Trattato Transatlantico (Ttip) che per noi, a nostra insaputa e forse contro di noi, stanno discutendo a Bruxelles i negoziatori della Commissione Ue e quelli degli Usa. Sono ormai tre anni che i negoziati procedono e in questi giorni, fino a venerdì, hanno luogo nuovi incontri.
L’ampiezza
degli argomenti e la profondità delle conseguenze che il Ttip potrà
avere sulla nostra vita sono enormi: questo trattato commerciale non
riguarderà questo o quel prodotto, ma praticamente tutti i prodotti e
anche certi servizi, farà cadere non solo tutte le residue barriere doganali,
ma anche le limitazioni che si frappongono a motivo di
regolamentazioni diverse, frutto di anni di modifiche e messe a punto a
volte sapienti. Si avrà un’area di libero scambio e per questo le
regole sulle due sponde dell’Atlantico dovranno essere o unificate o armonizzate
e questo non si può fare se non trascurando le peculiarità delle
singole produzioni: saranno favorite le produzioni di massa, cioè le
grandi aziende, e l’omologazione verso il basso della qualità, ossia il
basso prezzo.
I danni prevedibili per le produzioni di qualità, le tipicità
di cui il nostro Paese va orgoglioso, e da cui trae molto in termini
economici, sono praticamente incalcolabili. Già ora la concorrenza a
nostro danno è falsata in mezzo mondo da prodotti agricoli che
echeggiano, nel nome e nella presentazione, i sapori del nostro
territorio. L’Italian sounding è un fenomeno che danneggia le nostre esportazioni
e rischia di trovare un consolidamento se non verranno trovati giusti
modi di rispetto. Eppure, più che il trattato stesso sconcerta il modo
con cui vengono condotte le trattative. Una carenza di trasparenza
studiata scientificamente, in cui viene negata la conoscenza
dell’effettivo procedere dei testi non solo al comune cittadino, ma
perfino ai rappresentanti del popolo eletti democraticamente.
Per
loro è stata studiata una severa procedura di ingresso a una “sala di
lettura” in cui possono accedere su domanda, ma senza alcuno strumento
che consenta la trascrizione dei testi, perfino carta e matita. Questo
grado di segretezza è degno di una organizzazione carbonara e non di
una istituzione come la Commissione europea. Purtroppo
queste procedure possono esistere grazie all’indifferenza dell’opinione
pubblica, tenuta all’oscuro quanto è possibile. Esistono, è vero,
movimenti contrari, che hanno manifestato più volte in tutta Europa: in
Italia, però, siamo parecchio indietro, nonostante gli sforzi dei
volenterosi.
La minaccia peggiore che potrebbe venirci dall’approvazione del Trattato,
almeno per quel poco che se ne sa, potrebbe venire da una specie di
mordacchia che il Trattato potrebbe imporre alle legislazioni nazionali:
il Ttip, una volta approvato dall’Europarlamento
e ratificato dai Parlamenti nazionali, entrerebbe in vigore e darebbe
luogo a regolamenti europei vincolanti per il legislatore nazionale. Fin
qui tutto normale, potrebbe dirsi. Se non fosse che esiste una
clausola particolare, quella denominata ISDS, che prevede l’istituzione di un tribunale speciale accessibile all’investitore estero che si ritenga danneggiato dalla nuova regolamentazione nazionale.
Potrebbe agire direttamente contro lo Stato che non abbia “rispettato” il Trattato ed esigere multe
astronomiche, caso che già si è verificato in analoghi Trattati che
prevedono questa clausola. Si comprende bene che questa è una
prospettiva del tutto favorevole alle già potentissime società
multinazionali, capaci di operare su grandi aree geografiche, con
bilanci talvolta superiori a quelli degli Stati in cui sono presenti.
Sarebbe troppo facile ricordare i danni sociali generati da analoghe
circostanze in altre parti del mondo, magari in Chiapas, Messico.
Sul tema di questi negoziati è sconcertante il silenzio dei media, preoccupante il disinteresse
che mostrano le istituzioni, avvilente la non conoscenza da parte di
gran parte dell’opinione pubblica. Un tema grave è lo sbilanciamento
degli interessi in seno ai negoziatori. Oltre alla commissaria Ue per il Commercio, Cecilia Malmstroem, decisamente favorevole, e al capo dei negoziatori, Ignacio Maria Bercero,
ci sono i negoziatori dei vari direttorati di Bruxelles interessati al
Ttip, e bisognerebbe sapere quali sono gli atteggiamenti. Di certo gli
esperti scelti per la consulenza hanno una provenienza decisamente
sbilanciata verso il nord-ovest dell’Europa. Siamo ancora in tempo per
rimediare: è bene non aspettare che la Commissione ci confezioni un
pacco di soluzioni dalle conseguenze imprevedibili, un pacco che i
Parlamenti potranno solo prendere o lasciare. La democrazia ridotta allo
zerbino fuori dalla porta di casa.
di Giovanni Bottazzi
da Il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2016
che
fine ha fatto la democrazia? Ricordate quando dicevano che esisteva un
equazione 'mercato=democrazia'? Ora quell'equazione si dinmostra per
quella che è... una balla. Il mercato per definizione ha nulla a che
fare con la democrazia: non è un caso che le aziende vanno laddove
pagano meno la manodopera e di solito son paesi dove la democrazia non
esiste come non esistono nè sindacati nè altro; e nemmeno è un caso che i
govderni hanno liberalizzato il mercato del lavoro e tutto il resto
sennò come si fa a competere? Ecc. Ecc. son cose che sapete
queste...vero?
Nelle
aule di liceo che frequentai molto tempo fa era celebre la risposta di
uno studente alla domanda di letteratura greca sul poeta Callino:
“Di Callino non si sa quasi niente”. Null’altro seppe aggiungere, ma
era la verità: infatti sono giunti sino a noi soli pochi frammenti dei
suoi versi. La risposta purtroppo sarebbe la stessa se la domanda fosse
fatta oggi sul
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