Dal Fatto Quotidiano del 5 maggio 2014 a firma di Domenico Valter Rizzo
Una foto in bikini, scattata in vacanza e ri-pubblicata due giorni fa con una didascalia ironica sulla campagna elettorale. Un gesto provocatorio, per denunciare in modo ironico, l’oscuramento dei media nei confronti della lista Tsipras. Protagonista di questo gesto, a metà strada tra il serio e il faceto, è stata Paola Bacchiddu, una collega che da qualche mese coordina la comunicazione della Lista Tsipiras. Apriti cielo.
Le
sacerdotesse del femminismo, le Vestali della parità di genere, le
Erinni della difesa del corpo delle donne sono insorte. Con commenti ed
invettive degne di un domenicano sul pulpito, hanno dato la stura al
perbenismo bacchettone tipico di una certa “sinistra borghese”, da
sempre attentissima a predicar bene, ma rotta ad ogni compromesso quando
di mezzo c’è l’interesse personale. La sinistra dei salotti romani,
delle vacanze a Capalbio è scesa in campo con furore certo degno di
miglior causa. Paola – che guarda caso è una giornalista precaria
(si dice freelance per addolcire la pillola), ovvero una di quelle
tante colleghe che non ha fatto carriera, anzi non ha un lavoro stabile,
non perché non sia brava, ma magari perché forse certi compromessi non
li ha voluti proprio accettare – è stata linciata dal cerchio magico
delle donne “impegnate” a tirarsela e far carriera.
Fortunatamente
il suo gesto da Giamburrasca è stato invece capito fino in fondo dalla
stragrande maggioranza del popolo di Fb. Si, perché i commenti alla sua
foto sono in larghissima parte positivi.
Le
persone normali – è stata lanciata persino una campagna di solidarietà
verso la giornalista con dei selfie senza veli – hanno capito
perfettamente che si trattava di una provocazione, di un gesto anche autoironico per mettere alla berlina un sistema mediatico attento più al gossip,
che al diritto dei cittadini ad essere informati anche su una realtà
politica come quella della lista Tsipiras che invece è stata
letteralmente cancellata dai giornali che oggi se ne occupano solo per
le polemiche montate attorno al lato B della portavoce.
Tra i
tanti commenti che ho letto due mi hanno colpito. Una donna, si chiedeva
cosa sarebbe accaduto se invece di essere la foto di una donna ad
essere pubblicata con quella didascalia, fosse stata la foto di un uomo.
La risposta è ovviamente che non sarebbe accaduto nulla. Nessuno ci
avrebbe trovato niente da dire, perché noi maschi siamo padroni del
nostro corpo, possiamo mostralo e usarlo come ci pare, le donne no,
devono sempre obbedire a degli schemi, stare ingabbiate in una morsa di
codici, di comportamenti: possono essere quelli del mercato, quelli
dello stereotipo dell’apparenza, oppure i codici della chiesa della
sinistra borghese con i suoi tristissimi riti. Non possono mai essere padrone di loro stesse. Se provano a farlo, a mischiare le carte, a prendere in giro gli schemi, vengono lapidate di insulti proprio da quelle che, almeno sulla carta, sono impegnate a difendere la loro libertà.
Un
secondo commento è stato postato da un uomo che si chiedeva
giustamente se le sacerdotesse del politicamente corretto impegnate a
fare a pezzi la Bacchiddu, avrebbero usato gli stessi strali nei confronti dell’attivista tunisina che si è mostrata a seno nudo
(finendo in galera) per protestare contro l’integralismo. Ovviamente
no, l’attivista tunisina è un’eroina, la collega italiana una poco di
buono o, nel migliore dei casi, una pecorella caduta in errore da
redimere e ricondurre alla Chiesa dell’integralismo femminista.
Fa specie che nessuno si spenda così tanto quando ci troviamo davanti ad un uso del corpo femminile per costruire carriere
che altrimenti non avrebbero ragione di esistere. O meglio nessuna si
spende quando questa prassi, praticamente identica a quella che ha
portato a sedere in Parlamento o sui banchi del Governo le pulzelle care
a Berlusconi, viene praticata da donne di centro sinistra.
Quando si vede la mediocrità far carriera, accedere a candidature, ad
incarichi prestigiosi non solo nella politica ma anche in certe
professioni come la nostra, tutti abbozzano. Ho letto, a proposito di
questo scatto vacanziero, parole di fuoco contro l’uso del corpo delle
donne scritte da donne di sinistra (almeno sulla carta) che dovrebbero
spiegare attraverso quali meccanismi, partendo dal nulla, senza aver
fatto alcunché di significativo hanno fatto fulminanti carriere, sono
arrivate a programmi Rai, dove magari facevano ascolti da prefisso
telefonico, hanno ottenuto contratti lucrosi e visibilità ovunque.
Risposte che ovviamente non daranno mai. Almeno fino a quando non si
troveranno in una sera d’estate, su una terrazza romana con un Jep Gambardella che le metta di fronte alla Grande Tristezza delle loro vite.
p.s.
...
ha dimostrato originalità e ha toccato un nervo scoperto delle tante
vetero femministe moralisteggianti. Su facebook è partita una campagna
di tante donne che hanno fatto scatti come la Bacchiddu: anche questo è
liberazione delle donne... stavolta dalle, altre, donne.
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