lunedì 19 ottobre 2015

Tasse sulla prima casa: Renzi e la tattica elettorale di fare la voce grossa con l’Ue

dal Fatto Quotidiano; di | 18 ottobre 2015
Per chi vive all’estero sono sufficienti 24 ore in Italia per essere risucchiati in un vortice che riporta indietro nel tempo. Basta accendere la radio ed ascoltare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dichiarare a Radio 24 che la Commissione europea non ha nessun titolo per intervenire nel merito delle misure contenute nel bilancio del Paese. Alla retorica da italiano spocchioso, di cui  Silvio Berlusconi si serve per diventare il leader incontrastato del Paese, fa eco la solita risposta secca dell’Unione Europea: la base legale per intervenire e bacchettare Renzi la Commissione ce l’ha e l’Italia l’ha sottoscritta, si chiama “TwoPack, SixPack e Patto di Stabilità e Crescita”. Siamo nel 2015 o nel 2008?
Al centro della disputa una riforma alla Berlusconi, questa volta però ideata da Renzi, con il solito scopo di racimolare voti: l’abolizione delle imposte sulla prima casa. Una tassa che va a viene in Italia a seconda di come gira il vento politico. Naturalmente, la Commissione Ue è contraria, l’Italia non può permettersi di non tassare le prima casa, ma Renzi vuole far credere agli Italiani che il miracolo economico si è compiuto, che l’economia ormai va a gonfie vele e quindi si possono abbattere le tasse.
Ma andiamo avanti. L’impressione che Berlusconi si sia rincarnato e che a palazzo Chigi si trovi la sua versione 2.0 è forte, anche se al doppiopetto classico è subentrata la giacca aderente alla Hugo Boss! Identica è l’arroganza del leader attuale, in fondo anche lui guida il popolo degli ignoranti senza memoria. Ciò che conta è fare la voce grossa: se la Commissione boccia la legge di Stabilità noi gliela ripresentiamo identica, come a dire tanto in Europa comandiamo noi. Un tempo, non troppo lontano per i pochi che ancora hanno la memoria, e un altro leader italiano esprimeva identici sentimenti nazionalisti ed anti-europei gridando “Me ne Frego”.
Ma torniamo a Renzi, vale la pena riportare le parole giuste della sua sfida all’Europa. “Bruxelles è una istituzione a cui diamo 20 miliardi di euro ogni anno e ne prendiamo indietro 11. Ogni anno, quindi, diamo 9 miliardi all’Ue. Non ci può dire quali tasse tagliare. Se Bruxelles ti boccia la legge di Stabilità tu gliela restituisci tale e quale e fa uno pari”. Una frase che ben illustra l’ipocrisia dell’europeismo renziano ed in fondo anche italiano, noi in Europa ci volgiamo stare solo per prendere, ma questo è tristemente vero per tutti gli altri Stati membri. Ed ecco uno dei motivi per cui la crisi del debito sovrano è degenerata fino ad erodere l’economia di un intero continente e che ben illustra perché l’unione monetaria non funziona.
Il principio base di un’unione monetaria è l’omogenità delle economie che ne fanno parte, altrimenti i Paesi ricchi finiscono per arricchirsi a scapito di quelli meno ricchi. Esattamente ciò che è avvenuto nell’Unione Europea negli ultimi 15 anni. Onde evitare queste distorsioni, i Paesi più ricchi dovrebbero contribuire maggiormente al bilancio dell’unione rispetto a quelli meno ricchi. E dato che le tre economie più grandi sono quella tedesca, quella britannica e quella italiana, queste nazioni cedono all’Unione più di quanto ricevono.
A nessuno questa regola va giù ma gli inglesi sono gli unici ad averlo ammesso. Questo è uno dei motivi per cui Cameron ha promesso un referendum sulla permanenza nell’Unione. Ma non illudiamoci, anche lui usa la retorica nazionalista per illudere l’elettorato che la Gran Bretagna non ha bisogno di nessuno e così facendo racimola voti.
Cameron non vuole l’uscita dall’Unione o il Brexit, né Renzi cerca un testa a testa con Bruxelles. Nessuno dei due ha intenzione di contrariare Bruxelles, chi lo ha fatto non governa più. Si tratta di tattiche elettorali. E quindi, quando si deciderà ad indire il referendum, Cameron farà una campagna a favore dell’Unione e Renzi compenserà parte della perdita del gettito fiscale dell’Imu alzando altre tasse ‘nascoste’, tagliando altri servizi e potenziando l’economia sommersa, che ha appena riscontrato una vittoria epocale con l’aumento del limite dei pagamenti in contanti a 3.000 euro.
Come sempre in Italia il neo-liberismo vince, specie quando va a braccetto con l’evasione fiscale.

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