giovedì 10 aprile 2008

Tibet: ma di cosa parliamo?

So di andare controcorrente e di attirarmi addosso qualche ira fondamentalista dei cosiddetti difensori ad ogni costo dei diritti umani ma sul Tibet qualche opinione discordante a volte serve a riflettere su cosa si parla e perchè. Cos'era il Tibet prima dell'annessione cinese? Era uno Stato feudale dove i monaci la facevano da padroni e le popolazioni locali, composta da vare etnie, non erano proprio l'avanguardia della democrazia e della libertà. E' vero che i cinesi l'hanno annesso e ne hanno fatto una parte del paese; è vero anche che l'hanno invaso e hanno operato in modo che l'etnia loro diventasse maggioritaria, ma soprattutto è vero che ad un feudalesimo è stato sostituito un regime autoritario e che le popolazioni sono repentinamente passate da un'oppressione all'altra (non mi pare che ci fossero elezioni prima dell'arrivo dei cinesi), e nemmeno si è certi se davvero il popolo tibetano (che è sempre stato un'insieme di etnie diverse fra loro, anche dal punto di vista religioso, non coeso) senza soluzione di continuità. E' chiaro che nessuno vuole in casa propria stranieri soprattutto non invitati (Invasione dell'Iraq docet altro che esportazione della democrazia!!), né tantomeno vuole che uno Stato straniero si arroghi il diritto di colonizzare pro domo sua un'altro (ricorda nulla?), ma da qui a stracciarsi le vesti e a inscenare proteste per un "mitico tibet libero" a mio parere ce ne corre, perchè prima tutto era tranne che libero almeno nel senso che si intende qui in Occidentee ora con le rpoteste e la richiesta di far tornare gli esuli cosa si pensa che diventerà se ciò dovesse avverarsi? Quindi una cosa è la protesta per la politica imperiale cinese che, nell'ottica dell'impero "dei 10 mila anni", annette nuovi territori e si espande a spese altrui allora vale la pena ma contemporaneamente si dovrebbe prendere atto che la Cina è un paese dittatoriale e costruire un "cordone sanitario" attorno ad essa (come si fece con l'URSS ai tempi) e non investirvi finanziariamente e a livello industriale, nè importare manufatti da quel paese. Invece, ed è tipico della schizofrenia occidentale (USA, per esempio, in testa che vedono una gran parte del debito pubblico proprio in mano ai cinesi, quindi zitti e mosca), da un lato si protesta ma dall'altro si spera che i cinesi investano da noi perchè portano concorrenza e manodopera a basso costo ecc. Mi pare tanto una questione di lana caprina che da un lato serve a tenere lontano "da casa" le attenzioni dei cittadini dai propri problemi e dall'altra è il classico drappo rosso da sventolare per mettere almeno in difficoltà i dirigenti cinesi per spuntare qualche "graziosa e armoniosa" concessione di favore per i propri investimenti. Riflettete..............

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