Fonte: Il Fatto Quotidiano del 1 10 2015 a firma di Cesare Sacchetti
L’opinione che l’euro sia una pessima idea
così come è stato concepito e realizzato sembra essere arrivata persino
alle alte sfere dei vertici comunitari. Ogni tentativo di mantenerlo
in vita a tutti i costi, ha portato con sé il peso delle drammatiche
conseguenze che i popoli europei hanno vissuto e che stanno mettendo
fine alle costituzioni democratiche fondate sullo Stato sociale, e per le quali JP Morgan
ha raccomandato il rapido superamento in una famigerata relazione sullo
stato della crisi dell’Eurozona. Sostanzialmente esistono due strade
per mantenerlo in vita: la prima è quella dell’austerità espansiva,
un ossimoro economico non più difeso nemmeno dai suoi mentori che ne
hanno negato l’efficacia e riconosciuto il fallimento; la seconda è la
creazione di un budget federale europeo che avochi a sé
i poteri fiscali degli stati nazionali e teoricamente ridistribuisca
quegli squilibri che le unioni monetarie a cambi fissi inevitabilmente
comportano. Sarebbe bastato dare ascolto al padre dei Chicago Boys, Milton Friedman che qualche anno fa in un articolo sul New York Times definì l’Europa come “un esempio di situazione sfavorevole alla creazione di un’unione monetaria.
L’Europa è composta da nazioni separate, che parlano lingue
differenti, e con diverse tradizioni culturali, dove i cittadini
provano sentimenti di lealtà e attaccamento al loro paese piuttosto che
all’idea di un mercato comune e di Europa”.
Queste le ragioni culturali che rendevano problematiche una unione forzata,
imposta ai popoli europei secondo l’unico meccanismo delle crisi di
sistema, più o meno artificiali, che fino ad oggi ne hanno reso
possibile l’attuazione. Lo stesso Mario Monti riconobbe
che senza crisi, non si ha cessione di sovranità e la difficile
contemporaneità vissuta dalla debole Ue sembra pronta per un nuovo
avanzamento, necessario per raggiungere il gradino superiore del Superstato europeo e la conseguente fine degli Stati nazione che seppur travolti dalla globalizzazione
restano ancora protagonisti sulla scena politica. Le ragioni
economiche, sulle quali rimangono avvinghiati i pochi negazionisti
dell’euro come protezione alla crisi, non permettono l’esistenza in vita
di un’unione monetaria senza i necessari riallineamenti della bilancia
dei pagamenti tra i paesi più forti in avanzo e quelli più deboli in
deficit. La Germania ha sfruttato questo enorme vantaggio competitivo,
su tutti l’enorme surplus della bilancia commerciale che rappresenta la
sua supremazia in Europa, e forse adesso potrebbe essere disposta a
concedere qualcosa alla nuova idea che percorre i corridoi di Bruxelles.
Se non altro perché la sua posizione in questo momento esce piuttosto
indebolita dallo scandalo Volkswagen, che sembra aprire delle
pericolose crepe nella leadership tedesca che fino a
poco tempo fa nessuno osava mettere in discussione. Un’apertura in
questo senso alla nuova federazione di Stati europea potrebbe essere
possibile.
Non nel modo voluto dalla Francia che inizialmente si era schierata al fianco della Germania nella sua politica di rigore dei conti,
ma che poi ha preso anch’essa la strada della crisi sistemica
approdata all’aumento esponenziale della disoccupazione e dei conti
pubblici, in un paese sempre più provato da una lenta crescita e che
forse rappresenta il malato d’Europa nascosto dalla crisi greca, non
più in grado di sostenere il peso dell’unione monetaria di cui
beneficia oramai solamente la Germania della Merkel. Di qui l’esigenza
di rifare il palazzo costruito senza fondamenta, come ha esortato a fare qualche mese fa il ministro dell’Economia francese, Emmanuel Macron, che prospetta “una rifondazione dell’Ue” e una completa cessione di sovranità
al “nuovo governo comunitario” al quale saranno trasferiti totalmente i
residui poteri degli stati nazionali in materia di politica economica.
Secondo
Macron, questa manovra sarebbe indispensabile per appianare quegli
squilibri provocati dalla moneta unica e il nuovo governo dell’eurozona
“provvederebbe a fornire assistenza ai paesi in difficoltà”, fino ad
arrivare alla creazione di un nuovo parlamento della moneta unica, al
quale parteciperebbero solamente i deputati membri dei paesi
dell’eurozona; una sorta di Camera dell’Unione Monetaria
che dovrebbe ipoteticamente essere il tramite per l’investitura
democratica del nuovo governo europeo. Non è chiaro se questi membri del
nuovo parlamento siano elettivi oppure di nomina diretta da parte dei
governi nazionali, ma sembra già riscontrabile la mancanza di
democraticità di questo processo, del quale discutono l’ex direttorio
franco-tedesco senza neppure interpellare gli altri Stati membri oppure
lanciare una piattaforma di discussione che coinvolga i popoli interessati.
Tecnicamente,
sembra piuttosto arduo arrivare a un compromesso tra gli opposti
interessi francesi e tedeschi, perché i secondi concepiscono un’unione di trasferimenti fiscali
solamente alle loro rigide condizioni che prevedono addirittura tagli
automatici alla spesa, bilanci contenuti e un rigido sistema di
sanzioni applicato a chi viola queste caratteristiche. Non è stato
citato nemmeno il ruolo che dovrebbe avere la Bce, che
attualmente è incompatibile con la possibilità di un budget federale,
dal momento che essa non può finanziare il deficit degli Stati membri
né tantomeno monetizzare il loro debito. Senza tralasciare il fatto che
queste riforme rimetterebbero completamente in discussione l’assetto
di Maastricht e dunque richiederebbero con ogni probabilità un nuovo
trattato che dovrebbe essere discusso e ratificato dai parlamenti degli
stati membri. Un processo che vuole tempo, ponderazione e attenta
valutazione parte con presupposti di pericolosa fretta e rapida
esecuzione, come accaduto nel 2011 all’alba del governo Monti con il
celebre “Fate presto”, implorato da Il Sole 24 Ore che raccomandava una rapida esecuzione delle riforme strutturali.
Sembra per il momento improbabile che le due parti arrivino a un compromesso, anche se dal nostro punto di vista la strada più raccomandabile era e resta quella del Manifesto Europeo di Solidarietà, firmato tra gli altri da Jacques Sapir e Alberto Bagnai,
che prevede uno smantellamento controllato dell’unione monetaria che
purtroppo sembra aver riportato l’Europa al clima degli anni 20,
dominato da tensioni che poi sfociarono nell’affermazione dei regimi
totalitari. La prima Maastricht nacque in fretta,
convulsamente, senza il tempo e la possibilità di considerarne
effettivamente la portata dei suoi cambiamenti e dei suoi innati limiti
strutturali economici e giuridici che sono ad oggi visibili nelle loro
devastanti conseguenze. La seconda Maastricht sarebbe il prodotto di
quell’errore, nato su ragioni di emergenzialità e sembra già portare con
sé tutte le caratteristiche che hanno determinato quel cambiamento
traumatico. Su un dato sembrano convergere gli apologeti della moneta unica
e i fautori del ritorno alle valute nazionali, ovvero sull’evidenza che
“l’attuale modello non funziona più”, come ha dichiarato il ministro
delle Finanze belga Jan van Overtveldt. L’impressione è
che ancora una volta si tenterà la strada dell’integrazione scaturita
dalle crisi, e il punto di non ritorno sulla fine delle costituzioni
democratiche sarà raggiunto, come auspicato da JP Morgan, tra i più
sinceri ispiratori di questo disegno.
si parla di progresso, di evoluzione, di civiltà ci ritroviamo invece in un nuovo medio evo dove conta chi si nasconde dietro il potere o vi si allea con esso.
giovedì 1 ottobre 2015
mercoledì 30 settembre 2015
Cavalli di ...Troia
Fonte: Il Fatto Quotidiano in edicola oggi 30/9/2015 a firma di Marco Palombi.
Dato a Cesare quel che è di Cesare veniamo al punto: come mai Tsipras ha fatto quel ha fatto? Ekathimerini ne da una spiegazione in .... backstage. Ha pubblicato un telegramma segreto inviato dall'ambasciatore greco a Washington ad Atene (ad appena tre giorni dall'accordo fra Grecia e troika che aveva sbugiardato ilr eferendum del 5 luglio) che non ricostruiva il ruolo degli USA nella vicenda e i contatti avuti con il governo Tsipras ma da conto anche dei "consigli" forniti al governo e delle pressioni sul FMI per attenuare il forcing della troika stessa: peraltro Tsipras, che si è fidato, non ha ottenuto nulla di quanto gli era stato ventilato, anzi si è trovato nella condizione di doversi piegare del tutto ai desiderata della stessa troika.
Un colpo basso? Certo; ed è un colpo basso a doppio obiettivo: colpire Obama (le eleioni americane si avvicinano) e lo stesso governo ellenico (il siluramento di Varoufakis è la prova provata del potere dei mercati) nello stesso momento.
E' vero? Ritengo di si per il semplice motivo che lo scenario che il giornale disegna rientra nella cornice internazionale che si è venuta vieppiù costruendo nel tempo che vede la necessità per gli usa dia vere un solo soggetto economico-politico con cui trattare quello che gli sta davvero a cuore ossia il TTIP, ormai in dirittura d'arrivo, con cui sperano (e visto il livello dei politici europei c'è da credere che ci riusciranno almeno nel breve termine) di creare quel mercato monstre che dovrebeb ridare lustro alla propria economia a scapito degli altri "alleati" che servono solo come contorno e come mercato coloniale nel quale scorrazzare impunemente: cosa impossibile se non solo si trovano a contrattare con una sola entità, da un lato, statuale (peraltro ormai debolissima) ma con ben 27 Stati ognuno che guarda ai propri interessi e, dall'altro, a dover far piani per circoscrivere la ripresa d'iniziativa russo-cinese (soprattutto russa.. la Cina sta per ora in secondo piano) nelel varie aree del pianeta...... non c'è solo la Grecia quindi in ballo ma un intero continente che nei piani americani ha un doppio ruolo: ausiliario nelle varie avventure militari in cui si lanceranno gli usa e residuale come mercato coloniale di sbocco per i propri prodotti visto che è l'unico posto al mondo dove ancora ci sono possibilità di spendere qualche soldo investendo nella sanità privata, nelle assicurazioni sanitarie, nelle pensioni private ecc. altrove tutto ciò non è possibile.. ancora. Inoltre la Grecia, di suo, ha una caratteristica di "frontiera" perchè è proprio sui confini del varatro mediorientale e può fare da contrappeso alla Turchia sempre più spostata verso un islamismo radicale e ben lontana dal ruolo di guardiano dell'est che gli usa gli avevano affidato durante la guerra fredda.
citando liberamente da "Dune" di F. Herbert : ".... [vedo] progetti dentro altri progetti e dietro tutto vedo voi Shaddam (..) IV" frase che meglio di tutta la pubblicistica mediatica spiega il gioco in cui si sono impegnati gli americani, frutto della loro secolare politica che ha lasciato un enorme scia di sangue nella storia del pianeta per mantenere la propria egemonia, dalla caduta del Muro di Berlino....
Dato a Cesare quel che è di Cesare veniamo al punto: come mai Tsipras ha fatto quel ha fatto? Ekathimerini ne da una spiegazione in .... backstage. Ha pubblicato un telegramma segreto inviato dall'ambasciatore greco a Washington ad Atene (ad appena tre giorni dall'accordo fra Grecia e troika che aveva sbugiardato ilr eferendum del 5 luglio) che non ricostruiva il ruolo degli USA nella vicenda e i contatti avuti con il governo Tsipras ma da conto anche dei "consigli" forniti al governo e delle pressioni sul FMI per attenuare il forcing della troika stessa: peraltro Tsipras, che si è fidato, non ha ottenuto nulla di quanto gli era stato ventilato, anzi si è trovato nella condizione di doversi piegare del tutto ai desiderata della stessa troika.
Un colpo basso? Certo; ed è un colpo basso a doppio obiettivo: colpire Obama (le eleioni americane si avvicinano) e lo stesso governo ellenico (il siluramento di Varoufakis è la prova provata del potere dei mercati) nello stesso momento.
E' vero? Ritengo di si per il semplice motivo che lo scenario che il giornale disegna rientra nella cornice internazionale che si è venuta vieppiù costruendo nel tempo che vede la necessità per gli usa dia vere un solo soggetto economico-politico con cui trattare quello che gli sta davvero a cuore ossia il TTIP, ormai in dirittura d'arrivo, con cui sperano (e visto il livello dei politici europei c'è da credere che ci riusciranno almeno nel breve termine) di creare quel mercato monstre che dovrebeb ridare lustro alla propria economia a scapito degli altri "alleati" che servono solo come contorno e come mercato coloniale nel quale scorrazzare impunemente: cosa impossibile se non solo si trovano a contrattare con una sola entità, da un lato, statuale (peraltro ormai debolissima) ma con ben 27 Stati ognuno che guarda ai propri interessi e, dall'altro, a dover far piani per circoscrivere la ripresa d'iniziativa russo-cinese (soprattutto russa.. la Cina sta per ora in secondo piano) nelel varie aree del pianeta...... non c'è solo la Grecia quindi in ballo ma un intero continente che nei piani americani ha un doppio ruolo: ausiliario nelle varie avventure militari in cui si lanceranno gli usa e residuale come mercato coloniale di sbocco per i propri prodotti visto che è l'unico posto al mondo dove ancora ci sono possibilità di spendere qualche soldo investendo nella sanità privata, nelle assicurazioni sanitarie, nelle pensioni private ecc. altrove tutto ciò non è possibile.. ancora. Inoltre la Grecia, di suo, ha una caratteristica di "frontiera" perchè è proprio sui confini del varatro mediorientale e può fare da contrappeso alla Turchia sempre più spostata verso un islamismo radicale e ben lontana dal ruolo di guardiano dell'est che gli usa gli avevano affidato durante la guerra fredda.
citando liberamente da "Dune" di F. Herbert : ".... [vedo] progetti dentro altri progetti e dietro tutto vedo voi Shaddam (..) IV" frase che meglio di tutta la pubblicistica mediatica spiega il gioco in cui si sono impegnati gli americani, frutto della loro secolare politica che ha lasciato un enorme scia di sangue nella storia del pianeta per mantenere la propria egemonia, dalla caduta del Muro di Berlino....
martedì 29 settembre 2015
Catalogna: è un falso problema
Già; perchè è un falso problema? Perchè:
innanzitutto i secessionisti non hanno superato il 50% dei voti anche se hanno la maggioranza nel parlamento locale;
poi è già pronto il cavallo di troia, il "loro" uomo, come in Grecia, che rompe le uova nel paniere alla coalizione vincitrice; la cosiddetta sinistra repubblicana si è già distinta poche ore dopo nell'allontanarsi dal programma ufficiale e rientrare nei ranghi del mainstream (sia chiaro che rimangono repubblicani ma di secessione non se ne parla, non più);
il leader vincitore è "imputato" per il refrendum tenuto ma non riconosciuto da Madrid, di conseguenza è indagato.. fossimo in italia ci farebbe una risata su; se la prenderebbe con la magistratura comunista; mobiliterebbe i suoi corifei, anche meidatici; ci farebbe su una bella legge e sarebbe finita lì.... ma non siamo in Italia e lì il rischio della via giudiziaria per l'eliminazione del pericoloso sovversivo è reale e non preso sottogamba;
come in tutto le democrazie occidentali chi ha vinto non è maggioranza ma solo la più forte delle minoranze... e quindi la strada è tutta in salita.
E non c'è solo la Catalogna. C'è i paesi baschi, gli unici con una reale autonomia al limite dell'indipendentismo; c'è la Corsica con il suo indipendentismo mai sopito; c'è sempre la Scozia, dove il referendum - SOLO PER ORA - è fallito, che prima o poi vedrà il problema riprensentarsi in maniera molto più pressante; come pure il Galles dove il partito nazionalista è in costante ascesa; c'è la Baviera.. ecc. ecc. ma il vero focus è perchè c'è questo risveglio? Semplice: da anni la politologia ufficiale, e non, parla di glocalizzazione ossia di accrescimento nelle comunità locali della ricerca della propria identità a fronte dell'annacquarsi di quella nazionale dove che non ha più motivo di esistere vista la tendenza del libero mercato a distruggere le barriere politiche e sociali. Se sei un catalano e vedi che goni giorno un pezzo della tua singola identità va via persa per sempre e che il tuo governo non fa il tuo interesse anzi hai come Presidente del consiglio un banchiere che picconata dopo picconata elimina il welfare nel suo complesso e non crea le condizioni affinchè non si accresca la quota percentuale di povertà, che fai? Accentui la tua identità; riscopri la tua e rendi "nazione" insomma la glocalizzi o per dirla senza troppi giri di parole prendi in mano le redini del tuo destino e ti giochi le tue carte; hai due vie davanti a te: o crei una piccola patria o cerchi di gestire direttamente i processi globalizzativi... altro non c'è.
Al momento la via maggioritaria sembra essere quelle piccole patrie ma non è detto perchè alla fine il compromesso sarà raggiunto e nel piccolo si ricreerà quello che già oggi accade in grande si spera con qualche piccola differenza: il mettere regole in un mercato selvaggio dove a Washington o a Brusselles vengono prese decisioni che distruggono il posto di lavoro a Barcellona non è cosa così negativa...... anzi direi proprio che se ne sente la mancanza.
Vedremo...
innanzitutto i secessionisti non hanno superato il 50% dei voti anche se hanno la maggioranza nel parlamento locale;
poi è già pronto il cavallo di troia, il "loro" uomo, come in Grecia, che rompe le uova nel paniere alla coalizione vincitrice; la cosiddetta sinistra repubblicana si è già distinta poche ore dopo nell'allontanarsi dal programma ufficiale e rientrare nei ranghi del mainstream (sia chiaro che rimangono repubblicani ma di secessione non se ne parla, non più);
il leader vincitore è "imputato" per il refrendum tenuto ma non riconosciuto da Madrid, di conseguenza è indagato.. fossimo in italia ci farebbe una risata su; se la prenderebbe con la magistratura comunista; mobiliterebbe i suoi corifei, anche meidatici; ci farebbe su una bella legge e sarebbe finita lì.... ma non siamo in Italia e lì il rischio della via giudiziaria per l'eliminazione del pericoloso sovversivo è reale e non preso sottogamba;
come in tutto le democrazie occidentali chi ha vinto non è maggioranza ma solo la più forte delle minoranze... e quindi la strada è tutta in salita.
E non c'è solo la Catalogna. C'è i paesi baschi, gli unici con una reale autonomia al limite dell'indipendentismo; c'è la Corsica con il suo indipendentismo mai sopito; c'è sempre la Scozia, dove il referendum - SOLO PER ORA - è fallito, che prima o poi vedrà il problema riprensentarsi in maniera molto più pressante; come pure il Galles dove il partito nazionalista è in costante ascesa; c'è la Baviera.. ecc. ecc. ma il vero focus è perchè c'è questo risveglio? Semplice: da anni la politologia ufficiale, e non, parla di glocalizzazione ossia di accrescimento nelle comunità locali della ricerca della propria identità a fronte dell'annacquarsi di quella nazionale dove che non ha più motivo di esistere vista la tendenza del libero mercato a distruggere le barriere politiche e sociali. Se sei un catalano e vedi che goni giorno un pezzo della tua singola identità va via persa per sempre e che il tuo governo non fa il tuo interesse anzi hai come Presidente del consiglio un banchiere che picconata dopo picconata elimina il welfare nel suo complesso e non crea le condizioni affinchè non si accresca la quota percentuale di povertà, che fai? Accentui la tua identità; riscopri la tua e rendi "nazione" insomma la glocalizzi o per dirla senza troppi giri di parole prendi in mano le redini del tuo destino e ti giochi le tue carte; hai due vie davanti a te: o crei una piccola patria o cerchi di gestire direttamente i processi globalizzativi... altro non c'è.
Al momento la via maggioritaria sembra essere quelle piccole patrie ma non è detto perchè alla fine il compromesso sarà raggiunto e nel piccolo si ricreerà quello che già oggi accade in grande si spera con qualche piccola differenza: il mettere regole in un mercato selvaggio dove a Washington o a Brusselles vengono prese decisioni che distruggono il posto di lavoro a Barcellona non è cosa così negativa...... anzi direi proprio che se ne sente la mancanza.
Vedremo...
Etichette:
blog,
catalogna,
economia,
glocalizzazione,
liberismo,
mercato,
politica,
secessione,
Spagna
lunedì 28 settembre 2015
Siria: il solito gioco sulla pelle dei siriani
“No ad alleanze con Assad, è un tiranno”:
ecco cos'ha detto Ban-Ki-Moon segretario dell'Onu a proposito del
problema "Siria/Is". Come sempre, nel caso dell'Onu, nella frase c'è un
errore di forma: si definisce "tiranno (a ragione)" Assad ma si tace
sulla Presidenza della Commissione Diritti Umani della stessa
organizzazione affidata a un saudita: ossia al paese che non solo ha
dato i natali al mostro n°1, Osama Bin Laden (la cui famiglia fa, faceva
e presumibilmente continuerà a fare, affari miliardari con gli
americani) ma è il vero covo del terrorismo islamico, segnatamente la
corrente wahabita, ed è il paese che impicca chiunque commetta qualcosa
che non è approvato dalla polizia religiosa; dove le donne non possono
guidare ecc. insomma un vero paese democratico....eppure hanno messo un
suo esponente alla guida di una delicata commissione come quella
succitata. Due pesi e due misure? Come sempre... non è un caso che
Putin, anche lui non un santarellino ma che almeno non è così impudente
come i "colleghi" dell'Onu, ha gioco facile nel dire che è stato un
errore abbandonare al proprio destino Assad, perchè? Perchè, come nel
caso di Saddam, i geni qui in occidente stanno scommettendo solo sul
controllo delle risorse e in funzione anti alleanza Cina-Russia da un
lato e di creare un cordone sanitario intorno all'occidente e ai loro
popoli affinchè non guardino oltre esso e si facciano una propria idea
che, secondo me, è che in realtà da un lato non c'è alcuna voglia di
Putin e co di "fare la guerra" ma che ce lo stanno tirando dentro a
forza di strappargli le zone d'influenza storiche e dall'altro ce la
necessità dei veri padroni del mercato, e degli stati-guida
dell'occidente, di non avere ostacoli ai loro affari e ai loro profitti e
di contraltari che gli rompono le uova nel paniere.
Siamo davvero sicuri che siamo dalla parte del "got mit uns"?
Alcuni indizi:
Siamo davvero sicuri che siamo dalla parte del "got mit uns"?
Alcuni indizi:
- alcuni prof. di Yale hanno appena fatto un analisi della società americana definendola "no più democratica"; personalmente ritengo non da ora ma fin da quando Kissinger dichiarò che i cileni che avevano appena votato per Allende sostenne che dovevano essere aiutati a capire che non era il meglio per loro...;
- da tempo gli Stati occidentali si sono riarmati, e pesantemente, come mai? Siamo forse in guerra o la stanno preparando .... magari dopo le elezioni americane cioè quando arriverà alla White House uno maggiormente muscolare di Obama?
- La Cina fa gola e, ben sapendo della centralità del proprio ruolo economico, ha iniziato un gioco tutto suo: si allea militarmente con la Russia ma al proprio interno foraggia l'economia mondiale e lavora alacremente per farsi un proprio spazio nei vari paesi del pianeta....
- La, che piaccia o meno, Russia è l'anello debole del gioco e si vede. Putin lo sa e deve barcamenarsi a est e ovest per evitare di vedersi aprire un baratro davanti a se e far ricadere il proprio paese nell'era del suo predecessore il "corvo bianco" che ha sotterrato non solo lo stato russo appena uscito dalla dittatura sovietica ma pure, cosa molto grave, l'orgoglio nazionale.... che Putin ha ridato.
domenica 27 settembre 2015
Volkswagen, il gigante del capitalismo ha mentito ai suoi clienti. Avanti il prossimo
dal Fatto Quotidiano de 27 settembre 2015 di Loretta Napoleoni
Lo scandalo della Volkswagen è
un duro colpo al capitalismo industriale moderno, quello che secondo la
teoria neo-liberista, rappresenta la spina dorsale della crescita
economica. E quindi va difeso a spada tratta. Ma sarà difficile, se non
impossibile, anche per i più accaniti neo-liberisti far passare il
software che inganna i controlli sulle emissioni di diossido di
nitrogeno come un errore casuale, un’alterazione non programmata. Qualcuno l’ha pensata, l’ha studiata, ha prodotto ed applicato ai motori diesel il
software per imbrogliare le autorità competenti ed i consumatori. E
dato che la catena di montaggio automobilista è un meccanismo
complessissimo di orologeria industriale, dove tutto è computerizzato,
bilanciato e verificato al millimetro, di certo il software fraudolento è
stato approvato dal board della Volkswagen perché per applicato si è dovuta modificare la catena di montaggio.
Dunque, il simbolo del capitalismo industriale europeo dovrebbe andare in frantumi perché gestito da delinquenti, questa infatti la definizione corretta di chiunque fosse a conoscenza della frode. Ma succederà? Dopo la Toyota, la Volkswagen è la più grande produttrice di macchine al mondo. Con una forza lavoro internazionale di 590 mila operai produce 41.000 veicoli al giorno, venduti in 153 nazioni.
Al momento 80 milioni di persone guidano una macchina della Volkswagen.
Ma non basta, VW è proprietaria di altri marchi europei, ad esempio
Audi, Seat, Škoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati. Far
crollare questo impero vorrebbe dire dare un durissimo colpo
all’industria automobilista europea, ne abbiamo già visto l’anteprima, con conseguenze disastrose sui mercati finanziari e sulla forza lavoro.Wolfsburg,
nella bassa Sassonia, ad esempio, non è solo la città natale della
Volkswagen, su una popolazione di 120 mila abitanti più della metà
lavora per produrre le sue macchine.
Non è la prima volta che la Volkswagen si trova in una situazione drammatica.
Fondata per volontà di Hitler nel 1937 e disegnata da Ferdinand
Porsche, la prima macchina doveva essere l’utilitaria della classe media
tedesca. Ma la guerra interruppe questo progetto e la Volkswagen
produsse veicoli per l’esercito tedesco usando più di 15 mila schiavi provenienti
dai vicini campi di concentramento. Nel 1998 i sopravvissuti finalmente
ottennero compensazione per quel trattamento disumano. Nel 1945, la
fabbrica, che era stata gravemente danneggiata dai bombardamenti, finì
sotto il controllo dell’esercito britannico. Il maggiore Ivan Hirst convinse
i suoi superiori a non distruggerla ma ad usarla nel contesto delle
riparazioni di guerra. Nel 1949 venne restituita alla Germania. Da
allora la sua crescita è stata spettacolare.
L’importanza
odierna della Volkswagen nel contesto del capitalismo industriale
europeo è confermata dal comportamento ‘protettivo’ nei suoi confronti
da parte dei governi e della commissione europea. E’ dal 2013 che i
verdi europei, Greenpeace e altri gruppi ambientalisti denunciano gli alti tassi di inquinamento prodotti dai motori diesel, tra cui quelli del gigante automobilistico tedesco, senza suscitare alcuna risposta. Nel
2013 perfino il Centro di ricerca congiunto della Commissione europea
denunciò in uno studio la possibilità che i livelli di emissione della
autovetture fossero truccati. Ma non successe nulla. A detta dei
Verdi tedeschi l’ultima volta che il governo di Bonn è stato allertato
riguardo alla possibilità che l’emissione delle macchine a diesel della
Volkswagen fosse più alta di quanto dichiarato è stata a luglio di quest’anno, ma Berlino non è intervenuta, ha lasciato correre.
Tante dunque le connivenze politiche e tanta la corruzione. Nel 2014, secondo dati ufficiali raccolti da Greenpeace, i produttori di diesel, con in testa la Volkswagen hanno speso 18,5 milioni di euro attraverso 184 lobbisti a Bruxelles, chissà quante nuove autovetture sono state ‘regalate’ o ‘donate’.
C’è
voluto l’intervento degli americani per scoperchiare il vaso di
Pandora, a quanto pare gli europei erano ben intenzionati a lasciarlo
chiuso. Ed adesso che lo scandalo è pubblico è
iniziato il solito scaricabarile. La commissione sostiene che non è sua
responsabilità controllare la qualità dei prodotti europei, nel
tentativo di arginarne le conseguenze la Germania si è dichiarata pronta
a far pulizia in casa propria. La Svizzera ha semplicemente sospeso
l’importazione delle Volkswagen mentre negli altri Paesi europei si
conduconocontrolli sistematici o sporadici per scoprire quali autovetture sono state truccate.
Rimane il problema di fondo: il gigante del capitalismo industriale europeo ha mentito ai suoi clienti.
Se lo ha fatto la Volskwagen chiunque può farlo. Al di là dei sistemi
di controllo stiamo toccando con mano la vera natura del capitale
industriale, perché questa volta le banche e la finanza proprio non
c’entrano. Ed ancora una volta il consumatore, il cittadino è vittima
della frode.
p.s.
l'ho postato perchè credo che dica una parola definitiva in argomento.....
Etichette:
blog,
Germania,
greenpeace,
Industria Automobilistica,
Volkswagen
Iscriviti a:
Post (Atom)
test velocità
Test ADSL Con il nostro tool potrete misurare subito e gratuitamente la velocità del vostro collegamento internet e ADSL. (c) speedtest-italy.com - Test ADSL |