martedì 1 aprile 2014

Clima, l’Onu: “Guerre e conflitti sociali? Colpa anche di siccità, carestie e alluvioni”

l'Ipcc ha finalmente presentato il report sul clima.... e signore e sinori siamo proprio nei guai. Potevo farci un post ma ho preferito invece, per l'esattezza della comunicazione e non solo, presentarvi quanto scritto sul Fatto Quotidiano del 1/4/2014 a firma di Melania Carnevali: meglio non saprei fare.... ah dimenticavo: qui c'è il report dell'Ipcc ma è in inglese, se lo conoscete ok sennò vi accontentate di quanto scritto sotto.
p.s.
se provate sentimenti come angoscia, preoccupazione, dolore e rabbia siete in ottima compagnia... li ho provati anch'io leggendo il report in originale
ecco di seguito l'articolo
Guerre, emigrazioni, povertà e conflitti sociali. La sicurezza mondiale è messa a rischio dal cambiamento climatico. A sostenerlo è il rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change, il gruppo intergovernativo formato dai maggiori esperti mondiali sul cambiamento climatico, istituito nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite proprio con l’obiettivo di studiare il riscaldamento globale e i suoi effetti. Per la prima volta il gruppo di esperti del Working Group II dell’Ipcc trova un nesso diretto fra il cambiamento climatico e l’insicurezza mondiale.
L’Ipcc, insignito del premio Nobel per la pace nel 2007, base le sue analisi principalmente sulla letteratura scientifica – informazioni tecniche e socio-economiche – e si occupa di trarre valutazioni per la comprensione dei mutamenti climatici, dei loro impatti potenziali e delle soluzioni da proporre alle politiche pubbliche. È diviso in tre gruppi di lavoro: il Working Group I, che si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici, il Working Group II che si occupa degli impatti e delle soluzioni e il Working Group III che cerca alternative per la mitigazione dell’impatto ambientale dell’uomo (come la riduzione dell’emissione di Co2). Il rapporto del Working Group I dell’Ipcc è stato presentato a Stoccolma nel settembre 2013. Ieri è stato il turno del secondo gruppo di lavoro, il terzo verrà presentato ad aprile a Berlino, mentre l’intera pubblicazione del “Quinto rapporto di valutazione” si concluderà il prossimo ottobre con il rapporto di sintesi.
Il cambiamento rispetto all’ultimo rapporto di valutazione pubblicato nel 2007 è notevole. Allora gli scienziati sottolineavano il grande impatto dell’attività umana sull’ambiente e l’importanza di fermare il riscaldamento globale: emergeva però solo la criticità ambientale e non quella sociale. L’ultimo rapporto invece collega i conflitti sociali e l’insicurezza mondiale al riscaldamento globale e aumenta il livello di rischio: nel 2007 nel grafico di sintesi era “alto” e di colore rosso acceso, ora il livello è “molto alto” ed è viola. Con questo gli scienziati non vogliono dire che il caldo aumenti direttamente la violenza, ma che crea le condizioni che vi portano. La siccità, la mancanza di cibo, le alluvioni: tutti elementi che innescano una corsa alle risorse e agli spazi, a maggior ragione in un periodo in cui la popolazione mondiale è in crescita, mentre risorse e spazi diminuiscono per effetto, appunto, del cambiamento climatico. In altre parole il riscaldamento globale è un “moltiplicatore di conflittualità”: crea le condizioni per conflitti, guerre ed emigrazioni, che a loro volta creano ulteriori conflitti. “L’interferenza umana con il sistema climatico – inizia il rapporto – si sta verificando e il cambiamento climatico pone seri rischi per i sistemi naturali e umani”.
In quelle circa 50 pagine rivolte ai leader politici di tutto il mondo, il team di scienziati ricorda come i cambiamenti climatici stiano già colpendo l’agricoltura, la salute, gli ecosistemi terrestri e marini, l’approvvigionamento idrico e i mezzi di sussistenza di tutti i paesi, non solo quindi quelli del Terzo mondo. Tuttavia gli effetti saranno peggiori se il ciclo non si inverte. Il cambiamento climatico può infatti, secondo l’Ipcc, destabilizzare il mondo in modi diversi. In primo luogo con le emigrazioni di massa, che renderanno più difficile per i paesi mantenere il controllo delle loro popolazioni. “Il profugo ambientale – si legge nel report – non sarà più un’eccezione”. Ne è un esempio il Bangladesh dove il mare sta divorando lentamente pezzi di terra nel lato del Gange costringendo migliaia di contadini a lasciare le loro terre verso le città, dove, non a caso, nel 2013 si è registrato un picco di conflitti sociali e di abusi dei diritti umani. Lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha associato la guerra in Sudan e una “guerra ecologica” che ha provocato un milione di profughi.
Il team di esperti dell’Ipcc ripete la parola rischio in tutto il report e chiede di fermare l’impatto umano sull’ambiente, in modo da bloccare questo circolo vizioso. Il copresidente del Workin Group II, Vicente Barros, ha commentato durante la presentazione del report a Yokohama: “Viviamo in un’epoca segnata da cambiamenti climatici di origine antropica. In numerosi casi non siamo preparati ai rischi climatologici ai quali facciamo già fronte. Investire in una migliore preparazione può anche essere pagante tanto adesso che in futuro”.
p.s. 2
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