11/05/2017 di triskel182
È
VERO che il matrimonio non è più inteso come una sistemazione a vita. E
che non se ne ha più una concezione patrimoniale, come scrivono i
giudici della Corte di Cassazione, ma per quanto stipulato come scelta
di libertà e di reciproco affetto, esso è basato su aspettative di
solidarietà e di mutuo riconoscimento di ciò che ciascuno dà e riceve
nel rapporto.
Un rapporto che, soprattutto
nella società italiana continua a essere asimmetrico sia nella
divisione del lavoro famigliare, sia nelle opportunità che uomini e
donne hanno nel mercato del lavoro, come mostrano da un lato i dati
sull’uso del tempo, dall’altro sui tassi di occupazione femminile e
maschile, sui redditi da lavoro di uomini e donne, sulla distribuzione
di uomini e donne lungo la scala delle carriere professionali.
La
maggior capacità di reddito del marito è in larga misura basata sul
fatto che la loro presenza nel mercato del lavoro è più legittima,
mentre sono sollevati dal lavoro domestico e di cura svolto, appunto,
dalle loro mogli.
Il tenore di vita è
quindi frutto di un lavoro comune, anche se quello pagato e quello non
pagato sono distribuiti diversamente tra i due coniugi. Dire, quando un
matrimonio finisce, che tutto questo non conta, perché ci si è sposate
da “libere ed eguali” è una ipocrisia. Non è la prima volta che un
tribunale prende una decisione simile e con la stessa motivazione.
Infatti gli assegni di mantenimento per il/la coniuge sono andati
diminuendo negli anni, specie se la ex moglie è ancora relativamente
giovane e non ci sono figli piccoli. Ma credo che sia la prima volta
della Cassazione, che quindi farà autorevolmente giurisprudenza.
Si
può discutere se e in quali circostanze un assegno di mantenimento
debba durare tutta la vita, se debba servire, in caso di persone ancora
giovani, per recuperare il tempo perduto in modo da trovare una
adeguata collocazione nel mercato del lavoro, come avviene, ad esempio,
in alcuni paesi. Si può e deve considerare anche caso per caso,
matrimonio per matrimonio.
Articolo intero su La Repubblica del 11/05/2017.
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