giovedì 5 settembre 2013

Greed & Fear: il paradigma del XXI secolo

Greed & Fear, avidità e paura, sono il nuovo pradigma con cui fa i conti il capitalismo finanziario che così autodescrive la propria principale caratteristica sulla quale costruisce le proprie "emozionalità" quando agisce sui mercati.
Ma greed & fear sono anche la caratteristica principale con la quale gli altri attori, Stato ed ex-cittadini/neoconsumatori, agiscono sugli stessi mercati; il perchè è semplice da spiegarlo: rispetto alla prima fase post bellica il neocapitalismo, ora in crisi, ha visto entrare sulla scena il "rentier" ossia il finanziere che calcola quanto può guadagnare da una certa situazione. Il problema è che i soldi, spesso, non sono solo suoi e quindi alle prime avvisaglie queste enormi masse monetarie si volatilizzano a velocità luce da un mercato alla ricerca di altri lidi nei quali parcheggiarli. Non importa a costui se la dipartita dei propri soldi fa danni, importa solo che ci sia un profitto e che il capitale sia remunerato, null'altro: è chiaro che se l'aver attirato un tal tipo di operatore dei mercati può essere un bene perchè son soldi freschi è, contemporaneamente, vero che se si innesca il meccanismo "gred & fear" non può che avvenire la loro fuga ..... è un meccanismo schizofrenico, vero? Temono se l'innesco della crescita possa abbassare il saggio di profitto ma ululano quando ciò non avviene; spingono per investimenti ma quando questi favoriscono, per esempio, occupazione e crescita la paura di fenomeni inflattivi o un eccesso di domanda li spingono a remare contro lasciando il mercato, non dopo aver invocato "moderazione e innalzamento delle soglie di attenzione ben sapendo che le leggi dei mercati che si "autoregolano" non sono le stesse dell'economia reale e della politica con la "P" maiuscola in una situazione di mercato non "autoregolantesi": le prime rispondono al semplice istinto animale, the spirit amano dire, le seconde rispondono alle esigenze del classico liberalismo democratico che favorisce la domanda, attenua la pressione fiscale, spinge per rinforzare l'offerta in modo da creare quelle condizioni economiche generali che permettono a una società di crescere nel suo complesso senza distruggere socialmente i propri ceti meno forti.....
i due sistemi, pur avendo una unica matrice (il liberalismo), sono divergenti e non si presuppongono: il liberalismo politico non presuppone il libero mercato e tantomeno presuppone la mancanza di un arbitro regolatore ed equilibratore; eppure è esattamente questo che è avvenuto; a questo punto ci si dovrebbe chiedere perchè. per capire e se vogliamo datare il tutto lo possiamo associare all'abbandono, sotto nixon (ne parlai in un post precedente, degli USA della parità con l'oro e l'accesso degli stati al mercato finanziario come un qualunque operatore di "mercato". Consci o meno della decisione presa i ceti dirigenti non hanno mai veramente compreso le conseguenze, quasi sempre negative, di una tale decisione: uno che agisce sui mercati finanziari è un controsenso perchè, semplicemente, sono mercati speculativi, dove quello che conta, come sa benissimo un qualunque cliente di una banca che vi entra per chiedere un prestito o un mutuo, è al "solvibilità" immediata in caso di problemi perchè sui mercati per prestare soldi di garanzie ne servono molte: si chiama "sistema del debito" ed è la causa primaria della crisi innescatasi nel 2008 e di cui ancora non se ne vede l'uscita, checchè ne dicano i venditori di fumo presenti sui media e in parlamento e al governo. Non esiste stato che non fa deficit nè può evitare di farlo perchè nel corso dei secoli i regimi che si sono susseguiti hanno sempre dovuto mantenere un apparato e una società sottostante, ossia sistemi complessi composti di persone ed entità commerciali tenute insieme non solo dall'interesse del singolo ma "dalal convinzione collettiva" che il singolo interesse non è mai prevalente rispetto a quello generale.. a maggior ragione in un sistema democratico dove ciò è dato, semplicemente, per scontato.
Oggi gli attori del laboratorio che è diventato l'italia hanno una strettissima interconnessione che sta letteralmente distruggendo le sitituzioni democratiche, non solo politiche, ma pure culturali, sociali, ecc. ma questo laboratorio, messo su dai governi del centrosinistra dei primi anni '90, ha avuto esiti che son andati ben oltre le loro più lontane aspettative... ben sapendo che una società "finanziarizzata" era oltremodo instabile e volatile, ma soprattutto consumava in fretta in una frenesia consumistica assolutamente fine a se stessa; a volte senza neppure aspettare di avere l'input del multitasking commerciale.. pe non parlare del prodotto, assolutamente ininfluente... anch'esso dematerializzato: paghi il marchio e non il prodotto in sè (come da previsione fatta in "no logo" della klein); ecco l'aspetto più inquietante: nella dematerializzazione dei bisogni spariva anche i sensi base che definiscono l'animale uomo.... tutto ha un prezzo e chi non soldi regredisce all'età della pietra.
CHI NON SI ADEGUA SI RITROVA NELLA TEANAGLIA DEL GREED & FEAR: chi ha interesse a che le cose vadano in questo modo sa ben come usarli..... paura di perdere il lavoro, del futuro dei figli, ecc. sono grandi molle per tenerci buoni, vero?
Un meccanismo del genere è l'esatto opposto dell'idea alla base dei mercati liberi: la democrazia non è l'ideale, anzi: spesso e volentieri, leggi Cina, preferiscono società strettamente controllate se non regimi autoritari dove "l'efficienza è massima e gli attori sono silenti" e dove le "regole" non esistono o al minimo sono depotenziate" quindi non ci sono forme di regolazione ed equilibrio sociale che impediscano che interi ceti ne escano impoveriti; il punto è: gli ex cittadini reali detentori del potere democratico hanno perso o meno l'intresse per il sistema democratico, o no? E,ancora, quel che resta del sistema democratico (con annesse costituzioni frutto della seconda guerra mondiale tanto invise ai "riformatori" della sinistra e a JPMorgan) è conveniente tenerlo ancora su anche se "costa"?

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