Fonte: W.S.I. 24 Marzo 2020, di Alessandra Caparello
Cosa
hanno in comune Jeff Bezos di Amazon, Laurence Fink di BlackRock e il
senatore USA Richard Burr? Ebbene, si scopre che, insieme ad altri,
prima dello scoppio della pandemia dal nuovo coronavirus che ha mandato
in cortocircuito i mercati di mezzo mondo, hanno venduto grosse
quantità di azioni evitando così grosse perdite.
Massiccia vendita di azioni a febbraio: da Jeff Bezos e altri top manager…Un’analisi
del WSJ, basata su oltre 4.000 registrazioni regolamentari relative
alle vendite di azioni tra il 1° febbraio e il 19 marzo da parte di
dirigenti di società quotate negli Stati Uniti, ha rivelato come i top
manager delle società hanno venduto un controvalore di circa 9,2 miliardi di dollari in azioni delle proprie società tra l’inizio di febbraio e la fine della scorsa settimana
Qualche nome? Primo fra tutti mister Amazon, Jeff Bezos,
l’uomo più ricco del mondo che ha ceduto un totale di 3,4 miliardi di
dollari in azioni nella prima settimana di febbraio, poco prima che il
mercato azionario raggiungesse il picco massimo, evitando così perdite
di valore potenziali per circa 317 milioni di dollari. A seguire Laurence Fink,
Ceo di BlackRock Inc., che ha venduto 25 milioni di dollari in azioni
della sua società il 14 febbraio, prevenendo perdite potenziali di
oltre 9,3 milioni di dollari e Lance Uggla, Ceo di IHS Markit Ltd., che ha venduto 47 milioni di dollari delle sue azioni.
Certo
per dover di cronaca c’è da dire che non vi è alcun indizio che i
manager abbiano venduto azioni sulla base di informazioni interne ma la
quantità di azioni vendute da dirigenti e funzionari di società
quotate negli Stati Uniti è aumentata di circa un terzo rispetto ai
periodi comparabili dei due anni precedenti, secondo l’analisi delle
registrazioni regolamentari e dei dati di S&P Global Market
Intelligence.
… ai politici USAMa non
solo nei board delle grosse compagnie, anche la politica si è mossa.
Mentre a inizio febbraio gli americani erano tutti presi a capire come
sarebbe andato a finire l’impeachment del presidente Donald Trump, il
senatore Richard M. Burr, repubblicano della Carolina del Nord, nonché
presidente del Comitato di intelligence, aveva già messo gli occhi su
una nuova inquietante minaccia: il coronavirus.
Così, riporta il
NY Times, la mattina del 4 febbraio, Burr ha riunito i membri del
comitato a Capitol Hill per ascoltare per la prima volta dai funzionari
dei servizi segreti come le potenze straniere stavano rispondendo a
ciò che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva dichiarato giorni
prima un’emergenza sanitaria globale.
E mentre la Casa Bianca
stava minimizzando le minacce del virus, i funzionari dei servizi
segreti hanno dipinto chiaramente un primo quadro delle implicazioni
geopolitiche dell’epidemia di coronavirus. Il giorno dopo, il 13
febbraio, Burr ha venduto 33 diverse partecipazioni azionarie, per un
valore complessivo fino a 1,7 milioni di dollari, liquidando una grossa
quota del suo portafoglio. Insieme a lui anche altri quattro senatori,
oltre a circa due dozzine di legislatori della Camera, hanno venduto
alcune delle loro partecipazioni finanziarie nello stesso periodo.
Sia
Burr che gli altri senatori si sono difesi affermando di non aver
fatto nulla di male e di non aver agito sulla base di informazioni non
disponibili al pubblico.
Ma la vendita delle azioni ha innescato
una tempesta politica di fuoco sia da destra che da sinistra, e sono
fin da subito emerse richieste di dimissioni di Burr, che da un giorno
all’altro si è trovato a lottare per evitare di diventare il simbolo di
un’élite finanziariamente avvantaggiata. Da qui il senatore ha chiesto
alla Commissione etica del Senato di esaminare le sue vendite nel
tentativo di riabilitare il suo nome. Gli altri quattro senatori – Dianne Feinstein, Democratico della California, James M. Inhofe, Repubblicano dell’Oklahoma, Kelly Loeffler, Repubblicano della Georgia, e David Perdue,
Repubblicano della Georgia – hanno ciascuno respinto qualsiasi
suggerimento di aver avuto un ruolo nella vendita delle azioni, dicendo
che i loro portafogli sono gestiti da altri e che forse non erano
nemmeno a conoscenza della vendita dei titoli.
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