di Dario Balotta | 23 agosto 2014
Neppure con lo Sblocca Italia il governo intende affrontare un’inversione di rotta sul tema delle grandi opere pubbliche. Inversione necessaria perché abbiamo tanti porti,
aeroporti e ora anche tratti di Alta Velocità come la Torino-Milano
inutilizzati che dovrebbero farci riflettere sul pressapochismo
utilizzato per prendere simili decisioni. Lo Sblocca Italia conferma
tutti gli interventi già programmati, quando le reti si disegnavano
sulla lavagna senza valutazioni indipendenti sull’effettiva domanda di
traffico e con una generalizzata sottostima dei costi. Le opere una
volta concluse venivano puntualmente stigmatizzate dalla Corte dei Conti (alti costi, procedure e spesso sottoutilizzate) ma oramai la frittata era fatta.
Nel
decreto Sblocca Italia non c’è neppure una scala di priorità per
evitare che si parta con tutti i grandi cantieri per poi impiegare il triplo dei tempi
occorrenti per la loro realizzazione. L’avvio dei lavori con
finanziamenti parziali serve per evitare i vincoli alla spesa pubblica
che dovrebbero, invece, orientare una spesa più efficace. Il governo ha
il coraggio di raddoppiare i grandi cantieri in tutto il Paese: Tav
Brescia Verona e Roma Bari, ferrovia Catania Messina Palermo e i
collegamenti AV con gli scali di Fiumicino e Malpensa
E pensare che in queste aree l’AV è stata esclusa nei tracciati
proprio pochi anni fa e i progetti, poi realizzati, avevano escluso
questi collegamenti che Etihad ci ha suggerito di realizzare come
condizione per il matrimonio con Alitalia. Nel decreto ci sarebbe anche
un piano di piccole opere da attivare su tutto il territorio nazionale.
A parte la capacità effettiva di sostenere economicamente i costi dei
due maxi piani assieme sembrerebbe più consono, con le emergenze del
Paese, l’adozione di un piano di piccole opere.
L’effetto sulla crescita occupazionale sarebbe immediato: non c’è
l’attesa dei grandi progetti prima di avviare i lavori, le procedure
sono di fatto semplificate, sono prioritarie le manutenzione delle
scuole, delle reti idriche, del riassetto del territorio e del recupero
di volumi immobiliari abitativi e industriali vuoti, grandi bonifiche
ambientali di Taranto, Brescia e Marghera. Anziché selezionare la spesa
pubblica, adottare meccanismi innovativi per la sua utilizzazione
(valutazioni costi benefici), lanciare meccanismi di gara europei
generalizzati, puntare su nuovi e informatizzati sistemi di gestione
delle reti il governo si arena nuovamente nel pantano dei vecchi
criteri inefficienti.
Tutto indicherebbe la necessità di orientarsi verso investimenti labur intensive (alta densità occupazionale) piuttosto che capital intensive (ad alta intensità di capitali che non ci sono e quando ci sono costano molto).
p.s.
bè mi pare più che esauriente... no?
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