domenica 15 settembre 2013

Governo Letta, la mossa che dovrebbe fare il M5S

un consiglio cui sento di associarmi ..... in questo articolo c'è il concentrato di quello che penso, e dico, su "che (cosa dovrebbero) fare" i pentastellati in questi frangenti evitando gli errori, si fa per dire, di qualche mese fa: quel 10% perso è tutto lì.
dal Fatto Quotidiano del 15/9/2013 a firma di Andrea Scanzi
Secondo un sondaggio di Swg, trasmesso da Agorà venerdì 13 settembre, il Pdl è al 28. Il Pd al 26. E Movimento 5 Stelle al 20.5.
Per quanto i sondaggi siano spesso sbagliati, soprattutto su M5S, la cifra riguardante  il centrodestra dimostra come in Italia non ci sia né forse mai ci sarà speranza. Almeno un elettore su quattro voterà sempre Berlusconi. Anche se su di lui scoprirà di tutto. Soprattutto se su di lui scoprirà tutto.
Il ricatto eterno di questi mesi è: “Letta o morte“. Chiunque auspichi la caduta di Letta viene tacciato automaticamente di sfascismo. Irresponsabile lui, illibati i lettiani. E Napolitano a vigilare sul tutto, dettando la linea e decidendo come gli pare.
E’ qui che il ruolo di M5S diventa decisivo. Dopo tre mesi passati in gran parte a sbandare e sbagliare, il Movimento ha indovinato molte mosse. Da Rodotà in poi, al di là del raggelante harakiri-Gambaro, è stata trovata la strada giusta. Nella lotta in difesa della Costituzione, nello smascheramento dell’ipocrisia altrui, nella richiesta (puntualmente negata) del voto palese. Il sempre ilare Grasso e la sempre preside Boldrini sono molto simpatici: la Costituzione si può violentare, con buona pace dell’articolo 138 che ne rappresenterebbe l’architrave inviolabile, ma se uno osa anche solo ipotizzare di cambiare qualche procedura del regolamento al Senato, o addirittura sale sul tetto per difendere i Padri Costituenti, la Maestrina del Decoro Presunto Boldrini sospende gli alunni. Chiedendo, magari, che tornino a scuola (ops in Aula) con il quaderno firmato dai genitori, o da Grillo e Casaleggio.
C’è però una cosa su cui il Movimento continua a sbagliare. Quello attuale è uno scenario simile a quello del secondo giro di consultazioni. Era giusto dire no alle finte avance di Bersani, che faceva solo scouting ed elemosinava un appoggio esterno per poi inciuciare liberamente (come hanno confermato sia lui che Marina Sereni), ma fu erratissimo andare da Re Giorgio al secondo giro di consultazioni senza fare nomi. Che pure c’erano. Li avevano in tasca: Rodotà, Zagrebelsky, Settis.
So bene qual è la risposta a tale critica, rivolta subito da me come da Flores D’Arcais, Travaglio (“autoscacco a 5 Stelle”) e altri milioni di italiani: “Fare il nome non sarebbe servito”. Lo so bene. Napolitano non darebbe l’incarico ai 5 Stelle neanche se fosse l’ultimo movimento politico rimasto sulla Terra. Pur di contrastarli, Re Giorgio sarebbe disposto perfino a fingersi di sinistra.
“Fare il nome” sarebbe però stato ugualmente decisivo, perché avrebbe tolto al Pd l’alibi eterno che ancora oggi usano malinconicamente: “Le larghe intese sono colpa di Grillo”.
L’accusa di “saper dire solo di no” è intellettualmente disonesta, ma diventa più che credibile ogni volta che M5S sembra giocare solo e soltanto di rimessa. Sarebbe stata – oltre che coerente e nobile – una mossa concretamente inefficace, ma politicamente e strategicamente impeccabile.
Adesso stiamo vivendo la stessa situazione. Il governicchio Lettino deve cadere. Un Letta Bis sarebbe un Frankenstein orripilante e chiunque lo appoggerà tra i 5 Stelle si chiamerà automaticamente fuori, perché sputerà in faccia al patto stipulato con gli elettori.
Tornare al voto subito? Sempre meglio che tenersi Letta, ma ci sarebbe ancora il Porcellum. Che Grillo combatte dall’8 settembre 207 (primo V-Day), ma che è sembrato difendere in quel post bilioso sul ritorno al voto (“così vinciamo noi”).
E’ di nuovo il momento di fare scacco matto al Pd. Neanche ci vuole tanto: basta fare qualcosa, e loro poi sbagliano da soli. Sono bravissimi, in questo e solo in questo. Se M5S attende e gioca unicamente di rimessa, vince il premio Duri&Puri 2013 ma passa di nuovo per forza di mera opposizione che si compiace se il mondo va a rotoli, perché “loro l’avevano detto”.
Lo scacco matto è facile, facilissimo: proporre, subito, un governo con nomi autorevoli. Una lista con tanto di Premier e ministri. Settis Premier, Zagrebelsky alla Giustizia, Elena Cattaneo alla Ricerca Scientifica, eccetera. I nomi sceglieteli voi, non mancano. Si contattano i diretti interessati e si propone la lista dei sogni a Pd e Sel. Un governo di scopo, che duri al massimo un anno, faccia due o tre cose (a partire dalla legge elettorale) e poi voto. Ci state o non ci state? Si firma e si parte.
Mi si dirà: Sel accetterà, il Pd rifiuterà. Bene, cioè male: non sarà comunque più un problema di M5S. Risulterà chiaro che è il Pd a volere l’inciucio e non il M5S. Proprio come accadde con Rodotà candidato al Quirinale. Se il M5S avesse giocato di rimessa anche per la corsa al Quirinale, oggi non avrebbe il 20.5 (destinato forse a crescere) nei sondaggi. Invece propose un nome. Perse in Aula ma vinse in piazza, perché mise a nudo l’ipocrisia tracotante dei gerarchi piddini.
Gli iper-ortodossi, proprio come accadde durante le consultazioni con Napolitano, mi diranno che proporre una cosa sapendo già che verrà bocciata dalla “Casta” significa prendere in giro gli elettori. Mentre loro, invece, sono puri e fighi: “Che senso ha ipotizzare uno scenario se tanto Pd e Napolitano non lo accetteranno mai?”. Ha un senso molto preciso. Significa dimostrarsi anche propositivi e non avere paura di assumersi responsabilità.
Proporre il “governo dei sogni” non è prendere in giro gli elettori, casomai dimostrare che sono gli altri (rifiutando) a umiliare continuamente l’elettorato. Volete fare la rivoluzione, come amate ripetere? Bene. La rivoluzione si fa anche così. Non solo prendendo una birra e dicendosi al pub “Oh quanto son stato figo oggi alla Camera” (prassi, beninteso, che comprendo e anzi nel mio piccolo incentivo).
Non ignoro che Gianroberto Casaleggio sia qui scettico, non tanto per ideologia quanto per “procedura irregolare”. Lui dice: “Sì, ma chi lo ha scelto Settis? Chi lo ha scelto Zagrebelsky? Travaglio? Flores? Scanzi? Pluto?”.
A tale eccezione procedurale potrei rispondere che non è difficile immaginare i nomi preferiti dalla “base” dei 5 Stelle: non ci voleva un genio per prevedere che il nome spendibile al Quirinale sarebbe stato Rodotà. Poiché però Casaleggio è duropurista come pochi, rispondo: d’accordo, fate subito una consultazione come per le Quirinarie. Una cosa veloce e si spera più credibile, con voto più allargato e calcolo del risultato finale più rapido. Chiedete agli iscritti: “Chi vorreste Premier?” Vedrete che i primi nomi spendibili, dopo gli ottimi Gino Strada, saranno quelli lì: Settis, Rodotà, Zagrebelsky. A quel punto anche il “regolamento” tanto caro a Casaleggio sarà rispettato. E la proposta potrà essere fatta. Una proposta che ridarà speranza agli elettori. Poi, ovvio, il Pd dirà di no. Letta dirà che è impossibile, Renzi cincischierà che non siamo all’asilo e Napolitano farà un monito rutilante sui massimi sistemi.
Pazienza: i 5 Stelle avranno comunque fatto tana al centrosinistra, liberandosi dell’accusa di dire solo “no” e dimostrando che dagli errori passati qualcosa hanno imparato.

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