sabato 13 febbraio 2016

Terra dei fuochi, lo Stato mi porta in tribunale per aver difeso il territorio

di | 11 febbraio 2016 dal Fatto Quotidiano
Non lasciatemi solo. Per anni ho sacrificato il mio tempo nell’esclusivo interesse del territorio senza mai chiedere né ricevere nulla in cambio. Demotivato e umiliato, oggi mi ritrovo a pagare per tutti con isolamento e pressioni. Da più di dieci anni mi batto contro i ‪“‎Roghi Tossici”‬, coinvolgendo scuole, associazioni, politici, amministrazioni, per una causa che riguarda milioni di persone. Sempre nel rispetto delle regole, sono stato promotore di iniziative a carattere locale e nazionale.
Le due Mobilitazioni Generali, che si sono tenute nel 2013 e 2014 hanno portato in piazza migliaia di persone stanche delle continue promesse senza che mai avessero avuto risposte concrete. Le immagini del primo grande corteo sono anche diventate la cornice del video di Rocco Hunt nella canzone vincitrice al Festival di Sanremo. Ma tuttora la ‎”Terra dei Fuochi‬” continua a bruciare e nell’indifferenza generale.
Adesso mi si accusa (e sarò processato) per aver fatto partire un corteo 300 metri prima dal luogo prefissato, ovvero piazza Dante e non da piazza Carità come prescritto dalla Questura. Una variazione impostaci a soli 3 giorni della data concordata in precedenza. E questo nonostante le manifestazioni si siano svolte in maniera pacifica e nel rispetto delle regole e senza aver mai creato alcun problema di ordine pubblico.
Oggi mi viene imputata una violazione che francamente trovo assurda. Ho sempre comunicato nei tempi previsti le intenzioni di organizzare eventi segnalandoli agli organi preposti (Questura, Prefettura e Comune di Napoli), indicandone giorno modalità e luogo delle iniziative.
Da incensurato affronterò questo processo, il primo nella mia vita e lo farò a testa alta ma con grande rammarico e sconcerto. Non mi sarei mai aspettato di essere accusato di un “crimine” mentre le denunce di migliaia di cittadini restano a tutt’oggi inascoltate.
La difesa della nostra terra ha un prezzo troppo alto, che per ora sto pagando da solo. Lo Stato italiano mi ha trascinato in tribunale con l’accusa di aver manifestato per difendere il nostro territorio.
Faccio appello a tutte le forze sane affinché prendano posizione in questa paradossale vicenda e intervengano in mio sostegno.
Confido nel futuro della nostra società, in particolare studenti e universitari. Il 18 mattina, giovedì alle ore 9, siete tutti invitati a partecipare al Flash-Mob che si terrà al Palazzo di Giustizia nel Centro Direzionale di Napoli.
Qualcuno vorrebbe criminalizzare chi manifesta pacificamente e democraticamente in favore del diritto alla salute di tutti i cittadini. Ma lo Stato italiano e le istituzioni da che parte stanno?
Quello che fanno oggi a me, lo stanno facendo a ciascuno di voi. Mobilitiamoci!
di | 11 febbraio 2016
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riprendo e posto quest'appello.... la follia italiana e la lucidità di quei pochi che ancora amano la propria terra...

giovedì 11 febbraio 2016

Sanders/Trump: il risveglio dell'america

Di trump si sa e si sapeva che, visti i livelli raggiunti negli usa, poteva fare il colpaccio nel GOP repubblicano: fra tea-party, neo-con e teo-con ormai di quello che era il vecchio party praticamente non esiste più nulla.. anzi in pratica il sistema di potere interno di quel partito è ormai inesistente (anche se negli usa i partiti sono molto liquidi)... per Trump era facile farsi avanti e trovare spazio  (non che i suoi avversari interni siano altrettanto forti) per conquistare il cuore degli elettori e le primarie del partito: la strada è ancora lunga e, famiglia Bush permettendo, ma la sua spinta è solida e credo che alla fine la spunterà. Cosa potrà significare ciò per il futuro? Un America più becera e violenta imbarbarita e istituzionalizzata. La parola fine sul sogno americano come ce lo vendono qui e un imperialismo ottuso nella politica estera. Altro che America paese di Dio quel paese conoscerà ben altre vette di oscurantismo al punto che qualcuno del GOP potrebbe rimpiangere addirittura i Bush.
Altro discorso è quello dei democrats: lì la Rodham-Clinton, algida e fortemente sponsorizzata dalla finanza (ha da poco tenuto una conferenza per la Goldman-Sachs - una delle agenzie di rating che provocarono la crisi del 2008/2009 - a pagamento......) e da grandi aziende e multinazionali, avrebbe dovuto farla da padrona e invece...... un tonfo, perchè? Perchè, questa è la tesi ufficiale dei tifosissimi giornalisti italiani e dell'establishment americano, il populismo dei suoi sfidanti ha allontanato l'elettorato giovanile e della meddle class dal suo faro. Può esser vero (ritengo) solo in parte e suona più come una "spiegazione" di comodo che una verità assoluta (serve più all'estero per essere spesa che dentro il paese). In realtà, sempre secondo me, la "crisi" della sua candidatura ha altre radici, molto più profonde e, per l'intero occidente, proccupanti: una Clinton alla Casabianca significherebbe la stagnazione attuale dell'amministrazione Obama ma anche la rassicurazione, anche per il complesso militare-industriale, che la linea degli ultimi decenni americana non si posta di una virgola e l'espansionismo aggressivo (sempre alla ricerca di un nemico per allontanare l'attenzione degli americani dai reali problemi interni) perseguito continuerebbe senza soluzione di continuità rispetto al passato. Ma si sa: nella società liquida tutto può succedere e gli outsider possono sorprendere i sepolcri imbiancati...... Sanders NON è un democratico ma un "federato" ossia un indipendente che si allea localmente con un partito portandogli voti e assicurandosi l'elezione con la mancata concorrenza del partito con cui si è alleato, una sorta di desistenza attiva che ben conosciamo qui. Non è nemmeno un liberal, nel senso che gli danno lì, ma si autodefinisce un "socialista", la domanda sorge spontanea: cosa s'intende lì per socialismo? Non certo quello marxista e nemmeno quello "socialista" come qui lo si intendeva fino a qualche anno fa; no il suo "socialismo" è mutuato dalle democrazie del nordeuropa (ossia una articolazione, nel caso del dei paesi nordici, fra pubblico e privato che ha dato vita a modelli invidiati nel resto del pianeta vista la presenza di quei paesi ai livelli alti, se non primi, di tutte le classifiche che si possono reperire in giro) e riadattato all'american way of life...... quindi gli "aggiustamenti" sono molti e le prospettive diverse. Non è un caso che lo definiscano "populismo" perchè non disdegna nemmeno di solleticare la "revenge" della middle class americana, il ceto che pagato a caro prezzo la crisi, impoverita come non mai perchè è facile mostrare a questi ceti la realtà: ce l'hanno sotto gli occhi e, a differenza della Rodham-Clinton, prospettare futuri alternativi non può che attrarli verso Sanders che, grazie ai mali della società americana, gioca facile in casa.. sa benissimo che l'establishment lo combatte strenuamente e non lo vede di buon occhio. Ma Sanders non è solo un "politico" ma è un economista post-keynesiano che è uno dei padri della "Teoria della Moneta Moderna" una idea, più che una teoria, sul modo di variare, rendendolo maggiormente equo, il sistema americano: una buona idea, dicevo, ma irrealizzabile, temo, nella patria del mercato selvaggio...... mentre ben sa che le stesse cose le proponesse nei paesi modello di riferimento non se lo filerebbe nessuno!
Personalmente per Sanders provo molto simpatia politica: in fondo sostiene cose che da anni si sostiene e non si fa e non solo negli USA ma, come Corbyn in Inghilterra, non mi pare proprio un "cuor di leone" che espone il proprio petto al fuoco nemico (Kennedy e Lincoln docet) pur di imporre le proprie idee ed essendo da un pò senatore temo sia anche molto addentro al sistema, quel sistema che vorrebbe cambiare.... è molto più facile che sia un animale politico che ha capito che è venuto il momento di raccogliere lo scettro della protesta, giustissima peraltro, contro un iniquo e verticistico potere che si autoriproduce sulle spalle degli americani e a loro spese per fare affari..... e Sanders, come Corbyn, ben sa che se supererà tutti gli ostacoli, ed è un grosso "se", al massimo potrà attuare un 10%, la parte meno pericolosa per il potere, di quanto sostiene: poco, pochissimo; ma si sa che quando sei, davvero, con l'acqua alla gola ti aggrappi a chiunque.. anche a un "socialista"....

mercoledì 10 febbraio 2016

Sanremo?

(trovata su facebook)
mi pare chiaro..

martedì 9 febbraio 2016

la borsa trema: italia avvertita....

Hai voglia a trovare mille motivi (petrolio, crisi dei paesi emrgenti, Cina che cresce meno, ecc.) ma secondo me il sapore di questi improvvisi crolli della borsa, oltre alla naturale volatilità di un mercato non regolamentato, è proprio quello che oggi tratteggia molto bene Varoufakis in un intervista Repubblica durante la presentazione del suo nuovo movimento: è un avvertimento.. soprattutto per Italia ma anche per la Francia. Si devono piegare all'esigenza di chi manda in giro triliardi di dollari e poi passa all'incasso dei profitti..... insomma non ci devono essere cambi  di rotta rispetto agli ultimi anni e quindi o si adeguano o farannio cncorrenza alla Grecia nel cadere nel profondo dell'abisso della troika e dei tagli disumani: la Grecia era l'esempio, la vittima designata ora tocca alle altre due economie mediterranee perchè, secondo le menti malate che sono dietro questi movimenti di denaro, non danno per inteso cosa sia la vera desiderata dei mercati, ossia la ricerca del profitto al minor costo possibile e senza che nessuno si possa aspettare di trovare scappatoie, anche furbesche come accade nel caso italiano e del governo attuale. Il problema era ,e rimane, il sistema bancario: i prodotti che hanno venduto ai gonzi; gli affari fatti rischiando soldi non propri; la commistione fra politica (Banca Etruria e popolari) e affari certo non aiuta perchè rende la prima debole e dipendente dai secondi donandogli un potere di ricatto che in un paese sovrano sarebeb inaccettabile... ma noi non siamo più un paese sovrano e manca la troika solo per dire che la frittata è fatta.
Non è nemmeno un caso che sia improvvisamente balzata fuori l'idea di un super commissario, naturalmente non democraticamente eletto e non sottoposto al controllo dei parlamenti (come il Meccanismo Euripeo - di - Stabilità assolutamente immune e .. segreto), o "Ministro" dell'economia europeo che dovrebeb servire a tenere a bada i riottosi e i furbi, noi, e rimetterli sulla "giusta via" segnata dai Trattati.... ma non è nemmeno un caso che proprio la Germania, nella persona del suo arcigno Ministro delle finanza, vi si opponga: sa benissimo che se almeno all'inizio farà da poliziotto ai paesi mediterranei prima o poi si ritorcerà contro proprio i paesi forti, in particolare proprio i tedeschi che, nonostante tutto, sono il paese più fragile dell'intero vecchio mondo perchè deve la sua forza non a una vera e propria crescita ma alla debolezza dei suoi diretti concorrenti: finchè rimangono sotto schiaffo Francia e Italia la Germania può fare il bello e il cattivo tempo con gli altri impedendogli di fare tutto quello che ancora oggi al proprio interno fa: ossia drogare la crescita; nascondere una buona parte del debito pubblico nei suoi laender (e nel sistema di banche regionali fortemente indebitate); sventolare ai propri sindacati e agli imprenditori il vello rosso della crisi possibile se gli altri si dovessero risvegliare ecc... e, nel caso francese, potrebbe anche essere vero perchè in Francia la gente ha già dato chiaro segnali d'insofferenza alla tenaglia composta da un lato dai paesi frti e dall'altro dai mercati che investono finanziariamente proprio dove il rischio è alto per gli interessi con la prospettiva di scappare via con il malloppo impunemente quando le cose dovessero mettersi al peggio!!!!! Ciò impone politica debole e mercati non regolamentati e se i cittadini dovessero svegliarsi dal torpore, come ancora una volta stanno facendo in Grecia con il Governo Tsipras che ha varato l'ennesima riforma delle pensioni che penalizza i più poveri,  pretendendo per giunta di rientrarci con gli interessi mentre i tedeschi, maestri di traformismo, alzano il dito invitando gli altri a fare "i compiti" mentre loro sono i primi a non averli fatti in casa propria: hanno fatto al massimo un maquillage ben sapendo che prima o poi i mercati, per ora alleati, prima o poi gli si rivolteranno contro quando sarà il loro turno.
Come sempre la ricetta sarà: austherity e sacrifici
mentre l'idea di fondo sarà la tecnica del "frega il tuo vicino" è sempre vincente....

lunedì 8 febbraio 2016

Terrorismo, la risposta armata dell’Occidente fa il gioco dell’Isis. Anche in Africa

di | dal Fatto Quotidiano del 7 febbraio 2016
Negli ultimi 12 mesi lo Stato Islamico ha inviato i suoi agenti in Libia con lo scopo di facilitare la creazione di un gruppo armato a sua immagine e somiglianza, un esercito in grado di combattere per replicare il califfato siriano. Fino ad ora il piano ha funzionato. Non solo la versione libica dello Stato Islamico ha guadagnato terreno ma gli accordi per ristabilire un governo unico sono falliti e l’Occidente sta meditando un nuovo intervento armato.
La decisione di investire in Libia e, ad esempio, non in Yemen è legata ad una strategia di lungo periodo ben chiara che vede nel continente africano il terreno più fertile per il franchising del califfato nel XXI secolo. Alcuni elementi chiave sembrano avallare questa previsioni, primi fra tutti la sostenuta crescita demografica, l’instabilità politica dei governi post-coloniali africani e la scarsa crescita economica prodotta da questi stessi negli ultimi 50 anni. Sullo sfondo di questo scenario, l’Islam viene presentato come l’ideologia del cambiamento, lo stesso mantra che ha avuto grande successo in Iraq ed in Siria.
La facilità con la quale l’Islam rivoluzionario proselitizzato dallo Stato Islamico sta attecchendo in un continente dove è sempre stata molto diffusa la sua interpretazione più mistica e pacifica, e cioè il sufismo, non è casuale ma è il prodotto dell’indottrinamento promosso dall’Arabia Saudita negli ultimi 30 anni non solo in Africa ma in tutto il mondo musulmano. Nel Niger, ad esempio, una nazione decisamente ancora laica il numero delle moschee è salito vertiginosamente. Approfittando della povertà di alcune nazioni, i sauditi hanno de facto penetrato la società africana indottrinandola alla versione aggressiva, militante e violenta dell’Islam costruendo una rete capillare di moschee che fungono da centri sociali e di sostentamento per la popolazione.
Man mano che i nuovi e deboli Stati post-coloniali fallivano nei loro programmi economici e la popolazione si trovava senza lavoro, istruzione e servizi base, la legittimità dei governi scemava. I cittadini frustrati cercavano un’alternativa che gli veniva offerta dai predicatori sunniti finanziati dai ricchi sauditi o dai regimi dei paesi del golfo. La frustrazione si è presto trasformata in rivolte sempre più violente finché ha dato vita a gruppi armati che di fatto muovono guerra ai regimi esistenti. Tra questi il più noto è Boko Haram in Nigeria, una nazione ricca grazie ai giacimenti di petrolio ma profondamente corrotta.
Nell’ultimo decennio, Boko Haram ha devastato gran parte della Nigeria, del Camerun, del Ciad e del Niger. Ha lanciato attacchi che a volte hanno coinvolto fino a un migliaio di militanti. Circa 17.000 persone sono morte in una guerra che sembra non aver fine e che ha già prodotto 2,6 milioni di rifugiati. Ultimamente, Boko Haram ha dichiarato sudditanza allo Stato Islamico, ed è diventato un vassallo del califfato. Questa decisione è coincisa con una nuova violenta e barbara offensiva in Nigeria, la cui tattica più comune è l’invio di bombe suicide, spesso anche bambini, contro le moschee sufiste. Il messaggio è chiaro: l’islam dello Stato Islamico è un’arma di battaglia fenomenale, una macchina da guerra e per creare la nuova nazione musulmana ci vuole questo tipo di attrezzatura non il buonismo e l’ascetismo dell’islam sufista.
L’Africa è dunque il terreno dove lo scontro tra le varie interpretazione dell’Islam si svolge su larga scala. Ed infatti negli ultimi mesi abbiamo assistito a diversi attacchi non solo contro gli occidentali ma contro gli africani. In Burkina Faso, poco meno di un mese fa, 30 persone sono state uccise in un hotel di lusso, mesi prima abbiamo assistito ad un attacco simile in Mali, in Somalia, al Shabab ha attaccato la base militare dell’unione Africana uccidendo 100 soldati kenioti.
Se poi aggiungiamo che nelle regioni sub Sahariane vivono 250 milioni di musulmani e che le proiezioni sono per una crescita demografica del 60 per cento nei prossimi 30 anni, è facile intuire il potenziale insurrezionale che l’Africa offre all’Islam del cambiamento, violento e rivoluzionario, specialmente alla luce del ruolo che l’Occidente continua a svolgere in questo continente.
Nell’Africa occidentale, ad esempio, le potenze europee con in testa la Francia hanno lanciato diverse incursioni militari a sostegno dei governi locali. In Mali, Niger, Mauritania, Burkina Faso e Chad la Francia mantiene un contingente di 3.500 soldati. Gli americani hanno una base di droni in Niger e ne stanno costruendo un’altra nel Camerun. In Libia, poi, non è da escludere a breve un intervento armato da parte degli italiani ed appoggiato dalla Casa Bianca.
La risposta armata e violenta da parte dell’Occidente nei confronti dell’avanzata dell’Islam del Califfato fa buon gioco ai gruppi armati che si sono dichiarati suoi vassalli. Esattamente ciò che abbiamo visto svilupparsi in Siria con l’appoggio militare dell’Iran e della Russia al regime di Assad e quello dei paesi del golfo e dell’Occidente all’insurrezione anti Assad. Tra questi due schieramenti si è incuneato lo Stato Islamico, presentandosi come l’unica versione endogena del cambiamento politico. Se ciò si ripetesse in Africa le conseguenze per l’Europa sarebbero, a dir poco, disastrose.
di | 7 febbraio 2016
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l'amara considerazione alla fine dell'articolo della Dr.ssa Napoleoni suona profetica, visti i precedenti di cui i paesi occidentali sono stati capaci non solo nel lontano passato ma anche di recente: afghanistan, iraq, siria, libia, ecc. nessuno di questi era strettamente necessario alla sicurezza mondiale ma furono aggrediti solo perchè si voleva terreno sotto i piedi alla "concorrenza"... gli appetiti delle multinazionali e l'avventurismo della destra non solo americana

domenica 7 febbraio 2016

Quando il pedaggio diventa un’imposta

02.02.16 Giorgio Ragazzi   da lavoce.info
I pedaggi dovrebbero servire a coprire i costi degli investimenti e della gestione delle autostrade. Se rimangono invariati anche quando l’arteria è pienamente ammortizzata, siamo di fronte a una imposta sul transito. Che dovrebbe essere votata dal parlamento e non semplicemente decisa dal governo.

L’imposta dietro il pedaggio
Quando i pedaggi cessano di essere tali e diventano imposte, il governo può ancora disporne in via amministrativa come meglio crede o la competenza dovrebbe passare al parlamento? Non è una domanda astrusa perché pone il problema, mai affrontato o chiarito, di cosa fare dopo che giunge a scadenza una concessione autostradale. E nel nostro sistema ve ne sono molte.
I pedaggi sono stati istituiti per coprire i costi dell’investimento e gestione delle autostrade (più un “congruo” profitto per il concessionario) e, sia pure con regole diverse, è sempre questo il criterio col quale vengono fissati e rivisti ogni anno. L’ammortamento dell’investimento è l’onere più elevato e viene in principio rateizzato in modo tale che l’autostrada risulti interamente ammortizzata a fine concessione, quando dev’essere devoluta gratuitamente allo Stato (per la parte eventualmente non ancora ammortizzata è previsto un indennizzo).
A quel punto, secondo le regole vigenti, i pedaggi dovrebbero essere eliminati o ridotti a quanto serve per coprire i soli (modesti) costi di gestione. Se il governo decide invece di mantenere i pedaggi allo stesso livello, sia che gestisca l’autostrada in proprio o la riassegni in gara, viene evidentemente invalidata la normativa del “price cap” e viene introdotta – nella sostanza, anche se non nel nome – un’imposta sul transito, che come tale dovrebbe essere deliberata dal parlamento e non lasciata all’arbitrio del governo. Occorrerebbe una legge che dichiari superata la normativa del “price cap” e stabilisca quanto meno i criteri a cui il governo deve attenersi nel fissare il livello dei pedaggi quando l’infrastruttura sia interamente ammortizzata.
Il caso dell’Autobrennero
Un buon esempio è quello dell’Autobrennero, concessione scaduta da oltre un anno per un’autostrada già ammortizzata e che non richiede nuovi investimenti di rilievo. Perché non viene “devoluta gratuitamente” allo Stato come previsto nel contratto di concessione? Sembra che ormai il ministro Delrio abbia deciso di assegnarla in concessione, per i prossimi trenta anni, a una società interamente posseduta da enti pubblici del Trentino Alto Adige. L’autostrada produce ricavi in eccesso dei costi operativi per oltre 150 milioni l’anno e non deve fare ammortamenti: si può dire dunque che la somma è il gettito dell’imposta sul transito imposta nella sostanza mantenendo invariati i pedaggi. È corretto che il governo possa imporla senza una legge che lo autorizzi?
Il rischio di abuso del potere di tassare da parte del governo, nella sostanza se non nella forma, ricorda quanto avvenuto per i sussidi alle energie rinnovabili che per effetto di vari decreti ministeriali hanno poi raggiunto l’enorme onere di circa 14 miliardi l’anno, gestiti “fuori bilancio” in quanto addebitati sulle bollette come “oneri generali di sistema”. Se per la copertura di quei sussidi si fosse introdotta una “imposta ecologica” assoggettata all’approvazione parlamentare, probabilmente l’onere complessivo sarebbe stato diverso e sarebbe stato ripartito in altro modo. In ogni caso, l’opinione pubblica avrebbe dovuto essere informata in anticipo sul costo effettivo di quei sussidi.
È proprio l’assenza di trasparenza nel settore autostradale che costituisce un potente incentivo a offrire “banchetti gratuiti”.
Nel caso dell’Autobrennero, il rinnovo del diritto di riscuotere pedaggi significa ottenere un “regalo” di 150 milioni l’anno (meno la parte che andrà allo Stato, che non conosciamo ancora). Ma l’utente che continua a pagare il pedaggio di prima non percepisce in alcun modo di venire “spennato” a sua insaputa né che qualcuno si stia arricchendo alle sue spalle. L’offerta del “banchetto” mediante proroga o rinnovo gratuito della concessione non comporta dunque alcun costo politico, non occorre aumentare né le tasse né i pedaggi, ed è pertanto difficile che un ministro trovi la forza di resistere alle fortissime pressioni dei concessionari, in questo come negli altri casi di proroghe senza gara che si stanno preparando. È per questo che sarebbe auspicabile imporre che le proroghe di concessioni debbano essere approvate tutte e singolarmente per legge.
Il caso dell’Autobrennero solleva poi anche un’altra questione: può il governo, senza una legge che lo autorizzi, decidere di assegnare gratuitamente (o quasi) un’infrastruttura dello Stato (o il potere di sfruttarla per trenta anni) a una società di enti pubblici di una specifica regione? Perché quella e non altre? Il fatto che attraversi quel territorio non pare motivo sufficiente né accettabile perché la sua generalizzazione minerebbe l’unità economica del paese.
Con 150 milioni l’anno lo Stato potrebbe finanziare un decimo di tutte le spese dell’Anas, perché rinunciarvi? Per di più a favore di una regione che gode di privilegi fiscali invidiati al di là dei suoi confini e che ha appena un milione di abitanti: il ricavo dell’autostrada corrisponde a circa 150 euro a testa all’anno.
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come non essere d'accordo? ma siamo in italia.....

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