giovedì 17 settembre 2009

Nasiriya, Kabul, la prossima?

E ci risiamo. Altri 6 nostri figli se ne sono andati per sempre nel Vietnam afghano. Soldati mandati lì come "peacekeeper" ufficiali ma in realtà come unità combattenti; la domanda è: per cosa e per chi? SIA CHIARO CHE NON CRITICO IN UN MOMENTO DI DOLORE PROFONDO PERCHE' SAREBBE SCIACALLAGGIO E IO NON APPARTENGO A QUELLA SPEME ma ritengo comunque di fare alcune considerazioni che, anche se suonano scontate, ritengo necessarie per capire e aiutare a capire cosa ci facciamo lì?
Innanzitutto realmente difendiamo "libertà e democrazia" in quel paese? Si sono appena tenute le elezioni e sono stati denunciati brogli (si parla di oltre un milione di voti non chiari) elettorali e alleanze "elettorali" con personaggi che in qualunque stato di diritto starebbe in galera e la chiave andrebbe buttata via. Quello che è comunemente chiamato il "Sindaco di Kabul" è poco più che un'immagine dato che i talebani hanno il controllo di oltre il 40% del territorio afghano e con oggi hanno dimostrato che possono colpire nella stessa capitale con una notevole efficacia militare: stanno dimostrando di potersi muovere liberamente e che costringono i soldati, afghani e occidentali, a rintanarsi nei blindati o nei villaggi e nelle città, ossia la stessa situazione strategica in cui si trovarono i sovietici (quando noi chiamavamo gli attuali terroristi "combattenti per la libertà" e Osama era un reclutatore finanziato dagli ocidentali).
Chi ha fatto il casino è stato Bush nella sua vanagloriosa "guerra infinita" al terrorismo in seguito all'attentato alle Torri gemelle (ci sarebbe da spiegare come mai c'erano per quel paese gli interessi della unocal nella costruzione di pipeline - fondamentali per la strategia politica ed economica nella regione dato che proprio quel paese è un crocevia importantissimo per le risorse e il controllo di esse in concorrenza con Russia e Cina - e per farlo più di un'osservatore ha detto che era questo il reale motivo dell'invasione dell'Afghanistan; l'idea era semplice: loro tiravano giù qualche dittatore e gli altri, noi i paesi satelliti degli USA, passano a rimettere insieme i cocci. Come ben si è visto non è andata così anzi la propaganda sul burqa (mai eliminato) e sulle altre amenità è stata tambureggiante e ha fatto da background all'invasione ma in realtà, a parte qualche opera pubblicitaria, poco si è fatto per la popolazione civile (che potrebbe essere l'unico vero alleato nella guerra) che è rimasta più o meno com'era prima e rischia di diventare un serbatoio di combattenti non contro i "terroristi" ma contro di noi che li abbiamo invasi: non c'è la saggezza che ci fu dopo la seconda guerra modiale dove i "vincitori" crearono un piano marshall per la ricostruzione e, soprattutto, lo misero in opera.
Affermiamo una volta per tutte che lì i nostri soldati sono dentro una guerra, abbandoniamo l'ipocrisia delle parole. E se sono dentro una guerra a che pro? Per difendere chi o cosa? E' solo una questione di "immagine" internazionale del nostro paese laddove la Costituzione italiana dice chiaramente che l'italia ripudia la guerra?
Nell'inchinarmi ai morti del'attentato di Kabul; nel rispetto del dolore delle famiglie colpite nei loro affetti più cari; non posso, proprio per i motivi suindicati, che auspicare il richiamo dei nostri soldati da quel pantano. O dobbiamo aspettare la prossima strage per ritornare a parlare di una guerra che non ci appartiene e a cui vi siamo costretti solo perchè dietro essa c'è il solito interscambio "negoziale" fra i potenti del pianeta nel perpetuare il proprio potere su esso?

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