Fonte: a firma di Giulietto Chiesa dal Fatto Quotidiano del 7/12/2014
Il 4 dicembre 2014 potrà a buon diritto essere incluso nell’elenco delle date che avranno anticipato, o preparato, la terza guerra mondiale.
Luciano Canfora ha pubblicato un bel libretto, “1914”
(Sellerio), a cento anni dall’inizio della prima, per ricordarci,
saggiamente, che queste faccende non nascono all’improvviso, ma
richiedono una lunga preparazione. E ne descrive il percorso. A posteriori. Forse noi stiamo vivendo il cammino, in medias res, della prossima.
Ne scrivo dopo avere letto le 16 pagine della risoluzione approvata il 4 dicembre dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, 410 voti a favore e 10 contrari
(quattro deputati repubblicani e 6 democratici). Il Congresso Usa
invita il Presidente a “esaminare” la “prontezza” e la “responsabilità”
delle forze armate degli Stati Uniti, ma anche degli alleati della
Nato, per sapere se “siano sufficienti” al fine di “soddisfare gli
obblighi della difesa collettiva ai sensi dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico”. E’ una dichiarazione di guerra. Contro chi è evidente dal resto della risoluzione, interamente dedicata alla Russia.
Ma
la gravità del documento balza agli occhi proprio nel punto citato, là
dove richiama gli “obblighi” degli alleati in base all’articolo 5. Che
impone a un qualsiasi membro della Nato di intervenire a difesa di un
qualsiasi altro membro dell’Alleanza che si trovi sotto attacco. Si dà
il caso, però, che l’Ucraina non è un membro della Nato (per lo meno non lo è ancora).
Il che induce a pensare che, in questo modo, i deputati americani
annuncino un suo immediato ingresso nell’Alleanza, ovvero che chiamino
gli alleati a mettere in conto l’obbligo di intervenire comunque, se a
questo li chiamerà il Grande Fratello d’oltre Atlantico.
Si tenga presente inoltre che, in base alla legislazione americana, se
una tale risoluzione diventasse legge, dopo l’approvazione del Senato,
essa consentirà al Presidente degli Stati Uniti di dichiarare guerra
alla Russia senza bisogno di chiedere ulteriori autorizzazioni del
legislatore.
Le accuse alla Russia sono note e sono quelle che hanno condotto alle sanzioni economiche già varate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Ma quello che sbalordisce è l’uso spregiudicato – in una risoluzione politica di tale importanza – delle falsificazioni che il mainstream televisivo
e giornalistico ha utilizzato in questi mesi di esplosione della crisi
ucraina per far crescere l’isteria anti-russa. I membri del Congresso
hanno votato quasi all’unanimità una risoluzione che contiene una serie
di invettive propagandistiche e di accuse palesemente
infondate. Fino al punto dello scadimento nel ridicolo laddove, al
paragrafo 34, ignorando patentemente le rivelazioni di Edward Snowden
a proposito dello spionaggio americano verso il resto del mondo intero,
il Congresso Usa accusa i russi di “raccogliere illegalmente
informazioni sul Governo degli Stati Uniti”. Il bue che dà del cornuto
all’asino.
Da notare che la risoluzione è stata approvata negli stessi giorni in cui il Pentagono decideva l’invio di 100 carri armati americani verso destinazioni est-europee, per – ufficialmente – “fronteggiate l’aggressione russa”. Ma di quale aggressione di tratta? Stando a quello che scrive Ron Paul (congressista fino al gennaio del 2013, repubblicano molto indipendente) “la risoluzione non fornisce alcuna prova”. Parla ampiamente di una “violazione della sovranità dell’Ucraina”, ma ignorando “la partecipazione degli Stati Uniti al rovesciamento di un governo eletto a Kiev”. L’ex deputato del Texas ironizza
pesantemente sulla richiesta del ritiro di forze russe dall’Ucraina. Il
governo americano “non ha offerto alcuna prova che l’esercito russo
sia entrato in Ucraina”, sebbene “abbia tutti i mezzi per effettuare
una simile verifica”.
Altra accusa alla Russia di Putin non solo infondata ma falsa – lo rileva anche Ron Paul sul suo blog – è quella di avere invaso la Georgia nel 2008.
Esistono le conclusioni dell’inchiesta che venne promossa dall’Unione
Europea nel dicembre di quell’anno, dalle quali si evince che “fu la
Georgia a cominciare una guerra ingiustificata”. Ed è sempre Ron Paul a
contestare l’affermazione, data con totale impudenza come vera, secondo
cui il volo della Malaysia Airlines fu abbattuto il
17 luglio scorso, nei cieli di Ucraina, da un missile dei ribelli. “Ciò
– scrive Paul – è semplicemente scorretto perché il rapporto sull’inchiesta non sarà pubblicato fino al prossimo anno
e nessuna informazione preliminare dichiara che l’aereo è stato
abbattuto da un missile “(…) né vi è alcuna dichiarazione “che assegni
una tale responsabilità a una delle parti”.
A leggere la
risoluzione si ha l’impressione che i suoi estensori (e i suoi votanti a
favore) abbiano ricavato i loro giudizi dagli articoli di giornale e
dai telegiornali americani, senza nemmeno curarsi di effettuare le
verifiche. Con lo sconsolante risultato circolare che il cattivo giornalismo finisce per produrre pessime decisioni politiche.
Lo
stesso Ron Paul si chiede, con sdegno, come sia possibile che il
Congresso degli Stati Uniti, nel quale egli stesso ha seduto per molti
anni, possa ora “procedere sulla base di falsificazioni così plateali”.
Oppure addebitando all’avversario atti che gli Stati Uniti compiono
negli stessi frangenti. Come quando, nel paragrafo 17, la Russia viene
incolpata di avere imposto sanzioni contro l’Ucraina proprio mentre “gli Stati Uniti stanno colpendo la Russia con sanzioni economiche e ne annunciano altre”.
Che
un ex deputato americano si accorga e denunci queste aberrazioni non
cambia la gravità del voto del Congresso su un documento che autorizza “l’invio di armi letali e non letali”
all’Ucraina, con il contorno di istruttori militari americani. E’
l’invito a un intervento militare a 10.000 chilometri di distanza,
direttamente sulla soglia di casa della Russia.
p.s.
vi do un anno: 2019. Si accettano scommesse su altri .......
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