di Antonio Padellaro | 21 maggio 2014
Beppe Grillo è andato da Bruno Vespa con un’apparente contraddizione. Come condottiero della protesta più scatenata e più ostile a tutto il resto della politica italiana: “O noi o loro”.
Ma anche con la faccia del leader in grado di governare la “rabbia
buona” e per dimostrare “alla gente di una certa età che ha un
pregiudizio su di me” di non essere “né Hitler né Stalin”. È riuscito a
tenere insieme incazzatura e senso di responsabilità?
Diciamo subito che ha fatto il pieno di ascolti, ma che nei quattro milioni e duecentosettantamila spettatori
non c’erano solo fan del M5S o anziani da rassicurare, oppure gente
incuriosita da un evento spettacolare (il comico più dissacrante a
cospetto dell’anchorman più istituzionale, comunque incalzante), perché
davanti alla tv c’erano soprattutto elettori ancora incerti
che hanno aspettato lunedì sera per decidere sul da farsi. Quanti di
questi Grillo ne avrà portati dalla sua parte lo capiremo solo la notte del 25 maggio,
ma certamente ha fatto breccia ciò che gli viene di più rimproverato, e
cioè l’insofferenza urlante verso chi ha ridotto l’Italia allo stremo:
istituzioni, ministri, banchieri, corrotti e bancarottieri, sì tutti
nello stesso mazzo perché la collera non fa distinzioni.
Chi parla di mal di pancia fa finta di non capire cosa bolle nella profondità di una nazione,
in quegli strati sociali massacrati dalla crisi che non credono più a
una parola della politica tradizionale o nei compromessi: o noi o loro,
appunto. Quel rancore rappresenta il propellente di
un movimento che alle ultime elezioni ha raccolto quasi nove milioni di
voti e non ha tutti i torti il capo a dire che, senza il frangiflutti
grillino, la protesta avrebbe potuto esondare in una violenza di massa.
Poi ci sono quelli che pensano di votare Grillo per dare un ultimo
segnale all’immobilismo delle classi dirigenti, ma che lo faranno nel
segreto dell’urna perché sotto sotto sentono che esiste un rischio nel
lasciare troppo spazio a un fenomeno incontrollabile.
È la paura su cui punta Renzi,
convinto che il limite dei Cinque Stelle sia nella loro stessa forza
dirompente che non ha altro programma di governo se non la conquista
stessa del governo. Il premier sa benissimo che la sua vittoria è
affidata al timore dell’avventura e dell’ignoto che suscita
l’avversario, più che agli 80 euro o agli annunci di mirabolanti
riforme. La rabbia e la paura: mai elezioni furono più emotive.
p.s.
è
un punto di vista che condivido perchè credo che sia molto vicino alla
realtà delle cose nel loro divenire prima delle elezioni... a proposito
di elezioni: sapete, credo, che sono vietati, vero? Bene, fatta la legge
trovato l'inganno
su notapolitica.it
(non un bieco sito comunista e nemmeno un altrettanto bieco sito
grillino ma .... di destra, si proprio di destra) ce li spiattellano
sotto forma di .. corse ippiche; si proprio così.
Date un pò un occhiata.....
p.s.
se non fosse chiaro i soprannomi rappresentano proprio Renzi (Fan faron), Grillo (Igor Brick), Varenne (si proprio lui..)
buona lettura
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