lunedì 5 novembre 2018

Crisi euro, “perché l’Italia non è la Grecia”

Fonte: W.S.I. 5 novembre 2018, di Alberto Battaglia

“Non vorrei che dopo aver superato la crisi greca ricadessimo nella stessa crisi con l’Italia”: così affermava a inizio ottobre il presidente della Commission europea, Jean-Claude Juncker, suscitando aspre critiche da parte di Matteo Salvini (con la battuta “parlo con persone sobrie”). E’ possibile che la crisi fra Italia e Ue possa portare a conseguenze analoghe a quelle sperimentate da Atene?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro e domandarsi quali siano le rispettive cause della crisi e le relative situazioni di partenza. Ha cercato di compiere questo esercizio Martin Hüfner, ex capo economista di Hvb (banca tedesca del gruppo Unicredit). Secondo Hüfner, non è vero, come affermato dall’economista Carmen Reinhart, che un’eventuale crisi in Italia farebbe sembrare la Grecia “roba da bambini”, in quanto “alcune cose sono peggiori, altre migliori, altre semplicemente differenti”.
  • La grandezza del Pil. E’ noto come la rilevanza dell’economia italiana, la terza in Europa, sia di gran lunga superiore a quella greca, il cui prodotto interno lordo è otto volte inferiore. Questo, in un senso o nell’altro, rende la questione più importante.
  • L’accesso al mercato dei capitali. “I greci avevano bisogno di soldi al momento dell’inizio della loro crisi”, ha precisato l’economista su The Globalist, “i prestiti erano in scadenza e non avrebbero potuto aumentare ulteriormente il debito sul mercato dei capitali. L’Italia non ha (ancora) alcuna difficoltà a rifinanziare il proprio debito”. Questo appare come uno dei punti chiave per interpretare la situazione: il deficit proposto dal governo italiano è superiore a quello precedentemente concordato, ma non sarebbe un problema di finanza pubblica in senso stretto. “Il problema di Roma non riguarda i soldi, ma l’osservanza delle regole dell’unione monetaria” scrive l’economista tedesco, per cui per Atene il percorso di aggiustamento pilotato dai creditori internazionali fu una condizione necessaria. In Italia tali misure “sembrano comunque necessarie per risolvere i veri problemi del Paese”.
  • La struttura del debito pubblico. La rilevanza di un default greco è stata particolarmente sentita fuori dai confini ellenici anche perché l’80% di tale debito era detenuto all’estero. La situazione italiana, al contrario vede tale quota ridotta a circa il 30% e “ciò rende la soluzione più facile in molti modi”, ha scritto Hüfner.
Queste differenze sono sufficienti per affermare che i casi di Grecia e Italia “abbiano poco in comune”. Tuttavia, molti interrogativi restano in attesa di risposta. In particolare, sarà opportuno chiarire se e in che modo i trattati europei possano essere modificati nella direzione sollecitata da Roma, e con quali supporti fra gli altri stati membri. “Ma anche se si trovasse una soluzione per questo, rimane il problema dei crescenti tassi d’interesse in Italia”, ha aggiunto l’economista, “sono ancora sopportabili al livello attuale del 3,5%, ma le cose sarebbero diverse una volta raggiunto un livello del 4,5%”, ha concluso Hüfner evocando in questo caso la necessità di concordare, come avvenuto in Grecia, un piano di aiuti finanziari condizionati a riforme di austerità. Ma il governo italiano, almeno per ora, è nella posizione di poter evitare questo tipo di risultato

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