09/07/2016 di triskel182
LO DICONO OCSE, INPS E ISTAT. Riforme inefficaci e povertà in aumento, siamo nella “trappola della bassa crescita”.
La
produttività è piatta da 15 anni, i salari sono praticamente fermi,
l’ineguaglianza dei redditi è in aumento e come tasso di occupazione
siamo al terzo valore più basso tra i paesi sviluppati, dopo Grecia e
Turchia. Inoltre, in Italia più di un giovane su quattro non lavora, né
studia, né segue corsi di formazione, una categoria di disoccupati con
scarsissime prospettive di lavoro, che è aumentata del 44% negli anni
della crisi. Questa cruda descrizione della situazione italiana viene
dall’Ocse, organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico,
che ha presentato ieri l’analisi annuale sul mercato del lavoro.
La
stagnazione salariale e la bassa produttività sono problemi che
affliggono un po’ tutti i paesi sviluppati. Il fatto è che mentre alcuni
stanno recuperando il terreno perso dal 2007, altri, come l’Italia,
rimangono indietro. “Quasi 10 anni dopo l’inizio della crisi”, scrive
l’Ocse dell’Italia, “la crescita dei salari in termini reali è debole,
evidenziando il rischio di una stagnazione salariale duratura”. È la
cosiddetta “trappola della bassa crescita”: i salari e l’occupazione
sono bassi, le famiglie spendono meno, le imprese vendono meno e
investono meno. A risentirne alla fine è anche la produttività. Perchè
assumere lavoratori poco costosi e flessibili diventa spesso più
conveniente che fare efficienza spendendo capitali in macchinari.
Le
recenti riforme del lavoro, Jobs act in testa, non sembrano in grado
di cambiare in meglio il quadro. La lieve crescita dell’occupazione è
infatti legata agli incentivi degli sgravi contributivi e le nuove
assunzioni a tempo indeterminato (ma interrompibili in qualunque
momento, anche senza giusta causa) sono in buona parte la
trasformazione di contratti a termine.
Ieri ha pubblicato il suo
rapporto annuale anche l’Inps. I dati mostrano che quasi la metà dei
contratti attivati con le decontribuzioni sono “stabilizzazioni di
lavoratori all’interno della medesima impresa”. Inoltre, la
stabilizzazione dei contratti di lavoro spesso non è accompagnata dal
tempo pieno: “quattro lavoratori su 10 assunti con contratto a tempo
indeterminato – segnala l’Inps – hanno impeghi part time”. Il risultato
è sempre che le famiglie faticano ad arrivare a fine mese.
Che
la trappola della bassa crescita sia particolarmente insidiosa in
Italia e abbia costi sociali alti lo si è capito ieri anche dalle
parole del presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in un audizione al
Senato, convocata in relazione al disegno di legge sul contrasto alla
povertà presentato da Stefano Lepri(Pd). Alleva ha spiegato che oltre la
metà delle famiglie italiane nel 2015 ha limitato le spese per il cibo
e una su cinque ha provato a risparmiare anche sulle spese sanitarie.
Il 63% cerca di fare economie su abbigliamento e calzature, uno dei
settori di punta del made in Italy. Grandi sono le differenze tra
regione e regione. La Calabria risulta essere la regione con la spesa
mensile familiare più bassa, 1.729 euro, mentre Lombardia, Trentino –
Alto Adige ed Emilia – Romagna sono le regioni con la spesa mensile più
elevata, tutte e tre attorno ai 3mila euro.
A questa crisi
finora non si è risposto in modo adeguato: “gli interventi sociali a
sostegno delle Famiglie – ha spiegato Alleva – in Italia pesano per il
4,1% della spesa totale per le prestazioni sociali. Un valore tra i più
bassi in Europa”. Va ricordato peraltro che l’Italia, a differenza di
tutti gli altri paesi europei, eccetto la Grecia, non ha alcuna forma
stabile di sostegno al reddito, il cosiddetto reddito di cittadinanza.
Uno strumento che in tempi di crisi argina la caduta dei consumi.
Per
gli analisti dell’Ocse, la via d’uscita dalla trappola sono politiche
strutturali, che portino a una crescita sostenibile, in grado di
assicurare benefici più equamente distribuiti, incluso un più ambizioso
uso delle politiche di bilancio. E anche ulteriori riforme
strutturali.
Dopo anni di catechismo neoliberista, dunque,
l’ufficio studi dei paesi ricchi riconosce che senza mettere in campo
l’intervento pubblico, dalla stagnazione secolare non si esce.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 08/07/2016.
:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::
..
anche se non è l'intero articolo mi pare che dica molto sullo stato
dell'arte nel quale si trova questo paese dopo anni di austherity,
tagli, ritagli, frattaglie, malversazioni, evasione, elusione,
clientelismo, corruzione, politici inetti, opposizioni incapaci di fare
proposte e, nel caso dei 5STAR, afflitti dalla sindrome del conte
ugolino, ecc. ecc. insomma siamo nei guai e siamo senza soldi: non tutti
però perchè c'è chi ci sta bene in questo tempo di ladri legalizzati e
farà di tutto affinché nulla cambi... a meno che.. ma è molto 'a meno
che'...
Nessun commento:
Posta un commento