Fonte: Il Fatto Quotidiano del 4 gennaio 2015 a firma di Loretta Napoleoni
Nel 2015 il Grexit, l’uscita della Grecia dall’Euro, non fa più paura a nessuno, perche? La risposta è semplice: la composizione del debito greco è cambiata radicalmente. Ed infatti, a metà del 2014 soltanto il
16 per cento era nelle mani del settore privato, mentre il resto del
debito lo detenevano governi ed organizzazioni sovranazionali, tra cui
la Banca Centrale Europea ed il Fondo Monetario. Ecco svelato il motivo per cui ai mercati importa poco se alla fine di gennaio la probabile vittoria di Syriza riaccenderà il dibattito parlamentare sull’uscita dell’Euro ma anche una possibile vittoria del fronte euroscettico; anche se tutto ciò avvenisse le conseguenze per l’eurozona sarebbero minime.
Nessuna banca, fondo d’investimento o finanziaria tedesca o francese
si troverebbe in serie difficoltà, chi aveva in portafoglio il debito
greco ha infatti avuto negli ultimi cinque anni tutto il tempo di
sbarazzarsene rivendendolo, grazie all’intermediazione dell’Unione
Europea, a governi, istituzioni sovranazionali o a spregiudicati
speculatori. In altre parole, le conseguenze peggiori del Grexit per i mercati finanziari sono state rimosse ed il prezzo è stato la contrazione
dell’economia greca, che in cinque anni si è ridotta di circa un
quarto. I greci hanno pagato e continuano a pagare per gli errori
commessi dai loro politici su consiglio dell’alta finanza e con il
beneplacido dell’Unione.
Oggigiorno i mercati sono più interessati al Qe (quantitative easing) di Mario Draghi,
e cioè la promessa di sottoscrivere direttamente, non attraverso
l’intermediazione delle banche, il debito pubblico dei singoli stati
membri stampando carta moneta. Una politica che nel 2010, quando la si
poteva usare per salvare la Grecia, appariva inconcepibile ma che oggi, a
cinque anni di distanza, rappresenta l’ultima speranza
per evitare la deflazione dell’intero continente. Difficile evitare
questa piaga economica dal momento che tutti gli indicatori puntano in
questa direzione, incluso quello rappresentato dal prezzo del petrolio
che continua a scendere. Anche se dovremo aspettare la prossima
settimana per avere la conferma che la riduzione dei costi energetici ha spinto il tasso d’inflazione di Eurolandia sotto zero, tutti sanno che l’inflazione in Europa è un fenomeno del passato.
Se davvero il tasso d’inflazione
scende sotto zero, le rassicurazioni verbali di Mario Draghi non
basteranno più a calmare il mercati, la Bce dovrà finalmente
intervenire e seguire l’esempio della Riserva Federale, che ha iniziato il Qe all’indomani del crollo della Lehman Brothers, specialmente tenendo presente che il 2015 inizia con un’attività economica nell’Eurozona più bassa che all’inizio del 2008.
Ed ecco le previsioni per il 2015:
crescita dell’Eurozona ancora anemica, probabilmente anche negativa,
nonostante Draghi darà fondo alle presse, il Qe arriva infatti tardi,
troppo tardi per trainare l’economia europea fuori della deflazione;
possibile uscita della Grecia dall’Eurozona il cui impatto sui mercati
mondali verrà attutito e forse anche neutralizzato dal Qe della Bce;
ulteriore contrazione dell’economia greca quale conseguenza immediata
dell’uscita dall’Euro, ma con ripresa a partire dal 2016; caduta del tasso di cambio dell’euro
ed aumento di quello del dollaro, che a detta di Bloomberg chiuderà il
2015 a $1.18 contro la moneta unica europea; aumento della disoccupazione,
specialmente di quella giovanile, in Europa e riduzione di questa
negli Stati Uniti; ripresa dell’economia americana, che nel 2015
tenterà di alzare i tassi d’interesse.
Il vecchio continente sembra dunque destinato a ripetere l’esperienza giapponese del decennio perduto, una decade di stagnazione
che nel caso del Giappone perdura da più di vent’anni. Sul piano
politico questo fenomeno sta polarizzando gli stati membri dell’Unione
Europea: da una parte nei paesi con forti debiti, come la Grecia, l’Italia e la Spagna, si fanno strada movimenti e partiti anti-austerità,
dall’altra nel centro dell’Europa, inclusa la Francia, aumenta il peso
di quelli di destra xenofobici. Assistiamo quindi non solo
all’impoverimento del continente attraverso la deflazione, ma anche al
consolidamento di una spaccatura politica creata da decisioni economiche
sbagliate e dalla precoce introduzione di una moneta unica. Davvero un
bel bilancio per l’inizio del nuovo anno!
p.s.
... in
poche parole li hanno fregati: i politici li hanno fregati perchè hanno
badato soprattutto salvare gli accordi piuttosto che a seguire
l'interesse dei loro stessi elettori! La Grecia non fa più paura ma temo
che anche gli altri paesi non spaventano più i mercati finanziari hanno
già scontato il rischio. Un compito arduo aspetta Syriza e Podemos e
gli altri: sia perchè il problema rimane sia perchè solo se hanno
coraggio possono far uscire i paesi dalla crisi e fare da battistrada
per gli altri.
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