Come dicevo ieri
che il clima sia cambiato lo sappiamo, é sotto gli occhi di tutti; é
innegabile: ha voglia la politica a dire che in fondo si sa che lo
sviluppo ha dei costi, questa che vediamo oggi é, solo, la prima rata
altro ancora c'é da venire. Faccio presente che non appartengo alla
categoria dei catastrofisti ma degli scettici in materia: scettico nel
senso che é vero che il clima é cambiato, e cambierà ancora, ma é vero
che le conseguenze potrebbero essere minori se cittadini e politici
facessero, ognuno per sé, la loro parte ... in questo senso sono
scettico, sia chiaro. Stasera voglio puntare, invece, l'attenzione su i
.... gufi o meglio su quelle persone e studiosi che da anni ne parlano
in vario modo e a vario titolo nei vari campi di cui si occupano: é vero
che con la cultura non si mangia ma é anche con la cultura che si può
combattere la, voluta, ignoranza che sul clima, e su altro, porta prima
all'indifferenza e poi alla passività prima e alla rassegnazione, poi,
del "io che ci posso fare" che é sinonimo di fallimento della democrazia
occidentale, o meglio il suo epitaffio da scrivere sulla pietra
tombale.
Partiamo dal testo base di chi ha sollevato il coperchio del vaso di pandora sull'economia dei disastri: il saggio di
Naomi Klein
"shock economy (fra l'altro che segnalai su questo blog come "da leggere" qualche tempo fa..)"
....
[saggio] che fa il punto dello stato dell'arte in materia da un lato
riassumendo le ricerche dall'altro rapportando le ricerche e i loro
risultati di cui sopra con quanto realmente avvenuto nella realtà quando
c'era un disastro e i corollari economici di stampo liberista che ne
giustificavano l'azione.
ma c'é un illustrissimo precedente sul quale si basano le successive indagini su questo tipo di economia (e politica):
Hannah Arendt ne "le origini del capitalismo": "i campi di concentramento e le camere a gas» – senza
dubbio la soluzione più sbrigativa del problema della sovrappolazione,
della superfluità economica e dello sradicamento sociale – lungi dal costituire un monito possano, al contrario, rappresentare anche per le società democratiche un esempio, una tentazione, cioè, destinata a riproporsi quando appaia impossibile alleviare la miseria politica, sociale o economica in maniera degna dell’uomo";
bé, più chiaro di così.... tutte le successive indagini sono, come
dicevo, partite da questo assunto: compreso il saggio della Klein che ne
da un immagine che definire cinica é usare un puro eufemismo visto che
l'autrice ne ripercorre l'ascesa fin dai primi esperimenti in america
latina al 2004 tutte situazioni che in comune hanno il tipo di risposte
dato; tutte, guarda caso, ispirate dalle teorie di Milton Friedman e
della scuola di Chicago che hanno scorto nelle catastrofi non tanto
problemi da risolvere, quanto opportunità di un rapido arricchimento a
favore di un’esigua minoranza raccolta nel patto scellerato tra una
classe politica corrotta e le grandi imprese multinazionali e non che
son chiamate a intervenire anche laddove c'è presenza dello Stato.
Secondo, infatti, il "fondamentalismo" capitalistico
di Friedman e dei suoi allievi – alcuni dei quali insediati ai vertici
dei più importanti organismi finanziari, altri, invece, direttamente
impegnati come consiglieri dei governi, altri ancora suoi ammiratori
entusiasti e infine banchieri e altro materiale umano che anche in
Italia vediamo in azione inorganismi finanziari e governi – il
verificarsi di una grande crisi o di un grande shock consente di "sfruttare le risorse dello stato per ottenere un guadagno personale mentre gli abitanti sono ancora disorientati";
per meglio dirla: "il prodursi di eventi traumatici diventa, allora,
l’occasione per poter rimodellare la società, applicando misure
radicali di ingegneria sociale ed economica". Tutto ciò non vale solo
per i paesi autoritari ma anche, e soprattutto, per le democrazie e ciò é
triste: basti pensare al falimento statale di Katrina e agli incassi
fatti dai privati per lo stesso uragano: naturalmente i privati, finché
paga lo Stato o i riccastri, determinano e agiscono senza problemi ma se
il primo non può coprire tutti i costi e i secondi sono soddisfatti,
indovinate un pò chi rimane fuori, come ancora oggi accade in louisiana,
dalla ricostruzione? I meno abbienti, i quali, sempre in louisiana,
ancora oggi non vedono ricostruite le loro case.... qui un esempio del
genere ce lo abbiamo in Abruzzo dove il "fatto" é nemmeno la metà di
quanto resta da fare: ma senza soldi si sa ... perché qui non sfuggiamo a
questa regola del capitalismo dei disastri: se lo Stato ha soldi i
privati ci mettono i mezzi altrimenti tutto resta così com'é.
Se
a quanto sopra aggiungiamo la corruzione politica, il clientelismo, il
malaffare mafioso che ci mette il naso per accaparrarsi gli appalti,
ecc. ecc. allora credo che il quadro che ci si para davanti é
chiarissimo: siamo nel pieno boom, anche qui, di tal tipo di
capitalismo: liberista nei profitti ma statalista quando si tratta di
pompare nelle propie casse i soldi dello Stato ossia di tutti noi...
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