Fonte: Il Fatto Quotidiano Economia Occulta | 24 giugno 2018
Loretta Napoleoni
In
1984, il capolavoro distopico di
George Orwell,
il sistema si impadronisce del linguaggio e spoglia la lingua delle
espressioni più poetiche trasformandola in un codice sempre più povero
di vocaboli,
una sequenza di slogan. Prima vittima di questo processo è la memoria storica, che viene costantemente riscritta. Con questo strumento il “
regime” descrive guerre immaginarie contro nemici altrettanto fittizi e vittorie spettacolari, tutte mai avvenute. Lo status di
guerra permanente è il collante che tiene in piedi una società profondamente debole, priva di consenso. Il nemico è dovunque e chiunque.
In
politica il linguaggio è fondamentale, è il ponte attraverso il quale
fluisce la volontà popolare. Almeno questo è ciò che succede in
democrazia. Nei “regimi” succede il contrario, il linguaggio scorre al
contrario, è il sistema che decide cosa dire e come dirlo e il popolo
assorbe, come una spugna, tutte le fandonie che gli vengono servite. Chi
esporta troppo acciaio negli
Stati Uniti mette a repentaglio la sicurezza nazionale; i
migranti succhiano risorse che altrimenti verrebbero spese per gli italiani;
il governo ungherese temendo un’epidemia di omosessualità proibisce la rappresentazione di Billy Elliot.
L’avanzata
della destra mondiale sulle due sponde dell’Atlantico sta facendo man
bassa del linguaggio democratico sostituendolo con slogan
de facto razzisti e anacronistici. In
Economia Canaglia
ho descritto questo fenomeno in relazione alla fascistizzazione della
società. “La fascistizzazione della società andava di pari passo con lo
spoglio dell’essenza della nazione; entrambi questi obiettivi sono
stati raggiunti attraverso
una conversione forzata di massa. La fascistizzazione della società era messianica e celebrativa. Il
tribalismo di Stato fu costruito sulla rinascita dell’Italia come potenza imperiale; i suoi geni erano romani,
la sua anima fascista.
Quindi l’illusorio obiettivo finale proiettato dall’economia fascista
era di far risorgere la grandezza degli italiani, di rivitalizzare
l’italianità”.
I paralleli con nazioni come l’
Ungheria, la
Polonia, l’
Austria, l’
America di Trump
e, ahimè, anche l’Italia sono lampanti. Naturalmente la grandezza degli
italiani e dell’italianità descritta dal fascismo negli anni Venti non
esisteva, come non esiste il primato degli ungheresi, dei polacchi,
degli italiani e persino degli Stati Uniti nel villaggio globale.
“Era
un miraggio magistralmente commercializzato perché l’Italia non aveva
capacità né forza per riconquistare la sua grandezza. La sua economia
era una forma di ‘
capitalismo senza capitale‘ dove,
grazie a una relazione particolarmente incestuosa, le banche e le
industrie condividevano lo stesso capitale scarso. Conosciuto come
banca mista,
questo sistema consentiva alle banche di partecipare alla gestione
delle aziende mentre le aziende, controllando ampie quote di banche,
utilizzavano i risparmi delle banche per finanziarsi”.
Oggi assistiamo a tentativi di riforme economiche incestuose analoghe, la
flat tax e il
reddito di cittadinanza, proposte che possono essere messe in atto soltanto aumentando il debito pubblico, cioè emettendo
titoli di stato.
In altre parole prendendo in prestito dai cittadini i soldi che il
governo promette di distribuir loro. Certo sulla carta questo debito
dovrebbe generare sufficiente ricchezza per poter essere ripagato, ma
l’Italia ha già un debito ben maggiore del Pil annuale che da trent’anni
non riesce a ridurre perché non ce la fa neppure a pagare gli
interessi senza indebitarsi ulteriormente.
Negli anni Trenta il modello economico fascista venne esportato nel mondo quale strumento principe per combattere la
grande depressione. “Il tribalismo di Stato sostituì il liberalismo economico in modo che lo stato potesse avere mano libera nell’economia. Dal
Giappone all’Ungheria, dall’Argentina alla Spagna, dalla Germania al
Brasile,
i dittatori fascisti salirono al potere sotto la bandiera del
tribalismo di Stato. Nessuno è sfuggito alla sua degenerazione politica.
Abbandonati i valori della globalizzazione della seconda metà del XIX
secolo, i governi autoritari attribuirono ai valori democratici la
causa della crisi economica facendoli a pezzi uno per uno”. Al
G7 Trump ridicolizza i trattati commerciali interazionali;
Salvini chiude i porti alle navi delle Ong straniere e vuole fare un
censimento dei Rom.
A livello internazionale il cavallo di battaglia della nuova destra fu il
protezionismo,
strumento che solo lo stato poteva gestire. “L’intervento statale,
dunque, era essenziale per aiutare le economie a risorgere dalle
profondità della depressione”. Uno Stato forte, un “regime” che era
saldamente al timone dell’economia e che insegnava al popolo cosa
pensare, cosa dire e cosa fare.
Make America Great Again!
“Fu
la polverizzazione dell’individuo, il suo scioglimento nella
burocrazia di stati corrotti e parziali, che aprì la strada alla
tragedia della
Seconda Guerra Mondiale. La natura
canaglia del tribalismo economico del XX secolo, quindi, fu il risultato
della manipolazione politica delle élite fasciste e dei loro
dittatori. Costoro crearono
una rete di illusioni che
hanno intrappolato la gente in una realtà surreale”. La storia si
ripete ma per fortuna non siamo ancora arrivati al riciclaggio della
memoria.
Economia Occulta | 24 giugno 2018