Fonte: Fanpage.it
“È
accaduto quello che molti di noi temevano e speravano non accadesse.
Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri di sorveglianza.
L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una parte d’Italia. Ci
troviamo a dover gestire una grande quantità di malati con quadri
clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave, non soltanto da
noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero ritrovarsi presto
nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro”: così il primario
infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli,
sull’emergenza coronavirus.
"In quarantadue anni di
professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere
l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è
francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione
sanitaria. È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con
patologie importanti ricoverati tutti insieme": il primario infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli,
commenta così quello che sta accadendo in questi giorni, dopo
l'esplosione dei casi di coronavirus in Italia. In un'intervista al Corriere della Sera,
il professore afferma di comprendere chi ha voluto infondere
tranquillità, paragonando il Sars-Cov-2 a una banale influenza, ma
sottolinea come non si siano considerate a pieno le potenzialità del
virus.
"È accaduto quello che molti di noi temevano e
speravano non accadesse. Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri
di sorveglianza. L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una
parte d’Italia. Ci troviamo a dover gestire una grande quantità di
malati con quadri clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave,
non soltanto da noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero
ritrovarsi presto nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro.
Stiamo trattando una marea montante di pazienti impegnativi", continua il professore, spiegando che analizzando i quadri clinici risulta che l'infezione non sia recente: "È
verosimile che i ricoverati abbiamo alle spalle dalle due alle quattro
settimane di tempo intercorso dal momento in cui hanno preso il virus
allo sviluppo di sintomi molto seri, dalla semplice necessità di
aiutarli con l’ossigeno fino a doverli assistere completamente nella
respirazione".
Galli
sottolinea quindi che il contagio ha diverse fasi, e solitamente i
sintomi toccano i picchi di gravità dopo più di una settimana da quanto
è stato contratto. Secondo il professore, quindi, è molto probabile che ci siano molti più casi di quelli che conosciamo, anche se questi non si sono ancora esplicitati: "Per
usare un termine tipico dell’epidemiologia, questa è solo la punta
dell’iceberg. Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e
noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto".
Per quanto riguarda le misure messe in capo dal governo
contro la diffusione del coronavirus, il professore sottolinea che è
stato fatto tutto il possibile e che ora sia necessario continuare
secondo questa linea e cercare di evitare l'affollamento di persone: "Purtroppo
il virus è entrato in Italia prima che si cominciasse a ostruirgli la
strada con la chiusura dei voli dalla Cina. La penetrazione nel nostro
Paese è precedente, circolava già prima della fine di gennaio anche a
giudicare dall’impennata di questi ultimi giorni", spiega Galli.
Sul fatto che l'epidemia si sia diffusa velocemente nel Nord Italia,
mentre al Sud sono stati registrati solo qualche caso, Galli afferma: "Qualcuno,
forse una sola persona, è arrivata a Codogno e ha sparso l’infezione
senza che ce ne accorgessimo. Un fenomeno casuale con l’aggravante che
il focolaio è partito in ospedale. Mi auguro che non accada di nuovo
quello che è successo in Lombardia dove un paziente infetto si è
presentato al Pronto soccorso e non è stato riconosciuto perché i
criteri di classificazione dei sospetti dettati dall’Organizzazione
mondiale della sanità erano già superati"
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