema sinistra? Che è chiaramente un assurdo estremismo di sinistra. Non c’è bisogno di una rivoluzione socialista e non c’è bisogna di rovesciare il capitalismo per fare piccole cose. Ovviamente, miriamo al rovesciamento del capitalismo e ovviamente vorremmo vedere la rivoluzione socialista. Ma non è nelle carte disponibili al momento.
Per liberarsi dell’austerità non c’è bisogno della rivoluzione socialista in Grecia, non c’è bisogno di rovesciare il capitalismo. Ma certamente c’è bisogno di liberarsi dal quadro istituzionale dell’euro. Questa semplice cosa non è capita, o non è abbastanza apprezzata, dentro Syriza e dentro la sinistra europea, e questo va tragicamente avanti da anni.
E la ragione è che è circa la posizione di Antarsya e del KKE e che, a causa dell’equilibrio delle forze politiche, non si può concedere la vittoria su questi argomenti ai critici di sinistra?
In parte sì. È una malattia di lungo corso della sinistra greca, e devo dire anche in ciò che rimane della sinistra britannica, che avvelena questo livello di discorso.
Ma c’è qualcosa di più profondo, non è semplicemente il correntismo patologico. La vera questione, all’interno della sinistra che non fa parte di Syriza, è la paure del potere, mascherata dietro i paroloni. Nel caso del KKE si parla sempre di potere dei lavoratori, nel caso di Antarsya ogni frase riguarda il rovesciamento del capitalismo e l’instaurazione del comunismo. Tutto questo nasconde una profonda paura del potere!
Pensano che la gente non lo capisca ma è perfettamente ovvio che queste organizzazioni sono spaventate fino al midollo dalla prospettiva delle responsabilità e del potere. È per questo che assumono posizioni estremiste di sinistra.
C’è un modo di dire in Grecia per cui un uomo che non vuole sposarsi continua a fidanzarsi. È quello che i comunisti del KKE stanno facendo, non vogliono affrontare le questioni del qui e ora quindi parlano della rivoluzione.
In questo modo, non devi affrontare la questione dell’euro. Fai finta che la questione dell’euro sia una questione minore, laterale o cos’altro. Oppure rilanci la questione all’infinito: bisogna uscire dall’Unione Europea, dalla NATO, da questo, da quello e da quell’altro. In altre parole, rispondendo a tutto non dai una risposta specifica a nulla.
Una lettura più benevola potrebbe essere quella per cui sono preoccupati per gli effetti del potere di un governo di sinistra basandosi sugli esempi storici. Non hanno paure del potere in se quanto di distruggere l’autonomia dei movimenti sociali.
Potrei usare un detto inglese: se hai paura del fuoco, stai alla larga dalla cucina. La politica non è teorizzare, non discutere nelle camerette.
La politica riguarda la società per com’è, e la società Grecia vuole risposte qui e ora. Purtroppo, solo Syriza ha cominciato a fornirle a suo modo, ed è per questo che sta dove sta e le altre organizzazioni stanno dove stanno.
Ora ci sono i cosiddetti “quattro mesi d’aria”. C’è molta incertezza su come le varie riforme proposte dal governo saranno attuate in pratica, sia per le riforme redistributive promesse in campagna elettorale sia per la questione delle privatizzazioni, che sono una delle linee invalicabili.
Ora ci sono anche divisioni che tutto possono vedere dentro Syriza, col Comitato Centrale e così via. Come vedi questa fase, da qui all’estate?
Sarà un periodo molto duro per il governo e per Syriza. Un periodo molto duro. Ovviamente, è il risultato del compromesso siglato nei negoziati. Fondamentalmente i creditori e l’UE hanno intrappolato Syriza, il governo subirà costantemente pressioni per rispettare gli obiettivi fiscali.
A marzo scadono dei pagamenti sul debito molto pesanti che stanno già creando problemi, perché il sistema delle tasse sta collassando. Ad aprile il governo dovrà completare una revisione del processo in atto, ovvero una revisione del programma, e sarà un periodo infernale perché ovviamente le istituzioni monetarie saranno rigide.
E poi in maggio il governo dovrà prepararsi al negoziato di giugno per un nuovo accordo di lungo termine per finanziare in qualche maniera il debito e ottenerne la riduzione che Syriza ha promesso al popolo greco. Il tempo tra ora e giugno volerà veloce e sarà un tempo di frizioni e lotte costanti per evitare la crisi, o meglio un periodo in cui si affronterà la crisi giorno per giorno.
In questo contesto, dal mio punto di vista, il governo ha solo due opzioni reali se vuole sopravvivere e se vuole fare ciò per cui è stato eletto.
La prima è cominciare ad applicare il programma per quanto possibile. È di primaria importanza che le leggi vengano approvate dal parlamento dimostrando alla popolazione che intendiamo fare ciò che diciamo e che, anche nei limiti del patto con l’Europa, possiamo portare a casa dei risultati, anche infrangendo quei limiti per quanto possibile.
La seconda cosa che il governo dovrebbe fare, ovviamente, è imparare la lezione dal fallimento della strategia che ha portato al pessimo accordo di febbraio e inizia a preparare un approccio differente per i negoziati in giugno. Se ci si approccerà a questi negoziati con la stessa strategia, il risultato sarà lo stesso.
Quindi per te le questioni chiave su cui il governo può avanzare dovrebbero essere la riconnessione alla rete elettrica delle famiglie, forse la rivalutazione delle pensioni e dell’assistenza medica, ma non questioni che sono già state escluse come l’aumenti del salario minimo, la ri assunzione dei lavoratori pubblici e la rinegoziazione o reversione delle privatizzazioni?
Dobbiamo essere cauti e realistici. Il governo è in un angolo, per le ragioni che abbiamo discusso. Quattro mesi sono pochi. Il governo è anche senza esperienza e la macchina dello stato si muove lentamente ed è generalmente ostile al nuovo governo. L’accordo firmato non tende a grandi cambiamenti nell’immediato, di sicuro non quelli di un governo di sinistra.
Quindi, dobbiamo stabilire delle priorità tra ciò che si può fare e non si può fare in questo breve periodo per mantenere il sostegno popolare e dimostrare alla gente che non siamo come gli altri. Saremo giudicati in base a quali promesse riusciremo a mantenere nei prossimi quattro mesi.
Certamente, la prima cosa è la legislazione sulla crisi umanitaria, e su questo abbiamo già iniziato a lavorare. Sono molto importanti anche le leggi per affrontare i debiti nei confronti del settore pubblico e la questione delle tasse. L’aumento del salario minimo, anche se rimane un nostro impegno che dovremo onorare, può attendere quattro mesi, non è la fine del mondo.
Bisogna essere attenti quando si scelgono le priorità. L’UE e le altre istituzioni faranno pressione per non introdurre le cose che ho menzionato, dobbiamo rimanere fermi nel respingere queste pressioni. Se non lo facciamo, siamo finiti.
Per leggere tutta l’intervista (in inglese) clicca qui.
p.s.
l'intervista è tradotta in maniera imprecisa ma il senso c'è tutto!!!! e da un chiarissimo quadro della situaizone di confusione e di dilettantismo dovuto a inesperieza e limiti oggettivi del governo greco...
ora una chicca: questo è Draghi; ascoltatelo con attenzione e leggete i sottotitoli: chiaro come il sole!


mercoledì 25 marzo 2015

Un giro per l'europa.....

Tiriamo le somme? Come sta la ue dei bancheri e dello Stato bancomat dopo questa tornata elettorale? Non molto bene, grazie.

Francia.
Se non fosse stato per il redivivo Sarkò Marine Lepen avrebbe stravinto; invece si deve accontentare del ..... secondo posto: già ci sarebbe quasi da pensare che l'ex presidente francese sia il classico cavallo di troia dietro il quale altri (......) hanno puntato per evitare il pericolo nazionalistico e una Francia autonoma: cosa questa che comporta la caduta dell'euro e il crollo del sistema bancario e finanziario che si è appropriato della UE e vi si nasconde dietro per continuare a usare gli stati come proprio bancomat a scapito dei relativi cittadini. Non male, in ogni caso, per un partito che viene dalla destra estrema ottenere un tal riosultato: un pò perchè ha reso insignificanti i socialisti (al punto che sono costretti a dare indicazioni di voto al ballottagio "repubblicane e antilepeniste senza ottenere nulla, ma proprio nulla, in cambio) e divisi le destre storiche: ne vedremo delle belle alle prossime presidenziali.
Spagna.
Mossa azzardata, quasi diserata direi, in Andalusia. Il locale PSOE ha giocato d'anticipo indicendo elezioni anticipate in questa "comunidad" rischiando e ha ... perso meno degli altri: quindi ha vinto. Podemos, a sinistra, e Ciudadanos, a destra, sono entrati alla grande e, a meno di grandi coalizioni, sono loro che se la vedranno nel prosssimo futuro; anzi sono loro il futuro.....se sceglieranno o di collaborare fra loro o di continuare a fare da faro di attrazione elettorale per i delusi,e  i fregati, di entrambe le parti: e non sono pochi. Il punto è: riusciranno a tenere viva l'attenzione? E, se vicneranno, riusciranno a non calarsi le braghe una volta arrivati al governo lasciandosi sopraffare dalla paura di fare ancora ancora più danni.. detto meglio: riusciranno a rimettere in sesto il pase con misure che non vadano a intaccare il tessuto socio-economico del paese ma colpiscno i reali detentori del potere e i veri responsabili di questa, sia chiaro indotta, "crisi"? Sapranno tener duro? Tsipras non è un grande esempio ma gli spagnoli non sono greci e i due movmenti non sono Syriza, almeno sulla carta!
Grecia.
Bè che dire? Tsipras ormai è un fantasma che ancora non ha trovato la luce che lo trasvola altrove nel paradiso dei fallimenti annunciati...... perchè delle promesse elettorali non ne mantenrrà nessuna, come da previsioni visto che ragiona sempre all'interno di uno schema ben definito dai mercati, e non solo si dovrà rimangiare anche le mosse propagandistiche (tipo danni di guerra) che gli dovrebbero salvare la faccia... la Grecia è messa malissimo e i greci stanno reamente soffrendo: eppure il nostro è lì ingessato a far ... cosa? Evitare figuracce e a far passare per pacche sulle spalle quelle che sono vere e proprie cenciate che riceve ogni volta in faccia ogni volta che oltrepassa i confini nazionali. Si dovrà, forse, sperare in Alba Dorata affinchè la Grecia si affranchi dal cappio strettole intorno al collo dalle banche (sostenute dalla troika che ora è definita "istituzione") che ancora hanno in pancia ben 400 mld in titoli pubblici e privati greci e che non ne vogliono sapere di perdrli (nonostante che la Grecia ha riportato quasi del 80% il debito contratto entro i confini nazionali)? Ci voleva coraggio e determinazione ma si sa che questa sinistra non ha niente nè dell'una nè, tantomeno, dell'altra. Farmacie senza medicinali; malnutrizione; minori denutriti, ecc. sono ormai pane quotidiano..... eppure questo boy scout continua ad alzare il dito per dire la sua ben sapendo che ogni volta che prova a dire qualcosa di serio subito viene zittito perchè stanno parlando i grandi!!!!!
Un quadro desolante, vero? Eppure a rischiare di più non sono questi paesi ma le élites di quelli ricchi? Perchè? Semplice: loro lo sono perchè hanno scaricato le proprie cotnraddizioni sugli altri in base al principio "frega il tuo vicino".... ma sanno benissimo che tutta questa ricchezza è fatua: basta che i servi si ribellino e tutto crolla; giganti dai piedi d'argilla e non solo verso i loro fratelli ma anche al loro interno: i ceti medi e medio-bassi anche da loro sono messi malino e si ritrovano più o meno nelle stesse condizioni dei loro pari livello sociale dei paesi deboli e in crisi di default: quelli tedeschi ad esempio hanno salari bassi e la loro produttività è fra le più basse e si comincia a vedere..... c'è da sperare in loro o, come sempre accade in questi casi (basta sapere un pò di storia per capire che la seconda guerra mondiale fu un vero toccasana per uscire dalla Grande Despressione del '29) in una guerra "salvifica"?

martedì 24 marzo 2015

Patronati, audizione Camusso su truffa Inca svizzero. Che riapre (con altro nome)

Fonte: Il Fatto Quotidiano a firma di del 24 marzo 2015
Dichiararsi insolventi, chiudere l’attività per poi riaprirla a distanza di pochi mesi con un’altra ragione sociale, tutto per sottrarsi al pagamento dei risarcimenti stabiliti dal tribunale. Un espediente da sempre stigmatizzato dai sindacati, sempre schierati dalla parte delle vittime. O quasi sempre, perché l’atteggiamento cambia radicalmente quando lo schema viene utilizzato dal primo sindacato italiano, la Cgil, o almeno una sua propaggine all’estero: il patronato Inca-Cgil di Zurigo, dove l’ex direttore, Antonio Giacchetta, fino al 2009 s’è inghiottito le pensioni di decine di anziani, approfittando della loro fiducia nei confronti della sigla del sindacato. Anche su questa vicenda verrà sentito il segretario confederale Susanna Camusso, convocata dalla commissione al Senato per gli Italiani all’estero nell’ambito di un’indagine conoscitiva sulla riforma dei Patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità di residenti all’estero.
Ecco come funzionano. All’Istituto nazionale confederale di assistenza (Inca) si rivolgono, sia all’Italia che all’estero, i lavoratori che devono svolgere ogni tipo di adempimento burocratico, dal pagamento delle tasse alle indennità di malattia fino alla riscossione della pensione. Se smettono di funzionare però, di colpo emerge la fragilità del sistema di pagamento delle casse pensioni e la sua esposizione ai profittatori di turno. Quando un ex lavoratore si presentava all’Inca di Zurigo per ottenere la propria, Giacchetta riusciva a farsi versare dalle casse previdenziali sul proprio conto corrente tutti i contributi del lavoratore. Bastava falsificare i timbri del Consolato italiano. I truffati rimanevano all’oscuro del raggiro per anni, perché il sindacalista continuava a erogare dal proprio conto una prestazione mensile. Fino a che, nel 2009, i pagamenti cessano. Solo allora la truffa viene scoperta e Giacchetta viene licenziato. Ancora oggi non è chiaro quale sia stata l’entità del raggiro: il Comitato difesa delle Famiglie rappresenta 27 truffati per un totale di quasi cinque milioni di franchi ma, secondo il presidente Marco Tommasini, in totale le vittime sarebbero 480, per un totale di 37 milioni.
Che non sono mai tornati perché la storia è tutta da scrivere. Ai primi processi in sede civile, Inca-Cgil si costituisce come parte lesa. Un modo per prendere le distanze dal funzionario infedele, ma anche per evitare di essere chiamata a risarcire i pensionati. Parliamo di cifre importanti, dai 100 ai 370 mila franchi ciascuno. Con una serie di sentenze definitive però la giustizia elvetica condanna il sindacato a pagare oltre un milione alle prime otto vittime. Il 26 ottobre del 2013 arriva la doccia fredda per i raggirati: con un comunicato, l’Associazione Inca Svizzera rende noto che “non sarà più in grado di operare” a causa delle “sentenze sfavorevoli all’Associazione stessa in merito ad alcune richieste di risarcimento da parte di pensionati truffati da Antonio Giacchetta. Sono sentenze – conclude la nota – che rispettiamo come sempre, ma che sinceramente non condividiamo né comprendiamo”. L’ordine di risarcimento non arriva alla sede italiana del patronato, che per operare a Zurigo aveva costituito una società di diritto svizzero. I pensionati, rimasti tutti senza pensione, sono costretti ad arrangiarsi: c’è chi vende casa, chi si fa mantenere dai figli, chi torna dai parenti in Italia. E, per ottenere giustizia, sporgono una nuova denuncia alla Procura di Roma: un processo tutto da rifare che ripartirà dal primo grado, coi tempi biblici della giustizia italiana.
La vera beffa arriva nell’autunno del 2014 quando, dopo nemmeno un anno di inattività, Inca-Cgil riapre le sedi elvetiche. Sul sito del patronato sono indicati cinque uffici: Basilea, Berna, Bellinzona, Ginevra, Neuchatel. Chiamando una di questi, è facile ottenere anche il numero di telefono dell’ufficio di Zurigo, quello di Giacchetta. Anche questo è stato riaperto, cercando però di fare poco rumore. Per tornare a operare, al patronato Cgil è stato sufficiente costituire una nuova società: “Patronati insieme”. Il processo penale svizzero non è ancora entrato in fase dibattimentale che Giacchetta è già a piede libero e ha pure trovato un nuovo lavoro. Mentre i pensionati truffati ancora aspettano di capire chi gli restituirà le loro pensioni e la presidente di Inca Morena Piccinini preferisce non rispondere. La parola, oggi, al segretario Camusso. I pensionati, forti delle sentenze della giustizia civile elvetica, ritengono che la Cgil dovrebbe rispondere per l’operato del suo dipendente infedele. E la domanda a questo punto è: può la Cgil che aveva chiuso i battenti per non pagare i risarcimenti riaprire ora come nulla fosse? La parola, alla Camusso.
p.s.
avrei voluto parlare di geopolitica europea, ma...
l'unico cosa che riesco a dire è: Dr.ssa Camusso batta un colpo. Milioni di persone iscritte e simpatizzanti al sindacato fondato da Di Vittorio hanno diritto a sapere cosa ne pensa e, soprattutto, cosa vuole fare...

lunedì 23 marzo 2015

Cassandra Crossing/ Il sussurro dell'Internet delle Cose

da Punto Informatico a firma di Marco Calamari

Roma - Conoscete (se siete anziani) od avete rinvenuto sfogliando antichi vinili (se siete giovani) Alan's Psychedelic Breakfast dei Pink Floyd? Pezzo fantastico: il lento risveglio dopo una notte di bagordi di una persona che va in cucina e da solo comincia a prepararsi la colazione, mentre le sue percezioni della cucina e delle cose che vi si trovano sono ancora alterate. Solo le percezioni sono alterate, la realtà è ancora "normale", la padella è ancora una padella.

Passiamo velocemente ad un altro classico senza tempo: Colui che sussurrava nel buio, racconto di genere fantasy/horror del grande H. P. Lovercraft appartenente al ciclo di Cthulhu. Il protagonista va a trovare una persona che gli aveva scritto di aver scoperto una razza di invasori alieni, il quale lo accoglie in una stanza in penombra e gli chiede di stare lontano, dall'altra parte di un tavolo, perché la luce gli da fastidio in quanto malato.

In una visita successiva la persona non risponde più; il protagonista allora si avvicina, e scopre un paio di mani di cera dotate di impugnature che "qualcosa", un'entità aliena e terribile, ha usato per gesticolare ed ingannarlo, ed un oggetto metallico che forse contiene il cervello del suo sciagurato corrispondente. Entità fangose provenienti da altre dimensioni lo avevano rapito e parlavano al sua posto, impersonandolo per chissà quale abominevole scopo.Un respiro fondo dopo questo esercizio di alienazione e paranoia, ed andiamo al punto.

Questa dotta introduzione è stata ispirata da questo ottimo articolo di Wired intitolato Perché le migliori menti tecniche sono molto preoccupate dell'Internet delle Cose, che inizia con una splendida illustrazione che riassume tutto. Una persona in cucina sta bevendo il suo caffè, ed alzando la testa sorprende gli oggetti più comuni, dalla caffettiera al frigorifero, dal lavello al tostapane, che stanno sussurrando tra loro.

"Internet delle Cose" appunto. Gli oggetti si parlano, ma più che tra loro (Piconet) parlano con altri (Internet), ed agiscono non autonomamente ma almeno in parte sotto il controllo di... di chi? E comunque, per quali scopi? È davvero rassicurante che siano venditori e pubblicitari, piuttosto che l'NSA, gli alieni o l'innominabile Cthulhu in persona? La risposta di Cassandra è ovviamente no, non fa differenza. Le due situazioni sono ugualmente preoccupanti.

Dal titolo dell'articolo si evince che gli esperti "iniziano" ad essere preoccupati. Caspiteronzola! Iniziano oggi ad essere preoccupati che 2 + 2 possa fare 4? È così difficile dedurre le conseguenze di un "Internet delle Cose" in cui le "Cose" siano costruite con la stessa cura e qualità degli odierni modem ADSL, smartphone, Nabaztag ed aggeggi di elettronica di consumo? È difficile farlo nell'era del tecnocontrollo, dopo il Datagate?

C'è davvero preoccuparsi che l'"Internet delle Cose" possa essere costruita di oggetti il cui software/firmware, sarà di basso livello di sicurezza e basso livello di qualità, e che conterranno come sempre funzionalità nascoste? No, certo: infatti non è una possibilità che richiede attenzione e preoccupazione, è una certezza che richiede conoscenza e contromisure.

L'articolo di Wired ha completamente ragione, tranne che per un "dettaglio": usa il condizionale, ma dovrebbe usare l'indicativo. Non descrive un pericolo, ma semplicemente un angolino del presente e l'intero mondo di domani. Anche gli esperti cominciano a preoccuparsi? Una buona notizia.

Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari

Tutte le release di Cassandra Crossing sono disponibili a questo indirizzo
p.s.
sembra fantascienza, vero? Sapete cos'è l'internet delle cose? Bè se compreso bene dovrebbe essere evitato come la peste e invece procediamo a grandi passi verso di esso...... Facciamo un esempio: acquistate un borsetta; nulla di male ma .... a vostra insaputa la borsetta, già da ora che lo sappiate o meno, contiene un tag (ora sono passivi, ma con questa internet presto saranno attivi, cioè dialogano con la casa madre) attivo che dice alla casa madre che: siete usciti pagando una certa cifra (lo triangolano con il bancomat o la carta di credito); avete fatto tot km (magari fermandovi in un altro negozio o in palestra.... tutte informazioni utili allo scopo della case commerciale e pubblicitarie) fino al lavoro e poi a casa; alla fine dice dopo quanto tempo buttate via la borsetta e dove...... ora immaginate tutta una casa così e capirete che nemmeno i migliori scrittori di fantascienza potrebbero immaginare un siffatto inferno (e ve lo dice un cultore del genere). Ora, sempre facendo un altro piccolo sforzo di fantasia pèrovate a immaginare se un cracker malevolo (o peggio un agenzia di spionaggio pubblica, NSA o la sua omologa cinese, o privata per conto delle case commerciali) riuscisse a entrare, per un firmware di basso livello, nel software dei vostri elettrodomestici o nei tag di quello che acquistate..... saprebbe tutto e di più se possibilea vostra insaputa e a vostro danno, piacevole vero? Bene, questo è il futuro che ci aspetta..... auguri
p.s. #2
se siete interessati ad approfondire.....

Spychips di K. Albrecht e L. Mcintyre editrice Arianna.

domenica 22 marzo 2015

Parto e smagliature, il progetto che ritrae le neomamme. I commenti: “Foto disgustose”

di | 22 marzo 2015 dal Fatto Quotidiano
Ehi ma siete proprio bravi!!!! questo era facile è vero ma ho preso solo un particolare. Complimenti a Swala e tutti gli altri.
Ora veniamo allo scandalo del giorno.
Guardate questa foto

vi .... scandalizza? Vi disgusta? Ne siete scandalizzati? Su facebook è il caso del momento perchè è un attacco continuo a chi queste foto le ha fatte: donne con bambini e .. con smagliature ecc. altre ne trovate qui. Ma qual'è il problema? Che sono nude? che hanno in braccio bambini? O che mettono in mostra orgogliosamente smagliature e altro? Perchè il problema sembra essere proprio questo.... la gente, uomini e donne a pari merito, sta piantando un vero casino a causa loro. Queste foto fanno parte del "beautiful body project". In tempi di olgettine, e vari tipi umani che ne mostrano tutte le miserie queste, che ritengo BELLISSIME, fanno scalpore ovunque: è proprio vero che viviamo nella notte della ragione....
Ecco l'articolo dove i lin sono gli stessi che ho segnalato
Non bastavano gli utenti che da mesi stanno denunciando le sue foto a Facebook come “inappropriate”. Ora sotto i suoi scatti gli utenti dei social network scrivono: “Togli quelle immagini disgustose”. Soggetti delle fotografie, donne nude mentre stanno allattando o che mostrano come il loro corpo sia cambiato dopo il parto. Foto che ricevono insulti e segnalazioni sul social network, tanto da costringere la fotografa americana Jade Beall – ideatrice di A Beautiful Body Project – ad autocensurarsi pixelando i seni e da qualche settimana a rimuovere giudizi offensivi sul corpo delle neo mamme.
Difficile dire se le offese arrivino più da uomini o donne, certo è che “le critiche provengono da chi non crede che la bellezza si possa trovare in cicatrici, rughe, smagliature, macchie della pelle, grasso, acne, o qualsiasi altra imperfezione fisica”, racconta a ilfattoquotidiano.it Kristen Watts, moderatrice della pagina Facebook della fotografa dell’Arizona. Mamme con bimbi al seno o donne nude con i segni del parto sulla pelle insultate perché secondo una parte degli utenti online “non sono degni di essere chiamati belli o di essere visualizzati su internet – continua Watts – Mentre se un corpo viene reso perfetto con l’uso di photoshop, allora la nudità è ben accetta da tutti”.
Il progetto nasce nel 2012, quando Beall è ingrassata 22 chili durante la gravidanza. “Dopo la nascita di mio figlio stavo entrando in depressione perché mi sentivo orribile e confusa – racconta la fotografa 35enne sul suo sito internet – Mi sono trascinata nel mio studio e ho iniziato a fotografare il mio corpo ormai cambiato”. Postate queste fotografie sul web, Beall è stata inondata da email di neo mamme desiderose di mettersi in posa per lei. “In tante – continua la fotografa – credevano di avere un corpo poco attraente e rovinato”. Da qui la scelta di ritrarsi affaticate dalla gravidanza, con cicatrici e smagliature, proprio accanto ai loro figli, “per mostrarle in tutta la loro reale bellezza”.
Gli scatti, raccolti nel 2014 grazie ad una piattaforma di crowdfunding nel volume “The bodies of mothers”, sono stati solo l’inizio. Secondo passo, infatti, è stata la nascita di una piattaforma online dove Beall collabora con altre fotografe per ritrarre donne da ogni parte del mondo, “nude dopo il parto, prima di partorire, mentre il corpo invecchia, è malato, grasso, magro, liscio, peloso”, racconta Watts. Sul sito “A beautiful body project” si possono proporre storie o servizi fotografici, oppure inviare autoscatti.
Lanciato su Facebook, è stato proprio questo progetto ad attirare i commenti “disgustati” di alcuni utenti. “Abbiamo deciso di non rispondere alle provocazioni – continua Watts – Ogni giorno lottiamo contro il fatto che sui social network le nostre immagini sono cancellate perché ritenute offensive. Alcuni non capiscono il perché del nostro lavoro, non possiamo farci nulla”. Secondo Watts è molto più comune di quanto si pensi che una donna si vergogni del proprio corpo dopo aver partorito. “Commenti come quelli che stiamo ricevendo non aiutano certo le neo mamme a celebrare la loro bellezza – conclude Watts – mentre i nostri scatti vogliono proprio far capire la grandezza del corpo femminile”.
p.s.
ehm....  spero che nessuno abbia da ridire perchè è pregato fin d'ora a levarsi dai gioielli di famiglia

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