Lo scandalo della Volkswagen è
un duro colpo al capitalismo industriale moderno, quello che secondo la
teoria neo-liberista, rappresenta la spina dorsale della crescita
economica. E quindi va difeso a spada tratta. Ma sarà difficile, se non
impossibile, anche per i più accaniti neo-liberisti far passare il
software che inganna i controlli sulle emissioni di diossido di
nitrogeno come un errore casuale, un’alterazione non programmata. Qualcuno l’ha pensata, l’ha studiata, ha prodotto ed applicato ai motori diesel il
software per imbrogliare le autorità competenti ed i consumatori. E
dato che la catena di montaggio automobilista è un meccanismo
complessissimo di orologeria industriale, dove tutto è computerizzato,
bilanciato e verificato al millimetro, di certo il software fraudolento è
stato approvato dal board della Volkswagen perché per applicato si è dovuta modificare la catena di montaggio.
Dunque, il simbolo del capitalismo industriale europeo dovrebbe andare in frantumi perché gestito da delinquenti, questa infatti la definizione corretta di chiunque fosse a conoscenza della frode. Ma succederà? Dopo la Toyota, la Volkswagen è la più grande produttrice di macchine al mondo. Con una forza lavoro internazionale di 590 mila operai produce 41.000 veicoli al giorno, venduti in 153 nazioni.
Al momento 80 milioni di persone guidano una macchina della Volkswagen.
Ma non basta, VW è proprietaria di altri marchi europei, ad esempio
Audi, Seat, Škoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati. Far
crollare questo impero vorrebbe dire dare un durissimo colpo
all’industria automobilista europea, ne abbiamo già visto l’anteprima, con conseguenze disastrose sui mercati finanziari e sulla forza lavoro.Wolfsburg,
nella bassa Sassonia, ad esempio, non è solo la città natale della
Volkswagen, su una popolazione di 120 mila abitanti più della metà
lavora per produrre le sue macchine.
Non è la prima volta che la Volkswagen si trova in una situazione drammatica.
Fondata per volontà di Hitler nel 1937 e disegnata da Ferdinand
Porsche, la prima macchina doveva essere l’utilitaria della classe media
tedesca. Ma la guerra interruppe questo progetto e la Volkswagen
produsse veicoli per l’esercito tedesco usando più di 15 mila schiavi provenienti
dai vicini campi di concentramento. Nel 1998 i sopravvissuti finalmente
ottennero compensazione per quel trattamento disumano. Nel 1945, la
fabbrica, che era stata gravemente danneggiata dai bombardamenti, finì
sotto il controllo dell’esercito britannico. Il maggiore Ivan Hirst convinse
i suoi superiori a non distruggerla ma ad usarla nel contesto delle
riparazioni di guerra. Nel 1949 venne restituita alla Germania. Da
allora la sua crescita è stata spettacolare.
L’importanza
odierna della Volkswagen nel contesto del capitalismo industriale
europeo è confermata dal comportamento ‘protettivo’ nei suoi confronti
da parte dei governi e della commissione europea. E’ dal 2013 che i
verdi europei, Greenpeace e altri gruppi ambientalisti denunciano gli alti tassi di inquinamento prodotti dai motori diesel, tra cui quelli del gigante automobilistico tedesco, senza suscitare alcuna risposta. Nel
2013 perfino il Centro di ricerca congiunto della Commissione europea
denunciò in uno studio la possibilità che i livelli di emissione della
autovetture fossero truccati. Ma non successe nulla. A detta dei
Verdi tedeschi l’ultima volta che il governo di Bonn è stato allertato
riguardo alla possibilità che l’emissione delle macchine a diesel della
Volkswagen fosse più alta di quanto dichiarato è stata a luglio di quest’anno, ma Berlino non è intervenuta, ha lasciato correre.
Tante dunque le connivenze politiche e tanta la corruzione. Nel 2014, secondo dati ufficiali raccolti da Greenpeace, i produttori di diesel, con in testa la Volkswagen hanno speso 18,5 milioni di euro attraverso 184 lobbisti a Bruxelles, chissà quante nuove autovetture sono state ‘regalate’ o ‘donate’.
C’è
voluto l’intervento degli americani per scoperchiare il vaso di
Pandora, a quanto pare gli europei erano ben intenzionati a lasciarlo
chiuso. Ed adesso che lo scandalo è pubblico è
iniziato il solito scaricabarile. La commissione sostiene che non è sua
responsabilità controllare la qualità dei prodotti europei, nel
tentativo di arginarne le conseguenze la Germania si è dichiarata pronta
a far pulizia in casa propria. La Svizzera ha semplicemente sospeso
l’importazione delle Volkswagen mentre negli altri Paesi europei si
conduconocontrolli sistematici o sporadici per scoprire quali autovetture sono state truccate.
Rimane il problema di fondo: il gigante del capitalismo industriale europeo ha mentito ai suoi clienti.
Se lo ha fatto la Volskwagen chiunque può farlo. Al di là dei sistemi
di controllo stiamo toccando con mano la vera natura del capitale
industriale, perché questa volta le banche e la finanza proprio non
c’entrano. Ed ancora una volta il consumatore, il cittadino è vittima
della frode.
p.s.
l'ho postato perchè credo che dica una parola definitiva in argomento.....
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