dal Fatto Quotidiano del 19 gennaio 2016 a firma Nadia Somma
In
questi giorni c’è stato grande allarme per la paura che la cultura
patriarcale di altri paesi possa minacciare la libertà delle donne
occidentali. Temo che però in Italia non si sia tenuto d’occhio
abbastanza il nostro patriarcato, che non è affatto morto (e se lo è,
non lo abbiamo seppellito molto bene). In questi ultimi vent’anni ha
riguadagnato posizioni con la strategia della bollitura della rana
mentre noi galleggiavamo nelle acque delle libertà e dei diritti
conquistati faticosamente. Uno di questi diritti, era quello di poter abortire con l’assistenza medica, gratuitamente e senza crepare di aborto clandestino.
Oggi siamo tornate al punto di partenza.
Domenica scorsa, Presa Diretta
si è occupata della reale situazione dell’applicazione della legge e
dell’obiezione di coscienza che induce le donne a spostarsi fino a 800
chilometri per sottoporsi all’intervento o a mettersi in coda fin
dalle prime luci dell’alba, come avviene davanti al San Camillo, a Roma. Laura Fiore, autrice di Abortire tra obiettori. Diario di una moderna inquisizione, ha raccontato i maltrattamenti e l’abbandono del personale sanitario che scarica odio misogino
sulle pazienti invece di curarle adeguatamente come imporrebbe la
deontologia professionale. L’aborto agita i fantasmi della cultura
patriarcale: il terrore per il potere delle donne e l’odio che questo
suscita. Un odio che le donne pagano a caro prezzo, soprattutto quando
esercitano il potere di decidere per se stesse.
La legge 194 è
stata svuotata lentamente ma progressivamente e tra le processioni di
croci, i rapporti miopi della ministra Beatrice Lorenzin (smontati
efficacemente da Marina Terragni) e le benedizioni della Chiesa cattolica, l’obiezione è arrivata al 100% in alcune regioni italiane
e in quelle che restano, se non si cambierà rotta, ci arriverà presto.
Il primo ottobre dello scorso anno, Laiga si è appellata ai
parlamentari e alle parlamentari, denunciando che in breve tempo non
sarà più possibile praticare l’aborto perché i non obiettori andranno in
pensione e i medici obiettori sono ormai la maggioranza. Non tanto per
questioni di coscienza bensì opportunistiche: piaggeria e compiacenza
nei confronti di primari che potrebbero compromettere carriere e
qualità del lavoro. I non obiettori finiscono per fare solo Ivg in condizioni di sovraccarico di lavoro perché sono pochi e, a volte, per sopperire alla carenza di personale si incaricano gettonisti
con ulteriore esborso di denaro pubblico oppure si stipulano
convenzioni (a spese della sanità) con cliniche private, dove gli
obiettori sono in percentuali insignificanti.
Le giovani
generazioni di donne (domandiamoci una buona volta qual’è la parte di
responsabilità che ci spetta) non sono state toccate dal movimento e
dalla cultura femminista e percepiscono il problema come qualcosa di
strettamente privato invece che politico. Sono cresciute in una realtà
dove i consultori sono stati falcidiati e pensano di dover risolvere
le cose da sole. Vanno all’estero oppure acquistano online farmaci abortivi:
non è un caso che nei reparti di ostetricia gli aborti “spontanei”
siano in aumento da anni. La situazione è grave. Al momento Possibile ha elaborato una proposta di legge (firmata da Civati, Brignone, Maestri e Pastorino) per mettere un tetto all’obiezione di coscienza.
Staremo
a vedere se questa proposta di legge otterrà l’appoggio in Parlamento o
se sarà lasciata morire. Il ritorno dell’aborto clandestino, il
rischio di salute per le donne non sono una priorità del governo Renzi
(l’ennesima ignorata). La maggior parte dei mezzi di informazione non
ha alcun interesse a denunciare questa emergenza e tutte quelle testate
che hanno avuto un feminist attack dopo i fatti di Colonia
in realtà malcelavano l’incazzatura per gli stranieri che devono
tenere giù le mani dalle “loro” donne. Tutto lì. Di fatto hanno
manifestato il pensiero di una fetta della società italiana che non ha
alcun reale interesse per i diritti delle donne. E’ quella parte
popolata da sacerdotesse che predicano la sottomissione della donna, da
affezionatissime bigotte dei family day o da integralisti che militano nelle sentinelle in piedi con i bambinoni che vogliono la mamma.
Una
spiegazione delle radici culturali del perenne attacco alla libertà
delle donne la possiamo leggere in queste poche ma incisive parole di Kamel Daoud, uno scrittore algerino, che intervistato sui fatti di Colonia spiega: “La
donna è la posta in gioco, senza che lei lo voglia. Sacralità, senza
rispetto della propria persona. Onore per tutti, ad eccezione del
proprio. Desiderio di tutti, senza un desiderio proprio. Il suo corpo è
il luogo in cui tutti si incontrano, escludendola. Il passaggio alla
vita che impedisce a lei stessa di vivere”.
Daoud pensa che questa concezione sia propria solo del mondo arabo e qui si sbaglia. I rami delle differenti culture patriarcali possono scontrarsi tra loro per qualche folata di vento ma si intrecciano nella profondità delle loro comuni radici.
@Nadiesdaa
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ora
cambiate argomento ma rispettate la trama e arriverete alle stesse mie
conclusioni, ossia che siamo in una società "dove la maionese è proprio
impazzita" dove una minoranza impone alla maggioranza uno status che non
è più proprio perchè la maggioranza è ampiamente secolarizzata e non
comprende come mai le "istituzioni" non ne prendono atto ma avendo anche
altri impellenti problemi cui badare è costretta a dare delle priorità
e i diritti ...... possono aspettare tempi mligiori, purtroppo! Dico: è
mai possibile che io mi reco in una struttura pubblica e debba essere
trattato come una criminale sol perchè sono di fronte a persone che.
spessissimo per conformismo o per carrierismo, si dichiarano "obiettori"
di questo o di quello?
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