.. anche la Francia "cambia" verso... gli manca un Renzi ma ci stanno
lavorando. Ci pensate? L'italica infezione ha superato el alpi: è un
infezione molto più pericolosa dell'ebola perchè non colpirà una parte
ma il tutto, un intera nazione: sapranno i francesi tirarsene fuori in
tempo? O si dovranno rassegnare anche loro a un sociaista di destra che
imità un DC mascherato da socialista?Quanto accade in Francia dovrebbe
farci aprire gli occhi: non è più un problema di schieramenti ma di
ideologia: che siano socialisti o di destra, che poi è la stessa cosa,
il pensiero base è sempre lo stesso: salvare il mercato e i suoi
corifei, tedeschi soprattutto............
dal Fatto Quotidiano a firma di Leonardo Martinelli | 26 agosto 2014
Virata ulteriore a destra di François Hollande
con il nuovo governo presieduto da Manuel Valls. Dopo l’eliminazione
dall’Esecutivo di tre pezzi grossi dell’ala sinistra del Partito
socialista (Arnaud Montebourg, l’ex ministro “ribelle”
dell’Economia, e poi Benoit Hamon e Aurélie Filippetti), colpevoli di
aver criticato le scelte del presidente, le nuove nomine confermano che
il Presidente francese, in crisi endemica di consensi, gioca la carta
moderata per cercare di invertire la tendenza. Solo tre mesi fa la
decisione di formare un nuovo esecutivo in seguito alla débalce dei
socialisti alle Europee. Ora la Francia ricomincia ancora dall’inizio.
Montebourg è stato sostituito da Emmanuel Macron,
classe 1977, un fedelissimo del Presidente, che lo ha accompagnato da
vicino già dai tempi della campagna elettorale che lo portò alla
vittoria nel 2012. Macron è un ex banchiere di Rothshild e un socialista
assolutamente liberale. Non avrà alcuna difficoltà a cooperare con Michel Sapin,
62 anni, che viene confermato al dicastero della Finanza. Sapin è un
altro amico di Hollande, davvero di vecchia data. Come Hollande è un
europeista convinto, nel senso stretto del termine: ritiene che il
rigore nei conti pubblici sia assolutamente prioritario. E che non si
debba contrariare la Merkel sulle politiche di austerità.
Per il resto, Hollande ha confermato tanti rappresentanti della vecchia nomenclatura socialista, come Laurent Fabius agli Esteri e l’ex moglie Ségolène Royal, all’Ambiente. I “giovani” sono comunque molto vicini al Presidente, come Najat Vallaud-Belkacem,
nuovo ministro dell’Educazione (per la prima volta una donna). Tutto
questo putiferio parigino di fine estate, comunque, al di là delle
rivalità personali fra i suoi protagonisti, è l’ennesima dimostrazione
di una crisi di fondo, strutturale della sinistra francese, che non sa
trovare una risposta univoca e innovativa alla crisi economica. E
dell’Europa. “E’ una crisi grave – scrive su Le Monde l’analista
politica Françoise Fressoz -, che dimostra la debolezza
della sinistra, il suo agire da principianti, la sua impreparazione di
fronte alla crisi, la sua incapacità a superarla in maniera
collettiva. Una sinistra dove ognuno fa gli affari suoi, del si salvi
chi può”. Hollande cerca di zittire definitivamente le voci critiche
all’interno del suo partito con nomi legati al passato o con nomi
nuovi, comunque facili da gestire.
La mossa riuscirà a
contrastare l’emorragia dei consensi per la sua presidenza, che iniziò
sotto i migliori auspici, dopo la vittoria del maggio 2012? Non è
detto. D’altra parte quella vittoria si era basata in parte su un
malinteso, proprio sull’Europa. Hollande era sempre stato un europeista
convinto. E da sempre fa parte di quella tradizione del rigore sui conti pubblici
prima di tutto, che in Francia affonda radici profonde nell’epoca di
François Mitterrand. Invece, gran parte del suo elettorato nel 2012 (lo
appoggiarono anche i Verdi e il Front de gauche, di estrema sinistra, e
lo votarono tanti “apolitici” che dopo si sono spostati su Marine Le
Pen) non credeva più nell’Europa e sperava in uno strappo di Parigi
rispetto a Berlino e alla sua rigidità. Certe dichiarazioni assai dure
di Hollande in quei mesi fecero credere in un’alternativa francese alla
visione tedesca dell’Europa e dell’euro. Ma poi il neopresidente non
dette seguito a quei propositi battaglieri. Non solo: Hollande puntava
in una ripresa economica che avrebbe rafforzato la posizione del suo
Paese. Parlò addirittura nel 2012 di una crescita prossima in nome della
“teoria dei cicli”, senza capire che le cose stavano cambiando. Che i
cicli non ci sono più: c’è solo stagnazione.
Dopo due anni la
Francia si ritrova oggi ancora in crisi e da questo punto di vista
ancora più debole rispetto all’alleato tedesco. La disoccupazione è ai
massimi. Hollande ha scelto la strada dei sacrifici per riportare in
ordine i conti pubblici, che, dal punto di vista del deficit, sono fuori
controllo, ancora di più di quelli italiani. Il suo elettorato voleva
qualcosa di diverso. Progressivamente gli esponenti della sinistra
socialista, perfino quelli con un posto nel Governo, hanno iniziato a
contestare il “capo”, Hollande. Fino alle accuse dell’ex ministro
dell’Economia Montebourg, che hanno portato all’ultima crisi di governo.
Quest’ultimo ha infatti puntato il dito contro “il dogma dell’ortodossia di bilancio”
(rifiutando di seguire “gli assiomi della destra tedesca”), chiedendo
“una politica europea di sostegno dei consumi”. Hollande non la pensa
proprio così. Ha scelto la piena fedeltà alla Germania. Non è mai stato
disposto a seguire neanche certe velleità anti-Merkel di Renzi. Il
nuovo governo Valls con un ex banchiere di Rothshild responsabile
dell’Economia ne rappresenta l’ennesima dimostrazione.
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