16/05/2016 di triskel182
Trecento
milioni spesi per non accorpare il voto sulle trivelle e farlo
fallire. Altri 200 per estendere al lunedì la tornata delle
amministrative e quella sulle riforme. Dove il nemico del “sì” è
l’astensione.Cinquecento milioni. Trecento (costo di una singola tornata elettorale) per il 17 aprile, 100 per il giorno di voto in più a giugno, altri 100 per le 24 ore in più in cui le urne rimarranno aperte per ilreferendum di ottobre. E’ il sovraccosto che gli italiani pagheranno per la decisione del governo di evitare l’election daytra
le amministrative e al consultazione sulle trivelle e raddoppiare i
giorni di voto per le comunali del 5 (cui ora si aggiunge anche il 6)
giugno e per la chiamata referendaria autunnale con la quale Matteo Renzi ha chiamato gli italiani ad esprimersi sulle riforme costituzionali. Trasformandola nella ricerca di unplebiscito sulla propria persona.
Accorpare
il voto sulle trivellazioni e le amministrative non conveniva: il
referendum, nelle intenzioni del premier arrivato addirittura ad
auspicare l’astensione, doveva fallire e far votare
gli italiani nello stesso giorno in cui sarebbero stati chiamati a
scegliere i loro sindaci avrebbe aumentato le possibilità di
raggiungimento del quorum. Ora conviene, invece, trovare una contromisura all’astensionismo, soprattutto in vista di ottobre: il fronte del “No” alle riforme, si sa, è più motivato
di quello del “Sì”, meglio quindi tenere le urne aperte 24 ore in più
per consentire ai favorevoli alle modifiche della Costituzione di
recarsi ai seggi con più calma: in gioco c’è il prosieguo del mandato,
come il premier ha specificato ogni volta che ha potuto.
Così
oggi, con un decreto legge atteso oggi in Consiglio dei ministri, a
sole 3 settimane dal voto, Palazzo Chigi allungherà l’apertura delle
urne per consentire di votare alle elezioni comunali anche lunedì 6 giugno oltre che domenica 5; ed anche lunedì 20 giugno, oltre al 19, per i ballottaggi. Ma Angelino Alfano ha
già dato un’indicazione chiara anche per l’appuntamento autunnale: “Mi
sembra giusto che per il referendum di ottobre, che può realizzare la
più grande riforma dopo la Costituente, si voti anche il lunedì”, spiegava domenica il ministro dell’Interno in un’intervista aL’Arena di Verona.
Come
si arriva alla cifra di 500 milioni? Così: una singola giornata
elettorale, la domenica, quando tutti gli aventi diritto sono
chiamati alle urne, costa 300 milioni di euro: il prezzo pagato per la
consultazione del 17 aprile. Ogni giorno in più in cui i seggi restano
aperti, calcola La Repubblica, costa 100 milioni.
L’allungamento dei tempi per il voto, per contrastare
quell’astensionismo che per le trivellazioni il premier aveva auspicato,
costerà quindi mezzo miliardo di euro in più. Proprio mentre lo stesso governo sta trattando con Bruxelles la flessibilità sui conti per il 2017.
Il primo a schierarsi contro la decisione del ticket Palazzo Chigi-Viminale era stato Enrico Letta: “Mi chiedo proprio il senso di questo cambiamento – spiegava l’ex presidente del Consiglio a La Repubblica – costa molto. Dovunque in Europa
si vota in un solo giorno”. “Tornare indietro? Voto in due giorni?
Costa 120mln e tutti votano in un giorno solo. Si eviti questo ulteriore
sfregio“, ha raddoppiato quindi su Twitter l’ex premier.
L’opposizione
affila le armi: “Giudichiamo positivamente la possibilità di votare in
due giorni tanto alle elezioni amministrative di giungo quanto al
referendum costituzionale del prossimo ottobre – scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia
alla Camera – peccato che questa incredibile retromarcia sia del tutto
strumentale e non sia fatta dal presidente del Consiglio per favorire
la democrazia o la partecipazione, ma con il solo
scopo, secondo lui, di portare acqua al suo mulino. Il premier ha paura,
e crede che votando in due giorni, con una probabile diminuzione
dell’astensionismo, il ‘sì’ possa essere favorito. Si sbaglia di
grosso”.
Anche la minoranza dem prova a farsi sentire: “Scandalosa la proposta di allungare le giornate legate al voto – scrive su Twitter il deputato Davide Zoggia
– ha ragione @EnricoLetta questo Paese non cambia mai”. “Mi chiedo come
fa Renzi a giustificare tante parti in commedia – commentava in
mattinata Miguel Gotor – un mese fa sulle trivelle ha
detto ‘andate al mare’, adesso con il raddoppio della data manda il
messaggio contrario: andate a votare. Non so se al popolo italiano fa
piacere sentirsi dire come si deve comportare a seconda delle situazioni“.
Non
è la prima volta. Se per evitare il raggiungimento del quorum al
referendum del 17 aprile il premier ha fatto in modo di evitare
l’election day con le comunali, da sindaco di Firenze aveva un’opinione
diversa: ”Credo che in questo momento abbia più senso fare un election day
che non andare a votare a distanza di 3 mesi per istituzioni diverse”,
spiegava Renzi, da candidato alle primarie del centrosinistra, il 17 novembre 2012 in una conferenza stampa a margine della convention alla Stazione Leopolda. Sul punto specifico, aggiungeva, ”decide il presidente della Repubblica”.
Dal Fatto Quotidiano
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ricorderete,
spero, che i soldi per tenere il referendum no trivelle erano sprecati:
Il nostro disse che avrebbe fatto nem altro con quei soldi... ora, per
evitare la debacle elettorale e spingere la gente a votare, addirittura
si RADDOPPIA!!!! Si dovrebbe votare anche il lunedì e non solo al primo
turno ma pure al secondo: il paese dei campanelli impallidisce al
confronto...
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