24/04/2017 di triskel182
Da Fillon a Hamon, tutti contro Le Pen Un “fronte repubblicano” per l’Europa.
PARIGI
– SI PRECISANO i contorni dell’ottavo presidente della Quinta
Repubblica. E indicano Emmanuel Macron. Né il populismo, né il
terrorismo sono riusciti a cancellare la figura del giovane garante di
una lineare continuità democratica. Alla sua avversaria, a Marine Le
Pen, è andata male, anche se ha preso oltre 7 milioni di voti, un bel
pezzo di Francia. Il personaggio Macron appare un “uomo nuovo” rispetto
al vecchio establishment, il quale è stato relegato in seconda fila.
È
stato messo in castigo, perché giudicato incapace di affrontare le
continue minacce terroristiche e i vasti mutamenti della società quasi
senza confini. Dirigenti dell’Europa unita burocraticamente non hanno
osato difenderla idealmente.
Soltanto tra
due settimane è in programma l’ultimo atto: l’incoronazione ufficiale
del presidente monarca, che ormai ha la scettro in tasca. Il confronto
definitivo sarà una faticosa formalità perché per arrivarci oltre ai i
comizi e alle polemiche ci sono le incognite dell’islamismo in collera e
assassino. Il duello decisivo sarà tra l’Europa e l’ anti Europa: la
prima rappresentata da Emmanuel Macron, ieri arrivato in testa con il
23,9 per cento dei voti, la seconda rappresentata da Marine Le Pen,
rimasta sotto il 21,7 percento. Questo è il principale significato del
doppio voto. Dopo il primo scrutinio possiamo tirare un respiro di
sollievo. Chi teme e rifiuta una disintegrazione dell’Europa può
rallegrarsi del 23 aprile francese. Una diserzione elettorale dei
transalpini, sulla traccia dei britannici, avrebbe avuto tristi
conseguenze.
L‘elezione di Macron a
presidente della Repubblica è garantita dalla formazione di un “fronte
repubblicano”, spontaneo o concordato, per evitare l’ingresso di Marine
Le Pen, la leader populista, nel palazzo dell’Eliseo. Lo stacco tra i
due finalisti, stando ai pronostici, dovrebbe aggirarsi sul quindici
per cento in favore di Macron. L’esito iniziale della maratona
elettorale allontana il rischio di gravi traumi, anche istituzionali,
alla Quinta Repubblica. Sarebbe infatti problematico per larga parte
dell’apparato statale eseguire le direttive di un esecutivo populista.
Il
voto di domenica ha comunque sconvolto la società politica. I
principali partiti, quelli che hanno dominato, alternativamente, al
potere e all’opposizione, la vita politica francese degli ultimi
decenni sono stati esclusi dal ballottaggio. Cioè dalla possibilità che
uno dei loro esponenti occupi la massima carica dello Stato. Né un
socialista né un notabile del centrodestra (seguito bastardo del
gollismo), parteciperà al secondo turno. La République ha cambiato
connotati. Non è stata una rivoluzione, ma c’è mancato poco.
Marine
Le Pen è presidente del Front National, partito escluso da quello che
definivamo in Italia “ arco costituzionale”. Emmanuel Macron, pur
avendo un intenso passato politico, prima come consigliere di François
Hollande, il presidente socialista, e poi come ministro dell’Economia,
ha creato un movimento nuovo, “In marcia!”, che vuole sfuggire al
sistema basato sull’equazione destra-sinistra. Gira le spalle, almeno
ufficialmente, all’attuale classe politica. Nonostante il suo netto
rifiuto di confondersi con l’establishment alle sue spalle, gli
avversari continuano a indicarlo come la continuità, sotto un’altra
veste, di François Hollande. Visto che la barca stava affondando, il
giovane ministro l’avrebbe abbandonata con il consenso tacito del
capitano.
Il presidente socialista,
afflitto da una pesante impopolarità, non avrebbe osato riproporsi per
un secondo mandato, e considererebbe Macron un suo delfino segreto.
L’ex primo ministro socialista. Manuel Valls e due ministri pure loro
socialisti hanno girato le spalle al candidato ufficiale del partito,
Benoit Hamon (che ha ottenuto un modesto 6,3 per cento), e si sono
schierati con Macron. Numerose sono le diserzioni socialiste in favore
del fondatore di “In marcia!”, che tuttavia accetta quelle adesioni a
titolo individuale. Come accetta del resto, secondo lo stesso
principio, gli appoggi provenienti dal centrodestra. Riferendosi al suo
passato di funzionario della Banca Rotschild, gli avversari indicano
Macron come vicino al mondo degli affari. Lui si definisce progressista
ed europeo, e come tale parla. Dice: mantengo l’equilibrio democratico
della Francia.
La maratona elettorale non
è tuttavia conclusa. Restano le due settimane, fino al 7 maggio,
durante le quali gli sconfitti dovranno curarsi le ferite e i vincitori
prepararsi al nuovo duello. Nessun grande partito democratio oserà
appoggiare il Front National. Né a destra né a sinistra. Tutti i leader
democratici, compresi Fillon e Hamon, si sono già pronunciati per
Macron contro la Le Pen.
Il partito
socialista esce frantumato dalla prova elettorale. Il candidato
designato dalle primarie è stato abbandonato al suo destino dai
compagni. Giudicato troppo a sinistra, Benoit Hamon, è stato lasciato
solo. Si è avuta l’impressione che il vecchio partito socialista, di
Guy Mollet e di François Mitterrand si fosse in larga parte trasferito
nel movimento di Macron, “In marcia!”. Una diserzione di massa.
Comandanti in testa, che non pronunciandosi apertamente per Hamon, si
sono pronunciati in silenzio per Macron. E coloro che non hanno voluto
fare la piroetta hanno appoggiato Jean-Luc Mélenchon, alla testa della
“Francia indomita”, grande tribuno di estrama sinistra con un cuore
socialdemocratico. E convinto euroscettico. Ha ottenuto un buon
risultato, 19 e qualcosa per cento.
Il
candidato dei Républicains, di centro destra, ha avuto gli stessi voti.
Ma era un canditato zoppo per via degli affari a suo carico. Perduti
per strada due loro leader, Nicolas Sarkozy, l’ex presidente della
Repubblica, e Alain Juppé, ex primo ministro, entrambi bocciati alle
primarie, i Républicains si sono accodati con fatica a François Fillon,
il candidato zoppo, preferito dai cattolici conservatori che non amano
i matrimoni gay e neppure troppo i musulmani. Hanno tenuto insieme il
partito per le legislative di giugno, quando ci sarà il terzo turno.
La
Quinta repubblica è semipresidenziale: il capo dello Stato eletto al
suffragio universale dispone di ampi poteri se ha la maggioranza
parlamentare o ne ha molto pochi (politica estera e difesa) se non ne
ha.
Articolo intero su La Repubblica del 24/04/2016.
::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
Nessun commento:
Posta un commento