di Redazione Il Fatto Quotidiano | 18 agosto 2014
Che la vera emergenza italiana sia la zavorra del debito pubblico non è certo una notizia. Ma in questa seconda metà di un agosto caldissimo sul fronte dell’economia è
diventato evidente che, più del paletto del 3% per il rapporto
deficit/Pil, la partita cruciale che il governo Renzi si prepara a
giocare con Bruxelles è proprio quella sullo stock del debito, che ha appena toccato i 2.168 miliardi di euro. Così, mentre qualcuno ipotizza negoziati più o meno segreti per ottenere dalla Commissione sconti sul “rientro” imposto a partire dal prossimo anno dal Fiscal compact, economisti e opinionisti si sbizzarriscono nel mettere sul tavolo proposte
più o meno risolutive per scalfire la montagna di un disavanzo salito
oltre il 135% del Prodotto interno lordo. Le trovate qui sotto. Si va
dalla “parziale ristrutturazione” ipotizzata da Lucrezia Reichlin, ex direttore della ricerca della Bce e ora docente alla London Business School alla creazione, sostenuta dal sottosegretario Angelo Rughetti e dall’imprenditore vicino al premier Marco Carrai,
di fondi garantiti dal patrimonio pubblico le cui quote andrebbero
vendute a investitori istituzionali e famiglie. Il ricavato andrebbe,
appunto, a tagliare il debito. Meccanismo simile per i “mattone bond”
lanciati dal Sole 24 Ore e da affiancare a “un ritocco contabile” sui
versamenti dell’Italia al Fondo europeo di stabilità finanziaria. Peccato che dalle pagine del Corriere della Sera Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea
e oggi nel consiglio di amministrazione di Morgan Stanley
international, geli chi “si illude” di poter “effettuare operazioni di
riconversione o ristrutturazione del debito in modo ordinato”: “Non
esistono soluzioni miracolose”, è l’ammonimento. E l’Italia,
diversa,emte da Atene nel 2011, “di alternative, ancora (per un po’) ne
ha”. Che probabilmente il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sottoscriverebbe. Non è un mistero infatti che via XX Settembre punti sulle (seppur lente e difficoltose) privatizzazioni, da cui spera di ricavare ogni anno lo 0,7% del Pil, e sia invece contraria a qualsiasi intervento shock che possa spaventare gli investitori esteri. Non per niente il
Tesoro nei primi sei mesi dell’anno, approfittando dei bassi tassi di
interesse, ha anzi “messo fieno in cascina”, emettendo più titoli di
Stato del necessario e accumulando liquidità per oltre 105 miliardi.
La linea Rughetti: un fondo con immobili e società statali – Il sottosegretario alla Pubblica amministrazione Angelo Rughetti ha detto al Messaggero
che “con il solo avanzo primario non usciremo mai” dalla spirale del
debito. Per questo l’esecutivo dovrebbe dare “un segnale” collegando
alla Legge di Stabilità “un’operazione che contenga un piano a 20 ani a
per la riduzione del debito pubblico con la creazione di un fondo dove immettere il patrimonio pubblico, mobiliare e immobiliare, e poi cedere il 49% delle quote del fondo stesso”. La misura “potrebbe essere inserita in un disegno di legge ad hoc” e “dovrebbe
riportarci sotto il 100% del rapporto tra debito e Pil”. Da notare che
per riuscirci occorrerebbe ricavare oltre 500 miliardi di euro, cioè
appunto la differenza tra l’ammontare del “rosso” italiano e il valore
del prodotto interno. Facile a dirsi. Anche perché è ben noto che i “gioielli” italiani, soprattutto quelli immobiliari che il Demanio e i governi di ogni colore da anni tentano di piazzare, non presentano particolare appeal agli occhi degli investitori.
Il fondo Patrimonio Italia di Carrai – L’idea del renziano Carrai riprende quella avanzata nel 2005 (ma all’epoca il debito era al 106,6% del Pil) dal giurista Giuseppe Guarino: creare un maxi-fondo a cui conferire “gli asset morti dello Stato per estrarne valore”. “L’immenso patrimonio immobiliare pubblico”, ha scritto su Mf il presidente del Cambridge Management Consulting Labs, “si può considerare dal punto di vista reddituale patrimonio morto”, “per
non parlare del patrimonio spesso in capo agli enti locali o al forze
armate non utilizzato e non a reddito”. Gli attivi del fondo verranno
venduti “una parte a investitori istituzionali e fondi sovrani ma anche
al cosiddetto Bot People”. Con il risultato di “abbattere di circa
2-300 miliardi il debito pubblico dello Stato”.
La ristrutturazione invocata da Reichlin e Mody – Lucrezia Reichlin e l’economista indiano Ashoka Mody, ex funzionario del Fondo monetario internazionale e oggi ricercatore del think-tank Bruegel, propugnano una vera e propria ristrutturazione del debito. Mody è arrivato a dichiarare al Telegraph che le autorità italiane dovrebbero iniziare a consultare “brillanti avvocati esperti in debito sovrano”
per capire come non ripagare interamente gli interessi ai possessori
di titoli di Stato. Anche Reichlin, in una recente intervista a Repubblica,
ha rispolverato quello che da sempre è il suo cavallo di battaglia:
una “redenzione” di parte del debito. “Assumiamo che per l’Italia il
40% del debito sia dovuto alle crisi: questa parte viene cartolarizzata
e acquistata a sconto da una bad bank europea che poi la rimette sul
mercato”, ha spiegato al quotidiano di Largo Fochetti. “Con un debito
così alleggerito l’Italia può finanziare le iniziative di rilancio”.
Il taglio da 200 miliardi in tre mosse proposto dal Sole – Il
quotidiano di Confindustria, alla vigilia di Ferragosto, ha messo sul
piatto una proposta articolata in tre mosse per ridurre il debito di
300 miliardi: una società-veicolo con in pancia immobili per 60
miliardi, un “ritocco contabile” sul contributo di Roma al fondo
salva-Stati e la privatizzazione delle società municipalizzate già contenuta nel piano del commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Il
primo punto prevede la nascita di una società ad hoc a cui trasferire
attivi per 60 miliardi. Quest’ultima venderebbe poi le proprie quote a
investitori privati e utilizzerebbe l’incasso per acquistare gli
immobili riducendo il debito pubblico per la stessa entità. Per pagare
gli interessi potrebbe contare sul “pagamento dell’affitto che lo Stato
andrebbe a pagare sugli immobili”. Secondo il Sole, la
proposta risulterebbe appetibile per l’investitore privato “a caccia di
rendimenti sicuri con una remunerazione più elevata rispetto ai Bot e
ai Btp”. Il secondo comparto del pacchetto consiste nel trasferimento al nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Esm) delle passività del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf)
nato nel 2010, perché i titoli emessi dal primo non vanno a pesare sui
debiti pubblici nazionali. La decisione, tuttavia, spetta a
Bruxelles. Infine la privatizzazione delle municipalizzate, processo “che attiverebbe anche risparmi da 800 milioni l’anno”.
Il piano di Mediobanca con il coinvolgimento di Cdp- Non
si contano, d’altronde, le proposte taglia-debito avanzate negli anni
da economisti e esponenti politici e rimaste nel libro dei sogni: dagli
“eurobond” di Alberto Quadrio Curzio e Romano Prodi, di recente rilanciati anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio ma avversati strenuamente da Angela Merkel, al piano di Paolo Savona e Angelo Maria Rinaldi basato su fondo partecipato da Cassa depositi e prestiti e Fintecna. La Cdp è stata chiamata in causa anche da Antonio Guglielmi, capo analista di Mediobanca Securities, che
nel 2012 ha illustrato al Cnel un’operazione di dismissione di
partecipazioni statali, immobili e riserve auree di Bankitalia per un
valore di 200 miliardi. La Cassa, a cui sarebbero state trasferite,
avrebbe poi dovuto finanziarsi emettendo obbligazioni “garantite” da
quegli stessi “gioielli” e dunque meritevoli di un rating superiore
anche a quello dei titoli sovrani italiani.
p.s.
vacanze
finite... ma non va meglio. I peggiori incubi si stanno avverando: con
gli incapaci che ci governano e le lobby che succhiano soldi a sbafo.
nostri, non c'è scampo: (s)vendere, (s)vendere questa è ormai la parola
d'ordine del giorno. Altro che riforme e specchi per le allodole, qui il
vero problema è una clase dirigente che VA cambiata a partire dagli
alti colli per finire nelle più piccole viuzze dello spreco pubblico e
privato.
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