Piano B? Finisce qui l'alfabeto di Tsipras? Perchè la
delusione dev'essere forte se l'alfabeto della sinistra greca se ha solo
due....... lettere. Si poteva fare altrimenti: certo; gli esempi non
mancano: dall'islanda all'equador ce ne sono a iosa e invece la montagna
ha prtorito il topolino: hanno chiesto ai cravattari una proroga, un pò
poco perchè tanto valeva non fare tutta sta manfrina e farlo subito
senz indugi evitando le montagne russe di questi giorni che, a
posteriori, si è autorizzati a pensare fossero solo per tener calmo il
fronte interno facendo passare una sonora sconfitta per una vittoria del
popolo!!!! Per citare un precedente: Kadesh dice nulla? Fu una semi
sconfitta o al massimo un pareggio per gli egiziani, contro gli ittiti,
ma in patria passò per una "folgorante" vittoria.... contenti loro.
D'altronde se avessero letto i report interni del FMI sapevano, se
avessero saputo leggere fra le righe, cosa si doveva fare ma dalle rape
non si cava sangue, vero? Era già tutto previsto? Si, due esempi:
1. di Stefano Feltri | 18 febbraio 2015 Fatto QuotidanoPerché Atene sta già per capitolare
Il
bluff sta per finire: domani si capirà se la Grecia di Alexis Tsipras
preferisce tradire le sue promesse elettorali o uscire dall’euro e
dall’Unione europea. Secondo le indiscrezioni che Bloomberg rilanciava
ieri sera, il governo greco sarebbe orientato a chiedere un’estensione
del programma imposto dalla Troika che scade il 28 febbraio. Ci saranno
condizioni un po’ diverse, certo, ma alla fine Angela Merkel potrà
spiegare agli elettori tedeschi che i greci rimangono sotto la tutela
europea e non vengono lasciati liberi di cancellare tutte le riforme
dell’austerità di questi anni.
Tsipras spiegherà in Grecia che ha
vinto perché la Troika non si chiamerà più Troika, anche se i creditori
(Unione europea, Fondo monetario, Bce) continueranno a vigilare sui 240
miliardi che hanno prestato alla Grecia in questi anni.
La rottura
dei negoziati lunedì sera all’Eurogruppo ha spinto tutti a riflettere
sull’ipotesi che davvero Atene possa essere congedata dall’Unione e
dall’euro: niente riforme e niente austerità significano niente più
finanziamenti a uno Stato che ha le casse vuote. Sempre Bloomberg ha
raccontato il clima al vertice dell’Eurogruppo a Bruxelles: il ministro
delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, avrebbe “perso le staffe” e
spiegato al suo omologo greco Yanis Varoufakis che rimanere nell’euro “è
una decisione interamente nelle mani della Grecia”. E il premier
Tsipras ha ripetuto che “l’austerity è morta” e che non accetta
compromessi.
Ma la politica si ferma dove cominciano le esigenze
concrete della finanza. Le banche greche stanno affrontando da dicembre,
quando sono state convocate le elezioni anticipate, una fuga di
capitali verso l’estero, almeno 7,6 miliardi di euro. Fiumi di denaro
continuano a lasciare il Paese, come dimostra la decisione della Bce di
Mario Draghi di alzare da 60 a 65 miliardi la linea di credito di
emergenza Ela in questi giorni di tensione. E, secondo la stampa greca,
non sarebbero già più abbastanza. Sul Financial Times di ieri
l’economista tedesco Hans-Werner Sinn sottolineava il paradosso di
questa situazione: “In definitiva i cittadini degli altri Paesi europei,
senza che nessuno li abbia consultati, stanno fornendo credito a
proprio rischio e pericolo per consentire ai greci benestanti di
spostare i loro capitali al sicuro”.
I piccoli risparmiatori o i
tanti ateniesi ridotti in povertà dalla austerità non hanno ingenti
depositi da spostare all’estero. I ricchi – spesso evasori – invece sì.
Hans-Werner Sinn suggerisce quindi che ci dovrebbe essere un blocco ai
movimenti di capitale, come a Cipro nel 2013 durante la crisi bancaria
che portò all’arrivo della Troika. Una crisi bancaria spingerebbe la
Grecia fuori dall’euro ma le misure che servono a evitarla
certificherebbero comunque la fine della moneta unica. Per questo
Tsipras non ha altra scelta se non cedere.
2. di F. Q. | il Fatto Quotidiano del 19 febbraio 2015 titolo: Grecia, Atene chiede alla Ue estensione del prestito. Ma Berlino dice no
Sembrava
una schiarita. Invece i contenuti della richiesta di proroga degli
aiuti presentata giovedì mattina da Atene all’Eurogruppo provocano
l’immediato niet di Berlino. E a poco valgono le prese di posizione
della Commissione e del Parlamento Ue, che gettano acqua sul fuoco: si
torna alla casella di partenza, o quasi. Il governo di Alexis Tsipras,
come comunicato via Twitter dal presidente del consiglio dei ministri
dell’Economia dell’Eurozona Jeroen Dijsselbloem, ha inviato a Bruxelles
una lettera in cui chiede l’estensione per 6 mesi del programma di
assistenza finanziaria in scadenza il 28 febbraio. E venerdì alle 15 è
convocata a Bruxelles una nuova riunione dell’Eurogruppo per discutere
della proposta, dopo il fallimento di quella di lunedì scorso. Ma,
appunto, la cancelleria di Angela Merkel ha subito fatto sapere che le
condizioni chieste dall’esecutivo a guida Syriza – in sostanza stop alle
misure di austerity – sono inaccettabili. “La lettera di Atene non
presenta alcuna proposta di soluzione sostanziale“, ha detto all’agenzia
Dpa Martin Jaeger, portavoce del ministro delle Finanze Wolfgang
Schaeuble. Spiegando che la richiesta è quella di un finanziamento
ponte, ma senza adempiere alle richieste del programma. Di conseguenza
“lo scritto non corrisponde ai criteri stabiliti nell’Eurogruppo di
lunedì”. Poco dopo il vice cancelliere Sigmar Gabriel ha detto: “La
proposta greca sia finanziata dai greci stessi”. Come dire che dalla
Repubblica federale altri soldi non arriveranno. Una reazione che ha
“sorpreso” il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz, secondo
cui “la lettura della lettera mostra che la Grecia si è mossa parecchio.
Rinuncia a molte cose che fino all’altro ieri erano indicate come ‘non
trattabili'” e comunque “non abbiamo tempo per dibattiti ideologici“.
Dopo la chiusura di Berlino la strada è in salita – Altro che “segno
positivo che spiana la strada a un compromesso ragionevole
nell’interesse di tutta l’Eurozona”, come aveva commentato a caldo il
portavoce del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker.
Secondo il quale il governo Tsipras ha chiesto “l’estensione del Master
financial assistance facility agreement, che in termini legali è il
riferimento all’attuale programma”. Vale a dire quello che va a
braccetto con il memorandum e le politiche di austerità concordate dai
precedenti esecutivi con la troika, il trio dei creditori formato da Ue,
Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale, che nel
complesso hanno concesso al Paese oltre 240 miliardi di euro di aiuti.
Anche se il Fondo, per parte sua, ha chiarito che il suo programma di
aiuti “scade nel marzo del 2016″, “in questa fase non c’è bisogno di
prorogarlo” e comunque “è flessibile“. Atene per parte sua ha subito
chiarito di “non aver richiesto un’estensione del memorandum“. Per
averne conferma basta leggere la missiva originale, che chiede appunto
un allungamento del prestito per “dare respiro” alla società e avere il
tempo necessario “per negoziare con i partner senza ricatti e tempi
stretti”. Il Paese promette di impegnarsi “all’equilibrio dei conti e,
contemporaneamente, a fare le riforme contro l’evasione fiscale e la
corruzione” e di astenersi da azioni unilaterali che minerebbero il
raggiungimento degli obiettivi fiscali e accetta che l’estensione sia
monitorata da una supervisione di Ue, Bce e Fmi, ma nel documento non
sono mai citati i termini “troika” né “salvataggio“. E Varoufakis, che
firma il testo, ricorda poi che “le procedure di accordo dei governi
precedenti sono state interrotte dalle recenti elezioni” e, “di
conseguenza, molte delle disposizioni tecniche sono state invalidate“.
Non solo: scopo della richiesta di estensione di sei mesi è “concordare i
termini finanziari e amministrativi mutualmente accettabili” e “avviare
il lavoro tra i gruppi tecnici per un possibile nuovo Contratto per la
ripresa e la crescita che le autorità greche prevedono tra Grecia,
Europa ed Fmi che potrebbe seguire l’attuale accordo”. Come dire che
questo è solo il punto di partenza per il “vero” negoziato”. Nel
frattempo, Atene chiede che la Bce torni ad accettare i bond di Atene
come garanzia in cambio di liquidità, cosa che ha fatto fino al 4
febbraio quando il consiglio ha deciso di non concedere più quella
deroga. E la lettera si conclude con l’auspicio che tutto
questo permetta al governo greco di “avviare le sostanziali, profonde
riforme necessarie per ripristinare gli standard di vita di milioni di
cittadini greci attraverso una crescita economica sostenibile, un
livello di occupazione dignitoso e coesione sociale”. Dalla Bce ossigeno
alle banche. Ma i soldi basteranno solo per pochi giorni - La richiesta
del governo a guida Syriza arriva il giorno dopo che la Bce ha
aumentato di 3,3 miliardi, portandolo a 68,3, la fornitura di linee di
credito di emergenza alle banche elleniche tramite l’Emergency liquidity
assistance (Ela), il sistema di ultima istanza che assiste gli istituti
in “temporanea crisi di liquidità”. E ha allungato fino al 5 marzo la
possibilità di accedervi. Una flebo senza la quale le banche greche,
alle prese con una fuga dei depositi che negli ultimi due mesi ha
superato quota 20 miliardi, andrebbero gambe all’aria. Secondo
la Frankfurter Allgemeine Zeitung l’Eurotower, per arginare l’emorragia,
ritiene ragionevole addirittura l’introduzione di controlli sulla
circolazione dei capitali nel Paese. L’indiscrezione in mattinata è
stata smentita da un portavoce della Bce. Resta il fatto che gli
istituti sono in serissima difficoltà e i soldi messi a disposizione
basteranno solo per pochi giorni: solo la scorsa settimana hanno attinto
ai fondi dell’Ela per un totale 51,7 miliardi, contro i 5,85 miliardi
dei precedenti quindici giorni. Non per niente, secondo l’agenzia
Reuters, il governatore della Banca centrale di Atene aveva chiesto che
il tetto fosse alzato di altri 10 miliardi. Pretesa ridimensionata in
seguito all’opposizione di alcuni membri del consiglio direttivo
presieduto da Mario Draghi. E il padre nobile della Ue Giscard
d’Estaing tifa per la Grexit - Sullo sfondo continua a incombere lo
spettro dell’uscita della Grecia dalla moneta unica, la cosiddetta
Grexit. L’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing, in
un’intervista al quotidiano francese Les Echos, auspica oggi proprio
questo esito: che il Paese “lasci l’euro” con una “friendly exit“,
perché “non può risolvere i suoi problemi se non riavrà a disposizione
una moneta svalutabile“. Secondo uno dei padri fondatori dell’Unione
europea, “la questione fondamentale è sapere se l’economia greca
può ripartire e prosperare con una moneta così forte come l’euro. La
risposta è chiaramente negativa. Ma invece di concentrarsi su questo
argomento di fondo e rispondere, gli europei si focalizzano sul debito
greco”. “Assurdo”, secondo Giscard, “dire che si tratterebbe di una
sconfitta dell’Europa”, anche perché “questa uscita consentirebbe di
preparare un eventuale ritorno, più tardi”. Certo è, però, che si
tratterebbe di un vulnus al dogma dell’irreversibilità dell’euro. Un
salto nel buio che potrebbe aprire la strada ad altri “divorzi” dalla
moneta unica, minandone la credibilità a livello globale. Anche
se Standard & Poor’s, in un report appena diffuso, prefigura “rischi
limitati” di contagio. Ma i mercati credono nella possibilità di un
accordo - I mercati, comunque, sembrano credere nella possibilità di un
accordo. Giovedì, dopo aver aperto deboli, hanno infatti recuperato
terreno in seguito all’annuncio della richiesta del governo greco. In
corrispondenza con il no tedesco hanno azzerato i guadagni, ma sono poi
tornati in positivo. Atene, che in avvio di seduta segnava -0,44%, a
fine mattinata è arrivata a guadagnare quasi il 4 per cento per poi
ripiegare a +1,6 per cento. Piazza Affari, che aveva aperto in calo
dello 0,1%, ha virato in positivo. Per quanto riguarda i mercati
obbligazionari, il tasso di interesse a dieci anni pagato dai titoli di
Stato greci resta poco sopra il 10% e quello sui triennali sopra il 18
per cento.
Nessun commento:
Posta un commento