di Andrea Tundo | 11 giugno 2014
“Lo
spirito della Coppa, qui, ancora non si sente. E non potrebbe essere
altrimenti, poiché finora abbiamo pagato le conseguenze dell’evento”. Barbara Olivi
vive la Rocinha da 14 anni, quando ha lasciato il suo lavoro da agente
immobiliare a Milano per trasferirsi nella più grande delle 1024 favelas
di Rio de Janeiro. Alla Rocinha, che vuol dire “piccolo orto” perché i
primi a insediarsi erano tutti contadini, abitano in duecentomila: una
città grande come Trieste o Brescia. “E come in ogni paese, così come in ogni favela, anche qui si vivono gioie e dolori’. Che Barbara prova a esaltare e alleviare con la sua onlus “Il sorriso dei miei bimbi“. E, pesando il Mondiale, la sua bilancia tende dalla parte dei dolori.
Con l’avvicinarsi della Coppa del Mondo si è scritto di tutto sulle favelas. Com’è la situazione alla Rocinha?
Se vivessimo in Italia la stessa repressione saremmo già impazziti.
Mentre qui, nonostante la fogna e la mancanza di strutture vince
comunque la voglia di andare avanti. Nella foga di sopravvivenza si
finisce però per non correre verso i propri diritti. Dev’essere questo
il tema principale quando si parla di favelas, prima ancora della
povertà. A Rocinha ci sono gli indigenti e i ricchissimi, che fuori da
qui non lo sarebbero perché dovrebbero pagare tasse e bollette. Ma
tutti, oltre i confini della favela, vengono emarginati e non sono visti
di buon occhio. La realtà è che per ogni narcos abbiamo 80 lavoratori e
uno zoccolo duro di 19 fancazzisti. I trafficanti di droga
sono però armati e questo porta spesso a conflitti a fuoco con la
Polizia, che diventano gli unici avvenimenti per cui la Rocinha fa
notizia.
Però che polizia e favelas vivano un rapporto sempre più complicato è innegabile.Dopo
il periodo di terrore seguito alla “pacificazione” del 13 novembre
2011, oggi viviamo sotto il controllo massiccio dell’UPP (unità di
polizia pacificatrice, ndr), fattosi più stringente nell’ultimo mese.
Ci sono tre categorie di agenti dell’UPP: gli anziani, corrotti e con
il chiodo fisso del guadagno, i giovani idealisti che credono nella
loro opera di pacificazione e i ragazzi che entrano in polizia per
avere accesso libero all’università. Quest’ultimi sono tanti, non sono
preparati e hanno paura quando scattano situazioni di pericolo.
Dall’altra parte trovano loro coetanei che hanno preso piede dopo gli
arresti massicci delle vecchie guardie del narcotraffico. Sono giovani
contro giovani: si cagano addosso quando è il momento di sparare. Accade
sempre più spesso che ci scappi il morto e a volte si tratta di
passanti del tutto estranei.
L’inasprimento del conflitto è una conseguenza dell’avvicinarci della Coppa del Mondo?Vivendo
qui non può sfuggire che l’ordine di alzare il livello di repressione
sia palese: entrano, sparano, ammazzano. Avviene soprattutto nella zona
alla base della montagna dei Due Fratelli. Se un poliziotto trova un
ragazzo armato, apre il fuoco. È successo l’ultima volta neanche due
settimane fa, alle 2 del pomeriggio.
La “questione favelas” come viene trattata dalla stampa?
I
media brasiliani cercano di non parlarne, evidenziando solo le
operazioni di polizia. I giornalisti stranieri si dividono in due scuole
di pensiero: “esaltare le storie eccezionali” oppure “violenza,
violenza, violenza”. La realtà è che siamo finiti sotto i riflettori per
i Mondiali, ma qui lo spirito della Coppa non è ancora arrivato.
Un
paradosso, tenendo conto che gli strati più poveri della popolazione
brasiliana sono il cuore pulsante della passione per il calcio.L’assegnazione
dei mondiali al Brasile è stata motivo di orgoglio anche qui. Però i
benefici si sono fermati un passo prima d’entrare alla Rocinha e in
qualsiasi altra favela. La Coppa è costata tanto al settore pubblico. E
questa gente ne paga le conseguenze sulla propria pelle. Sono cresciuti
i prezzi e le infrastrutture pensate e iniziate non sono ancora state
portate a termine. Quelle ultimate, penso agli stadi, sono diventati
inaccessibili.
In che senso?Il
Maracanà è sempre stato un simbolo del popolo, oggi è un posto per
ricchi. Il prezzo più basso per una partita è di 80 reais, il salario
minimo di un brasiliano è di 780. Chi spende il 10 per cento dei propri
guadagni per vedere una partita di calcio? Oppure pensate ai trasporti, miccia delle proteste dello scorso anno durante la Confederations Cup.
Le cooperative di tassisti create nelle favelas sono state cancellate e
non compensate con un servizio che funzioni. Contestualmente il prezzo
dei bus è cresciuto. Vuol dire che la gente per andare a lavorare
spende di più e impiega più tempo.
Le Olimpiadi del 2016 sono alle porte. Temete un secondo round di repressione e rincari?Spero
innanzitutto che si plachi l’onda repressiva. Contestualmente i lavori
pubblici che procedono a rilento dovranno arrivare a termine. Questo
avrà un risvolto positivo sotto il profilo dei servizi ma allo stesso
tempo la tanta manovalanza proveniente dalle favelas si ritroverà senza
un lavoro. E parliamo di persone che attualmente portano a casa uno
stipendio di 1400 reais al mese, più buoni basto e trasporti gratuiti.
Sarà un Mondiale in tono minore, insomma?I
primi addobbi per la Selecao iniziano a vedersi in questi giorni.
L’associazione degli abitanti ha proclamato una competizione per la
strada con il miglior allestimento: si vincono carne e birra per un
barbeque. Nella via Apia, una delle principali della Rocinha, verrà
installato un maxischermo. Rimaniamo comunque nell’ambito del “normale”
per un popolo che ha fatto del calcio una parte integrante della
propria vita. Qui anche dei sacchetti di plastica sono buoni per
improvvisare una partita. L’abilità e il genio con la palla tra i piedi
sono questioni congenite e restano una speranza per passare
dall’emarginazione al mito.
p.s.
e cosa vuoi aggiungere? Qui c'è già gente che si sta allenando le kiappe per le ore passate sul divano...
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