martedì 25 aprile 2017

L’uomo nuovo (BERNARDO VALLI)

Verso il ballottaggio del 7 maggio pesano le incognite dell’islamismo radicale Il duello per l’Eliseo non riguarda solo la Francia ma tutta l’Unione europea.

Da Fillon a Hamon, tutti contro Le Pen Un “fronte repubblicano” per l’Europa.
PARIGI – SI PRECISANO i contorni dell’ottavo presidente della Quinta Repubblica. E indicano Emmanuel Macron. Né il populismo, né il terrorismo sono riusciti a cancellare la figura del giovane garante di una lineare continuità democratica. Alla sua avversaria, a Marine Le Pen, è andata male, anche se ha preso oltre 7 milioni di voti, un bel pezzo di Francia. Il personaggio Macron appare un “uomo nuovo” rispetto al vecchio establishment, il quale è stato relegato in seconda fila.

È stato messo in castigo, perché giudicato incapace di affrontare le continue minacce terroristiche e i vasti mutamenti della società quasi senza confini. Dirigenti dell’Europa unita burocraticamente non hanno osato difenderla idealmente.
Soltanto tra due settimane è in programma l’ultimo atto: l’incoronazione ufficiale del presidente monarca, che ormai ha la scettro in tasca. Il confronto definitivo sarà una faticosa formalità perché per arrivarci oltre ai i comizi e alle polemiche ci sono le incognite dell’islamismo in collera e assassino. Il duello decisivo sarà tra l’Europa e l’ anti Europa: la prima rappresentata da Emmanuel Macron, ieri arrivato in testa con il 23,9 per cento dei voti, la seconda rappresentata da Marine Le Pen, rimasta sotto il 21,7 percento. Questo è il principale significato del doppio voto. Dopo il primo scrutinio possiamo tirare un respiro di sollievo. Chi teme e rifiuta una disintegrazione dell’Europa può rallegrarsi del 23 aprile francese. Una diserzione elettorale dei transalpini, sulla traccia dei britannici, avrebbe avuto tristi conseguenze.
L‘elezione di Macron a presidente della Repubblica è garantita dalla formazione di un “fronte repubblicano”, spontaneo o concordato, per evitare l’ingresso di Marine Le Pen, la leader populista, nel palazzo dell’Eliseo. Lo stacco tra i due finalisti, stando ai pronostici, dovrebbe aggirarsi sul quindici per cento in favore di Macron. L’esito iniziale della maratona elettorale allontana il rischio di gravi traumi, anche istituzionali, alla Quinta Repubblica. Sarebbe infatti problematico per larga parte dell’apparato statale eseguire le direttive di un esecutivo populista.
Il voto di domenica ha comunque sconvolto la società politica. I principali partiti, quelli che hanno dominato, alternativamente, al potere e all’opposizione, la vita politica francese degli ultimi decenni sono stati esclusi dal ballottaggio. Cioè dalla possibilità che uno dei loro esponenti occupi la massima carica dello Stato. Né un socialista né un notabile del centrodestra (seguito bastardo del gollismo), parteciperà al secondo turno. La République ha cambiato connotati. Non è stata una rivoluzione, ma c’è mancato poco.
Marine Le Pen è presidente del Front National, partito escluso da quello che definivamo in Italia “ arco costituzionale”. Emmanuel Macron, pur avendo un intenso passato politico, prima come consigliere di François Hollande, il presidente socialista, e poi come ministro dell’Economia, ha creato un movimento nuovo, “In marcia!”, che vuole sfuggire al sistema basato sull’equazione destra-sinistra. Gira le spalle, almeno ufficialmente, all’attuale classe politica. Nonostante il suo netto rifiuto di confondersi con l’establishment alle sue spalle, gli avversari continuano a indicarlo come la continuità, sotto un’altra veste, di François Hollande. Visto che la barca stava affondando, il giovane ministro l’avrebbe abbandonata con il consenso tacito del capitano.
Il presidente socialista, afflitto da una pesante impopolarità, non avrebbe osato riproporsi per un secondo mandato, e considererebbe Macron un suo delfino segreto. L’ex primo ministro socialista. Manuel Valls e due ministri pure loro socialisti hanno girato le spalle al candidato ufficiale del partito, Benoit Hamon (che ha ottenuto un modesto 6,3 per cento), e si sono schierati con Macron. Numerose sono le diserzioni socialiste in favore del fondatore di “In marcia!”, che tuttavia accetta quelle adesioni a titolo individuale. Come accetta del resto, secondo lo stesso principio, gli appoggi provenienti dal centrodestra. Riferendosi al suo passato di funzionario della Banca Rotschild, gli avversari indicano Macron come vicino al mondo degli affari. Lui si definisce progressista ed europeo, e come tale parla. Dice: mantengo l’equilibrio democratico della Francia.
La maratona elettorale non è tuttavia conclusa. Restano le due settimane, fino al 7 maggio, durante le quali gli sconfitti dovranno curarsi le ferite e i vincitori prepararsi al nuovo duello. Nessun grande partito democratio oserà appoggiare il Front National. Né a destra né a sinistra. Tutti i leader democratici, compresi Fillon e Hamon, si sono già pronunciati per Macron contro la Le Pen.
Il partito socialista esce frantumato dalla prova elettorale. Il candidato designato dalle primarie è stato abbandonato al suo destino dai compagni. Giudicato troppo a sinistra, Benoit Hamon, è stato lasciato solo. Si è avuta l’impressione che il vecchio partito socialista, di Guy Mollet e di François Mitterrand si fosse in larga parte trasferito nel movimento di Macron, “In marcia!”. Una diserzione di massa. Comandanti in testa, che non pronunciandosi apertamente per Hamon, si sono pronunciati in silenzio per Macron. E coloro che non hanno voluto fare la piroetta hanno appoggiato Jean-Luc Mélenchon, alla testa della “Francia indomita”, grande tribuno di estrama sinistra con un cuore socialdemocratico. E convinto euroscettico. Ha ottenuto un buon risultato, 19 e qualcosa per cento.
Il candidato dei Républicains, di centro destra, ha avuto gli stessi voti. Ma era un canditato zoppo per via degli affari a suo carico. Perduti per strada due loro leader, Nicolas Sarkozy, l’ex presidente della Repubblica, e Alain Juppé, ex primo ministro, entrambi bocciati alle primarie, i Républicains si sono accodati con fatica a François Fillon, il candidato zoppo, preferito dai cattolici conservatori che non amano i matrimoni gay e neppure troppo i musulmani. Hanno tenuto insieme il partito per le legislative di giugno, quando ci sarà il terzo turno.
La Quinta repubblica è semipresidenziale: il capo dello Stato eletto al suffragio universale dispone di ampi poteri se ha la maggioranza parlamentare o ne ha molto pochi (politica estera e difesa) se non ne ha.
Articolo intero su La Repubblica del 24/04/2016.

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ci sono fascismi e fascismi e non sempre quelli evidenti sono i peggiori... il caso Macron è emblematico

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