giovedì 26 giugno 2008

1990: l'Italia. 2008: l'Italiena

Siamo vittima del ventennio terribile e non ce ne eravamo accorti. Dopo il ventennio fascista con annessa guerra mondiale (puntualmente persa per impreparazione e approssimazione ne calcolare i morti per "sedersi al tavolo della pace"); dopo i 45 anni di relativo benessere che hanno cambiato la faccia del nostro paese facendolo repentinamente passare da agricolo a industriale e postindustriale con annesse lotte sociali e politiche per aalrgare gli spazi di libertà (ma anche con il terrorismo di Stato per fermare gli stessi aneliti nella prima fase e con il terrorismo puro e stupido che ammazzava esponenti di quella classe che teoricamente osannava nella seconda) in materie come aborto, divorzio, scuola laica, società liberale ecc. E' arrivato il secondo ventennio che ha ancora da finire: quello post choc liberista. All'inizio egli anni '90 il nostro era un paese si bloccato dal punto di vista politico ma che nella sottostante società era vivo e aveva ancora speranze nel futuro per il quale era disposto a sacrificare qualche conquista sociale, economica e politica pur di amntenere aperta la porta alle future generazioni: si lavorava per migliorare e migliorarsi e i figli ripartivano per arrivare dov'erano i padri e, se possibile, andare ancora più avanti. Invece arrivò la doccia fredda: causa debito pubblico (fu questa la scusa ufficiale) enorme si doveva (s)vendere il patrimonio pubblico privatizzando i gioielli di famiglia (furono chiamate liberalizzazioni e privatizzazioni ma in realtà furono svendite belle e buone che da monopolio pubblico diventò privato trasformandosi in oligopolio o duopolio nel milgiore dei casi) per risanare il bilancio: la manovra fu 100mila miliardi di lire di tagli quell'anno, una cifra monstre che non risanò un bel niente perchè tutto rimase come prima e addolcì solo gli appetiti degli squali della finanza speculativa, prima erano industriali e ora, vedendo la possibilità di guadagnare senza nulla investire, si lanciarono nel bel mondo del mordi e fuggi a spese dello Stato. Si (s)vendette di tutto: dai settori strategici alle industrie, dalle aziende di panettoni alle case (in cui vivevano inquilini che non si potevano permettere di comprarsene una), proprio tutto. Sia chiaro non in un colpo solo ma per ondate che continuano ancora oggi, ma fu quello l'anno che da Italia il nostro paese si trasformò in "Italiena": un paese alieno da se e dai suoi cittadini dove proprio la cosiddetta sinistra ruppe il cordone ombellicale con la propria base per alnciarsi nel mondo dei rapporti con la grande finanza e che si innamorò del liberismo comprendendo che avevano trovato il feticcio contro cui scaricare le tensioni sociali provocate dai tagli (quante volte ci hanno preso per i fondelli affermando che la legge di mercato, che da noi non esiste come non esiste la concorrenza, impediva questo o quello?) sommandolo all'altro grande feticcio, l'Europa, creandosi in questo modo un parafulmine con cui mascherare le proprie incapacità, sciocchezze che venivano dette e fatte, follie (come la vendita dei cosiddetti gioielli di famiglia che garantivano lo stesso debito pubblico) finanziarie ecc.: quell'Europa che invece averbbe dovuto essere l'approdo naturale dei popoli diventò l'incubo dei poveri presenti e futuri come difatti è accaduto. Era facile per la casta fare un'operazione del genere: pregna di pressapochismo provincialismo ma soprattutto pregna di autoreferenzailità intollerante e superba a tal punto da incominciare a mettere contro figli e padri così come pensionati e lavoratori; il sistema era semplice: due parole, OTTIMIZZAZIONE E EFFICIENZA che in realtà significavano tagli e riduzione della repsenza dello Stato in settori che gli portavano anche grossi introiti che, se fossero stati realmetne al servizio dei cittadini, potevano tranquillamente risanare il bilancio pubblico (di solito quando si vende non lo si fa in perdita, ma da noi si però) ma anche per mantenere il livello del sociale e dei servizi pubblici essenziali che invece non solo sono stati privatizzati, e male, ma in quanto a efficienza e a ottimizzazione si presentano peggiori di prima (a livello di un qualunque paese del terzo mondo) ma nemmeno rispondenti alle esigenze minime richieste da una civile società avanzata. Ma non fini qui: il sistema della I° Repubblica cadde sotto il suo stesso peso e il paese ebbe una minima possibilità di cambiare strada: ricordo ad esempio la discussione su quale modello di servizio sanitario europeo scegliere e, manco a farlo a posta, la scelta cadde su quello anglosassone, in gran parte privatizzato, che aveva nella ASL il suo fulcro e nella aziendalizzazione degli ospedali la sua realizzazione piena anche se siamo anni luce lontani dalla qualità (scadente rispetto agli standard del nordeuropa) della sanità anglosassone. In seguito a questo crollo sistemico avemmo una sola possibilità e la mancammo in pieno consentendo alle lobby oligarchiche di riprendere il controllo politico, economico e sociale del paese per trasformarlo secondo i propri piani e idee che certo non collimavano nè con le speranze nè con le aspettative dei cittadini e che furono atuate solo perchè ci si sentiva depressi e preoccupati ma anche per ignavia consetirono il sacco del paese. E oggi siamo alla uscita di questa incubo ma non certamente in meglio anzi se possibile la situazione è ancora più disperata di allora dato che: siamo più poveri nella larga parte della società; non abbiamo speranze per il futuro dei nostri figli; accerchiati dalla criminalità (politica e tradizionale che spesso si confondono fra loro) senza più nè certezza della pena nè del diritto ad avere giustizia; lontani anni luce dal livello dei servizi che in altri paesi dell'area euro vengono offerti (siamo agli ultimi posti in tutto e per tutto ed ora è anche ufficiale che la Spagna ci ha superato ed è anche giusto); rancorosi, frustrati, depressi, senza sbocchi nemmeno nel lamentarsi del governo "ladro" di turno dato che i politici si sono chiusi nel loro mondo inaccessibile; ad un passo sempre dal fallimento collettivo e economico (a volte sembra voluta la cosa per tenerci buoni), dei fantasmi: ecco cosa siamo oggi, dei fantasmi che non avranno mai pace. Certo non tutti stanno malissimo e pochi stanno benissimo, la maggior parte oscilla in un limbo che si trova fra la povertà assoluta e quella relativa sempre a filo del risiko che il governo di turno gioca a suo piacere e di chi l'ha votato. Siamo oltre la decadenza e la depressione: la parola esatta è rassegnazione passiva che si sfoga con il primo che passa aggrappandovisi strenuamente fino a che non viene dimenticato o distrutto dalla oligarchia al potere. E' un paese che non solo non ha più la spinta per crescere ma nemmeno più la forza di farlo: perchè a forza di tagli anche mangiare e vivere dignitosamente è diventato un lusso per pochi e un miraggio per molti e dove tutto si privatizza un pò alla volta e ci allontana dalla felicità di essere uomini liberi e padroni del proprio futuro, dove si ha paura non solo del proprio vicino (italiano o straniero che sia) ma anche della propria ombra che solo per il fatto che ci segue viola la privacy, dove contano di più i problemi (di gossip, giudiziari, ecc.) del riccastro di turno e della velina che ha lasciato il calciatore o un paese che preferisce rincoglionirsi a vedere saranno famosi o le varie isole o grandi fratelli anzichè guardare in faccia la realtà nuda e cruda molto più spiacevole. E che si aggrappa anche alle promesse di improbabili futuri radiosi invece di prendere scopa e paletta e cominciare a fare pulizia in casa propria e ricominciare daccapo evitando, se possibile, gli errori del passato.

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