14/07/2016 di triskel182
La
riforma ha cancellato il reato di somministrazione fraudolenta, che si
configurava quando un’azienda creava società fasulle a cui affidare
alcune attività sulla pelle dei dipendenti, con contratti capestro,
stipendi ridotti, abusi negli orari. Un fenomeno che va a braccetto con
il caporalato. Il docente: “Sono state aumentate le sanzioni, per cui
lo Stato guadagna di più, ma l’operaio perde il lavoro”.Prima era reato. Dopo il Jobs act, non più. Fino a un anno fa, gli ispettori del lavoro
potevano obbligare le imprese colte in flagrante ad assumere i
dipendenti sfruttati. Ora i lavoratori perdono semplicemente il posto. E
le imprese rispettose delle regole hanno costi più alti e vanno fuori mercato. E’ il quadro dipinto dagli addetti ai lavori a 13 mesi dalla cancellazione del reato di somministrazione fraudolenta. Quello che si verifica quando le imprese creano società fasulle, in particolare cooperative, per affidare loro alcune attività e ridurre così gli esborsi sulla pelle dei lavoratori, con contratti capestro, stipendi ridotti, abusi negli orari. Un fenomeno che va a braccetto con il caporalato e che, non a caso, è evidente in modo particolare nel settore agroalimentare.
“Un anno fa, l’ispettore del lavoro interveniva per il ripristino immediato delle tutele del lavoratore: retribuzione, tempi di lavoro, contratto, inquadramento – spiega Pierluigi Rausei, docente di Diritto sanzionatorio del lavoro alla scuola di dottorato Adapt presso l’Università di Bergamo – Adesso, invece, ci sono solo sanzioni economiche.
Che sono più aspre di prima, ma l’obbligo di assumere il dipendente
non c’è più. Oggi lo Stato guadagna più soldi, ma il lavoratore perde
il posto”.
Il reato, istituito dalla legge Biagi del 2003, si contestava di fronte a una somministrazione di lavoro “posta in essere con la specifica finalità di eludere
norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al
lavoratore”. In sostanza, come spiega Rausei, si verificava quando
“un’impresa affidava un’attività, svolta in proprio fino al giorno
prima, a una società creata ad hoc, una finta cooperativa
o una finta srl, per abbattere i costi riducendo le tutele dei
lavoratori”. Nel 2015, secondo i dati del ministero del Lavoro, i
rilievi ispettivi in materia di “esternalizzazioni fittizie”, tra le quali rientra anche la somministrazione fraudolenta, hanno coinvolto 9.620 lavoratori, il 16% in più rispetto all’anno precedente.
Ma il decreto attuativo del Jobs act sul riordino dei contratti, firmato da Matteo Renzi e dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti
e entrato in vigore nel giugno 2015, ha spazzato via questo reato
abrogandolo. “L’abolizione della somministrazione fraudolenta – aggiunge
Rausei – ha determinato l’immediatadecadenza dei procedimenti sanzionatori
in corso”. L’opera cominciata con il Jobs act è poi stata compiuta con
un decreto approvato nel gennaio del 2016, il numero 8. Con questo
provvedimento, il governo ha inasprito le sanzioni, ma al tempo stesso
ha esteso l’ambito della depenalizzazione. Prima, i
trasgressori dovevano pagare un’ammenda pari a 50 euro per ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Da gennaio, la
sanzione parte da 5mila euro e può arrivare fino a 50mila. Ma intanto le
violazioni in materia di somministrazione sono scivolate dall’ambito
penale a quello amministrativo. “Non costituiscono
reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una
somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola
pena della multa o dell’ammenda”, stabilisce il decreto.
“E’ il
capitolo due rispetto al Jobs act – aggiunge Rausei – Se la riforma del
lavoro ha abolito la somministrazione fraudolenta, il decreto ha
depenalizzato tutti gli altri reati in materia di somministrazione,
eccetto quelli che riguardano l’impiego diminorenni. Per il resto, i reati si sono trasformati in illeciti amministrativi che prevedono solo il pagamento di una sanzione pecuniaria“.
Sono
i sindacati a raccontare le conseguenze pratiche della
depenalizzazione. “L’abolizione del reato è stata un’ulteriore libertà
di bypassare le norme concessa dal governo a caporali, false cooperative e committenti senza scrupoli – spiega Umberto Franciosi,
segretario Flai Cgil Emilia Romagna – E così le imprese che rispettano
le leggi di questa Repubblica, che hanno costi più alti, vanno fuori mercato“.
Gli abusi della somministrazione, spiega il sindacalista, sono
particolarmente diffusi nel settore agroalimentare: “Nel distretto della lavorazione delle carni in provincia di Modena non
c’è grande marchio che non faccia ricorso a queste pratiche
fraudolente. Ma dappertutto stanno germogliando false cooperative con
lavoratori sottopagati, senza malattia, senza vincoli di orario: ci sono dipendenti che formalmente lavorano 20 ore a settimana, ma in realtà ne fanno anche 50″.
Esempi
concreti? “Noi ci limitiamo a fare le segnalazioni di quelli che
riteniamo casi di somministrazione fraudolenta, non conosciamo l’esito
dei rilievi ispettivi – spiega Franciosi – Ma il caso più recente, che
rappresenta la punta dell’iceberg di questo fenomeno, è la vertenza
della Castelfrigo di Modena“. L’azienda in questione, attiva nel settore della macellazione
della carne, è stata al centro di una vertenza che si è risolta con un
accordo sindacale a febbraio. “Si trattava di circa 100 lavoratori
inquadrati in due cooperative di dubbia legittimità – racconta il
sindacalista – sottoposti a una serie di abusi su contratto, orari, stipendi”.
A febbraio, il deputato Pd Davide Baruffi aveva presentato un’interpellanza al governo sulla vicenda della Castelfrigo. Il sottosegretario al Lavoro Massimo Cassano,
pur non riferendosi nello specifico all’azienda in questione, ha
spiegato che nel distretto modenese delle carni “le verifiche hanno
evidenziato, oltre all’applicazione di contratti collettivi nazionali
differenti per i lavoratori delle società committenti e per quelli delle
cooperative operanti in regime di appalto, anche fenomeni di
interposizione di manodopera, omissioni contributive, registrazioni infedeli sul libro unico del lavoro e violazioni della normativa in materia diorario di lavoro“.
dal Fatto Quotidiano
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e dopo i salari dati con i buoni pasto (anche nella civilissima Toscana
nel quale gli esponenti del partito e della coalizione che ha votato
per queste riforme ora chiedono che vengano arrestati coloro che ne
usano gli strumenti) ora abbiamo le finte coop legalizzate dal Job Act.
Manca ancora qualcosa all'appello? Certo le free tax zone (come in
Messico ecc.), le zone franche (dove non paga le tasse chi investe
(confine coree nord/sud, ecc.), ecc. ecc. eppure le associazione e le
ong ne hanno fatte di lotte per denunciare le grandi aziende che
facevano lavorare nei paesi asiatici e africani come schiavi bambini e
adulti per pochi centesimi al giorno.. avreste mai pensato che anche qui
nel grasso Occidente spuntavano fuori cose del genere appena 20 anni
fa? No, naturalmente... e quando li avete votati avreste mai pensato che
gli stessi partiti che una volta denunciavano questi guasti del
capitalismo facevano una riforma che introduceva, e nemmeno
surrettiziamente, figure del genere?
Bene.. chi la fa l'aspetti, ora ci tocca fare da colonia economica
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