Fonte: Informazione consapevole.
Intervista di Francesco Boezi a Alain De Benoist
Di Francesco Boezi http://www.occhidellaguerra.it
Alain
de Benoist, nell’ultima intervista rilasciataci, aveva pronosticato
che il populismo, nonostante le battute d’arresto, avrebbe continuato a
far parlare di sé. A sei mesi dalle elezioni europee, abbiamo
intervistato di nuovo il politologo e saggista francese.
Alain
de Benoist, lei ha teorizzato in tempi non sospetti che il raggio
d’azione del populismo fosse destinato a proseguire nel tempo. I gilet
gialli rappresentano questa continuazione?
“Sì, evidentemente. Il politologo Vincente Coussedière
parla di ‘populismo del popolo’ per designare una forma d’azione e di
rivendicazione spontanea diversa da quella dei partiti e dei movimenti
abitualmente definiti ‘populisti’. Questa espressione si applica in modo
esemplare ai gilet gialli, la cui caratteristica principale è di
essere apparsi quando nessuno se l’aspettava e tenendosi sdegnosamente
lontani da sindacati e partiti. La continuità del movimento, la sua
natura ‘sotterranea’, inafferrabile, il ruolo di primo piano che
giocano le donne, il suo carattere contemporaneamente sociale e
patriottico sono alcuni altri tratti che lo distinguono da tutti i
movimenti sociali precedenti”.
Se
lei dovesse inquadrare i gilet gialli all’interno di un movimento
politico, li accosterebbe al Front National oppure ritiene che possa
esistere pure una certa simpatia provata nei confronti di Mélenchon?
“Secondo
i sondaggi, è il Rassemblement di Marine Le Pen che dovrebbe
beneficiare del maggior numero dei voti dei gilet gialli alle prossime
elezioni, ma la Francia ‘renitente’ di J.-L M. dovrebbe, allo stesso
modo, trarne beneficio. Detto questo, non bisogna dimenticare che la
grande maggioranza dei gilet gialli non aveva, fino ad oggi, mai
conosciuto un impegno politico. La maggior parte di loro manifesta per
la prima volta. Alcuni di poro potrebbero avere la tentazione di
presentare una lista indipendente alle prossime elezioni europee ma a
mio avviso sarebbe un errore. Il solo risultato sarebbe dividere
l’opposizione”.
La presidenza Macron è destinata a durare?
“È
protetto dalle istituzioni della V repubblica ma in questa situazione
per lui sarà molto difficile continuare a governare. Ci sarà un ‘prima’
e un ‘dopo’ gilet gialli, tanto più che le cause della rivolta sono
ancora là. Emmanuel Macron è stato collocato a capo dello Stato con il
sostegno attivo dei mercati finanziari e degli oligarchi, che si
aspettano da lui che imponga le ‘riforme’ che dovrebbero adattare la
società francese alle esigenze dell’Unione europea. Questo programma
implica inevitabili misure di austerità delle quali le classi popolari e
la parte di classe media che, al giorno d’oggi, è sulla via del
declassamento, e persino della sparizione, non vogliono più sentire
parlare”.
I gilet gialli influenzeranno anche altre nazioni d’Europa? Se sì, come e quali?
“Si
è immediatamente constatato un effetto di contagio: subito in Belgio e
nei Paesi Bassi, poi in Portogallo, in Romania, in Bulgaria e persino
in Iraq. Ho visto, di recente, che il governo italiano ha egli stesso
manifestato la sua simpatia nei confronti dei gilet gialli. Ma,
nell’immediato, si tratta soprattutto di iniziative imitative. Anche le
condizioni particolari di ciascun paese esercitano un ruolo”.
Come sta il populismo in Europa?
“Il
populismo in Europa (e altrove) è il fenomeno politico più innovativo
degli ultimi trenta anni. È una modalità di articolazione della domanda
politica e sociale che parte dalla base e, in una prospettiva
contro-egemonica, si indirizza contro delle élite considerate separate
dal popolo e sollecite soltanto dei loro privilegi. L’insorgenza dei
populismi s’accompagna dappertutto al declino dei vecchi partiti
istituzionali, che erano i vettori della divisione destra-sinistra, cui
succederanno divisioni nuove. Non è ancora venuto il momento di
tracciare un bilancio di questa ondata di populismo, ma è chiaro che è
chiamata ad amplificarsi ancora nei prossimi anni”.
Gli
analisti sostengono che l’asse franco-tedesca sia entrata in crisi. Lo
ritiene corretto? Verso quali cambiamenti stiamo andando incontro in
termini geopolitici?
“A
parte rare eccezioni recenti, l’asse franco-tedesco è sempre stato in
crisi. In passato, è stato dominato dalla Francia perché la Germania,
divenuta un gigante economico, rimaneva un nano politico. Dalla caduta
del sistema sovietico e la riunificazione, è il contrario. La Germania
ha imposto le modalità di adozione dell’euro. Si rende conto che la
Francia non riesce a realizzare le riforme e che è sempre più isolata
nello scenario internazionale. Questa situazione suscita nella Germania
la tentazione di porsi come principale alleato degli Stati Uniti. Ma,
nello stesso tempo, l’indirizzo politico tedesco si evolve, lentamente
come sempre in quel Paese. Angela Merkel si appresta a lasciare il
potere e nessuno sa ancora per davvero chi le succederà”.
Le elezioni di medio-termine hanno sancito una parziale tenuta di Donald Trump. Pensa che il Tycoon possa confermarsi nel 2020?
“È
difficile da dire. Trump, che è un personaggio imprevedibile, ha
contro di lui dei poteri considerevoli, tutti più o meno legati
all’establishment di Washington e ai rappresentanti dell’ideologia
dominante. Ma vanta anche importanti riserve di voti nell’ “America
profonda”. Non ha affatto deluso i suoi elettori, malgrado il suo stile
spesso stravagante e i suoi ripensamenti inattesi. Sul piano economico e
sociale, ha invece ristabilito la situazione. I suoi orientamenti in
politica estera sono più criticabili, ma questo non interessa il suo
elettorato. Inoltre, sul fronte democratico, non si vede chi potrebbe
opporsi a Trump. Bisogna aspettare di saperne di più”.
Articolo completo su Occhi della guerra
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