Qualcuno qui crede davvero che gli americani si facciano intimidire
dalla potenza economica e finanziaria dell'italia? Ogni singolo paese
del vecchio mondo ha già preso le propeie contromisure, noi... no. Tutti
sono daccordo, almeno le classi dirigenti e i loro sodali, su questo
trattato ma in realtà mi chiedo se le persone comuni lo siano.....
chissà se ce lo chiederanno mai: cosa ne pensate? Intanto i media si
sono scatenati nel cantare le lodi dell'apertura dei mercati... una
cosa scritta negli scorsi decenni con i vari Doha round ora si attua.
Prma naturalmente era necessario crearne le condizioni ideali: che
questra crisi serva allo scopo? Secondo me, si..... ogni singolo autore
che ho letto (Rifkin, Klein ecc.) ha messo in guardia nel corso degli
anni su uno scenario di questo genere.... eppure ci siamo comunque
arrivati, purtroppo...
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 18 giugno 2014
Italia in prima linea per l’accordo di libero scambio che Ue e Usa (Trans-Atlantic trade and investiment partnership) stanno negoziando da oltre un anno.
Perché, secondo il governo, sarebbe il “principale Paese beneficiario”
della rimozione di dazi e barriere non tariffarie che limitano la
circolazione di merci e servizi: mercoledì mattina, durante un convegno
sul tema alla Camera dei deputati, il viceministro allo Sviluppo
economico Carlo Calenda ha quantificato – senza citare
la fonte del dato – i vantaggi potenziali in mezzo punto di Pil, cioè
circa 8 miliardi di euro. Merito in particolare dell’armonizzazione
delle regole sui prodotti alimentari, che favoriranno l’export del made
in Italy. Per questo Roma spingerà per arrivare alla firma nei
prossimi 12 mesi. Durante il semestre italiano di presidenza dell’Ue,
dunque, Renzi spingerà l’acceleratore sulle trattative tra Bruxelles e
Washington. Per ora tutt’altro che a buon punto, visto che solo martedì
il segretario all’Agricoltura degli Usa, Tom Vilsack, ha avvertito che ”entrambe
le parti non sono particolarmente soddisfatte del punto in cui sono i
negoziati” e “ci aspettano alcune sfide molto serie”, tra cui quella di
far capire ai cittadini ”le opportunità di lavoro e di crescita che l’accordo commerciale presenta”.
Per l’Italia “si può chiudere subito” – Una cautela che l’esecutivo italiano non sembra condividere: “La
proposta italiana alla commissione Ue”, ha anticipato Calenda, “è
quella di chiuderlo tutto assieme, nonostante su alcune cose non
troveremo mai un accordo, come sugli Ogm. Ma sul 70% dei temi siamo già
d’accordo e quindi può essere chiuso subito”. Salvo poi integrarlo in
futuro con nuovi punti. Quanto alle critiche relative alla
segretezza degli atti del negoziato, il viceministro nominato da
Enrico Letta e confermato da Renzi ha ribadito che “non si è mai vista
una negoziazione a porte aperte”: equivarrebbe a mettere la controparte
“a conoscenza di tutte le mosse e le strategie”.
Sì alle trattative a porte chiuse, ma rendere pubblico mandato negoziale – Posizione, questa, già espressa in aula a Montecitorio. Quando però, rispondendo a un’interpellanza parlamentare del deputato Adriano Zaccagnini (eletto
con il M5S, ora nel gruppo misto), Calenda ha garantito che “il
governo italiano ritornerà sull’esigenza di rendere pubblico il mandato
negoziale del Ttip”, compresi i “paletti” (red lines) che la
Commissione non potrà superare. Come quello sull’ingresso degli Ogm nel
mercato europeo. Ma in quell’occasione Calenda ha anche spiegato punto per punto gli effetti positivi che l’accordo
avrebbe – negli auspici del governo – per i produttori italiani
dell’alimentare e per le aziende interessate a partecipare a gare per
gli appalti negli Usa.
Riconoscimento di Doc, Dop e Igp per contrastare il falso made in Italy - “Non
c’è nessuna possibilità che nel Ttip venga lasciata libertà di
ingresso indifferenziato agli Ogm”, ha garantito Calenda, ma al
contrario uno degli obiettivi negoziali è “il riconoscimento delle
indicazioni geografiche italiane, che oggi non sono riconosciute negli
Stati Uniti dando luogo al fenomeno del cosiddetto italian sounding“. Cioè la contraffazione di prodotti alimentari con copie a cui vengono poi dati nomi “suggestivi” tipo Parmesan, Regianito e Daniele Prosciutto.
Dalle semplificazioni sui regolamenti vantaggi per le pmi
– Per quanto riguarda infine la convergenza regolamentare, Calenda ha
chiarito che gli standard in discussione “non sono quelli sociali”,
bensì quelli “di omologazione dei prodotti, cioè tutte quelle regole
che, essendo diverse tra Stati Uniti e Europa, obbligano le imprese a
fare complicatissime procedure di doppia certificazione”. O le bloccano
del tutto: basti pensare alle barriere fitosanitarie. Per esempio, ha
ricordato Calenda, “oggi abbiamo un problema gigantesco legato alla
tolleranza zero degli Stati Uniti nei confronti della listeria, che è
un’impurità che è contenuta nei nostri prosciutti, fisiologica a un
certo livello. Loro la considerano a livello zero e bloccano, stanno
bloccando, per ispezione tutta la nostra esportazione di prosciutti”. Aspetti gestibili dalle grandi multinazionali, ma grossi ostacoli per le piccole
e medie imprese. Per questo “nella parte regolamentare, così come
nell’armonizzazione e nella semplificazione delle procedure doganali, il
Ttip è disegnato per favorire le piccole e medie imprese”.
Sugli appalti trattativa per permettere alle aziende Ue di entrare nel mercato Usa -
Quanto alla presunta apertura alle imprese Usa del mercato degli
appalti pubblici, ha sottolineato Calenda nella sua risposta, “la
discussione non è sul fatto di permettere alle aziende americane di
“biddare”, perché lo possono già fare, ma per permettere alle aziende
italiane ed europee di entrare nel mercato degli appalti americani, che
invece è regolato da una serie di norme che restringono l’accesso”
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