mercoledì 26 marzo 2008

Le privatizzazioni italiane: un fallimento annunciato dietro l'altro

Non starò a fare la cronistoria delle privatizzazioni in salsa spaghettara perchè è sotto gli occhi di tutti come sono andate e come sono finite le aziende coinvolte: in alcuni casi da un monopolio pubblico si è passati ad un monopolio/oligopolio privato ma i cittadini, o forse dovrei parlare di consumatori, non ne hanno visto nè i mitici benefici (e non ci sono se solo i miei concittadini non avessero le bistecche sugli occhi e fossero meno rassegnati e passivi se ne accorgerebbero e impedirebbero le fughe in avanti della politica e gli appetiti dei privati), nè il migliore dei mondi possibili che ci hanno promesso in tante interviste i soloni dell'economia e della politica. Alitalia è solo l'ultima della lista. La nostra compagnia di bandiera ha una storia simile al paese che rappresenta: usata come ufficio di collocamento dai partiti e dai potentati e gestita non per competere ma solo per staccare i ticket degli utili (quando ci sono). Non tutti sanno, o ricordano che, prima dell'apertura di Malpensa (la cattedrale nel deserto del nord anche lì ogni tanto ne aprono una mentre il sud dell'italia ne è pieno complici la classe dirigente economica e politica attaccata allora e difesa oggi dalle stesse persone ... cambia il mondo e cambiano anche idea costoro), era sulla via del risanamento completo grazie a una iniezione di soldi pubblici cospicua che aveva ridotto indebitamento e incongruenze e almeno reso la compagnia quella che era realmente ossia un'azienda regionale di medie dimensioni commisurata al peso economico e politico del paese che rappresentava e ne era espressione; poi è venuta Malpensa e l'imposizione politica di aprire "slot" lì che non servivano nè erano economici che l'hanno letteralmente dissanguata e ridotta com'è oggi: solo perchè qualcuno ha immaginato che un cittadino di Venezia o Torino per andare in Inghilterra anzichè partire da Caselle facesse un viaggetto, a proprie spese, fino allo Hub per prendere l'aereo per andare da "albione", se non fosse una cosa seria ci sarebbe da spanciarsi dalle risate. dico ma ce lo vedete l'industrialotto piemontese o quello veneziano che va in aereo fino a Malpensa per andare in Inghilterra, io no; anzi lo vedo partire da Caselle e andare a Parigi (se non ci sono voli diretti da Caselle stesso) e da lì prendere l'aereo per raggiungere la meta anche perchè, e nessuno lo ha ancora spiegato, quale sarebbe la convenienza per fare un giro di questo tipo visto che poi attorno all'aereoporto non ci sono tutte le strutture necessarie di servizio e quindi esso è realmente antieconomico (temo che abbiamo a che fare con una visione "lombardocentrica" rispetto al resto del norditalia ed allora, se vista da questa prospettiva, tornerebbero molte cose anche quelle del perchè ci debbano essere due hub importanti come Linate e Malpensa). Triste storia all'italiana? Credo di si e da cittadino non posso che deplorare una tal cosa: pur di salvare lo hub si affossa la compagnia di bandiera ovvero: l'Alitalia apre una serie di slot a Malpensa e finisce male perchè non è sostenibile una tale potenza di fuoco da parte di una società in via di risanamento e, quando cambia la dirigenza, si rende conto che una situazione del genere è letteralmente insostenibile salvo che per i politici che invece per anni hanno fatto orecchie da mercante e, quindi, fatto finta di nulla fino a quando la società è arrivata come ora sull'orlo di portare i libri in Tribunale a dichiarare il fallimento. Solo a questo punto la lobby liberista coglie la palla al balzo e comprende che è arrivato il momento di svenderla a poco prezzo al primo che arriva (nello scorso decennio c'erano già stati degli abboccamenti con società straniere ma finì tutto in fumo per ovvi motivi) e comincia la tarantella mediatica di "conforto" che magnifica il mercato e le sue bellezze ma, il diavolo si nasconde nei dettagli, la lobby non ha fatto i conti con lo "straniero" e con l'economia: entrambi non sanno che farsene (per motivi propri) di linee a Malpensa e quindi esso viene, o verrebbe, abbandonato con tutto quello che una cosa del genere comporterebbe per lo scalo (e per chi ci ha creduto): la fine. Parte il tam tam per salvare lo scalo e per costringere la compagnia di bandiera (in coma) a mantenere la presenza in esso costi quello che costi (ivi compresa l'ipotesi di lasciarla fallire pur di mantenere la sua presenza ivi) e riparte la tarantella del "non passa lo straniero" ecc. ma la vera partita non è la fine di Alitalia ma quella degli interessi politico/economici che girano intorno allo scalo lombardo e che non vedono di buon occhio una sua "regressione" a scalo regionale o poco di più e quindi parte la politica e la cosa, com'è logico, si ingarbuglia e tutto viene messo nel piatto: dai lavoratori usati come ariete (ma di cui importa poco), alle società coinvolte (di cui se ne chiede la elasticità anche a costo di farle fallire), all'economia che con Malpensa non ha visto boom ma solo incrementi che non sono stellari rispetto ai concorrenti europei con i quali vorrebbe concorrere; insomma molto fumo e pochisimo arrosto ...... come sempre. E Alitalia? Molto probabilmente finirà nel solito modo in cui siamo bravissimi: lo Stato ripianerà e/o i debiti la svenderà a prezzi da saldo, naturalmente una volta che il bubbone Malpensa (il vero fulcro del problema) sarà curato in un modo o nell'altro (soprattutto se si arriva a dopo le elezioni) salvaguardando ognuno i propri orticelli. UNA STORIA ITALIANA, insomma!

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