C'é un articolo su Harpers, richiamato dal Fatto Quotidiano (leggetelo) che mi ha fatto riflettere sullo stato dell'arte della democrazia occidentale, in particolare quella italiana.
E'
un pezzo pessimistico ma cinicamente realista; le democrazie, come
tutto il resto, stanno cambiando dna: sono altro e non ce ne siamo
accorti se non ora che é, quasi, troppo tardi dal momento che due suoi
pilastri, il voto e la partecipazione, sono stati ritualizzati e quindi
svuotati del loro reale significato per diventare solo un "momento"
obbligatorio dal quale non discendono necessariamente quei cambiamenti
che l'uomo comune si aspetta, anzi con il passar degli anni da un lato
ci si rende conto che mentre ci siillude delle promesse dall'altro si
spera che la prossima volta vada meglio "tanto peggio di così..." e
invece, lasciando in mano alle solite facce, dietro i quali ci sono i
soliti interessi, si perde di vista il ver nodo: la genrazione che
maggiormente ha lottato per allargare i diritti é proprio quella che ha
permesso lo scippo dell'essenza democratica e lo svuotamento della
regola democratica fino a diventare vera e propria demagogia assurta a
potere, e in questo concordo con il notista, dove si lotta per
accaparrarsi i soldi e il conseguente potere che ne deriva
"depoliticizzando" partiti e ideologie: si poteva evitare?
Certo,
ma avremmo dovuto farlo ai primi vagiti, non ora che ad essere cresciuti
non sono gli anticorpi ma il cancro stessa che l'ha uccisa..... il
notista si chiede se ha ancora senso andare al seggio e votare
(foss'anche per scegliere solo il male minore)....siete d'accordo?
il
notista conclude che dobbiamo imparare a scegliere quei movimenti che
rispecchiano i nostri valori politici; nulla da dire ma faccio notare un
cosa: se anche questi movimenti spesso sono "one shot" (ossia sono
rassemblement .. ad esempio Rivoluzione civile sembra essere proprio
questo) cioè si riuniscono per alcuni scopi comuni per poi implodere in
mille schegge, se non sparire... cosa ci rimane da votare?
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