Fonte: Il Fatto Quotidiano Diego Fusaro Cronaca - 4 Febbraio 2020
Vi
sono immagini che parlano più delle parole. E lo fanno con l’immediata
potenza espressiva che è propria dell’ambito della visione. Tra queste
immagini può, con diritto, essere annoverata quella che più di tutte
ha circolato per la rete in questi giorni.
Essa mostra il leader delle Sardine alla corte degli United colors dei Benetton, in presenza del vate Oliviero Toscani,
il fotografo ufficiale del mondialismo infelice e della sua classe di
riferimento. Una magnifica foto di famiglia, che immortala padroni e
ciambellani, ancelle e servizievoli manovali del potere a forma di
sardine.
Una foto non certo “rubata”, come usa dire nel lessico
fotografico: i protagonisti sorridono e sono in posa, fieri di
rappresentare il lato buono della storia, quello dello sviluppo
capitalistico, del progresso tecnico e del verbo unico politicamente corretto.
Uniti,
felici e in sontuosi luoghi patrizi, a distanza di sicurezza dalle
vili plebi italiche, che ancora sono dedite a volgari problemi come la
casa e il lavoro: e che, per ciò stesso, con la loro barbarie
connaturata non si aprono al sogno degli United colors della
mondializzazione e della openness cosmopolitica dei flussi di
desideri, di merci e di esseri umani mercificati. United colors che, a
ben vedere, sono quelli che nascondono il “monocromatismo assoluto”
(Hegel) del mercato pantoclasta e senza confini.
Curiosamente la foto ci mostra anche un altissimo muro, che separa i privilegiati della corte dei Benetton
dal resto del mondo: esso simboleggia magnificamente il modus operandi
dei padroni del vapore, che lottano contro tutti i muri in nome della
libera circolazione, e insieme innalzano muri ogni giorno più alti per
separare ermeticamente i primi dagli ultimi, gli oppressori dagli
oppressi, i padroni dai servi.
La posizione assunta dai patrizi
protagonisti della foto è rivelativa: una sorta di “primo stato”
privilegiato e facoltoso, che, fermo nel prato verdeggiante, si gode la
cornucopia di beni e opportunità che la globalizzazione
offre loro nell’atto stesso con cui sottrae il necessario per esistere
alla maggior parte del genere umano. Le sfide e le sfighe della
globalizzazione coesistono, iniquamente divise tra servi e padroni, tra
chi ha l’accesso al giardino segreto dei signori e chi ne è escluso.
Nella
foto il leader ittico tiene la mano sul petto: quasi a segnalare
partecipazione emotiva per quell’incontro così importante, che rivela
il tanto bramato riconoscimento da parte di quelli che davvero contano,
i padroni del vapore. Quelli per i quali tanto i sardinici
manifestanti si erano spesi nei mesi scorsi, nel tentativo di arginare
il rischio populista e, con esso, il possibile ritorno
della decisione sovrana democratica contro gli automatismi tecnocratici
di quei mercati speculativi che sempre devono avere ragione.
Come se non bastasse, dopo la foto è giunta anche la benedizione di George Soros, che sul Corriere della Sera ha celebrato le Sardine e il loro nuotare seguendo le correnti della open society.
Dimmi
con chi vai e ti dirò chi sei, si diceva un tempo. A questo motto,
sagace e sempre attuale, se ne può aggiungere uno ulteriore e
convergente: dimmi come ti tratta il potere e ti dirò chi sei realmente.
Avete
ancora dubbi sull’identità delle Sardine? Sulla reale essenza di
questi “pesci pagliaccio” che, senza lisca e spina dorsale, si muovono
sempre secondo le correnti globalisticamente corrette, opponendosi a
tutto ciò che alla globalizzazione neofeudale possa opporsi? Gli United
colors delle Sardine sappiamo quali sono: il fucsia
delle sinistre sbiadite, passate dalla parte dei padroni; e
l’arcobaleno sgargiante, dietro il quale si nasconde il grigio del
nichilismo oppressivo della società del mercato globale.
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