Fonte: Il Fatto Quotidiano del 13 aprile 2015 a firma di Roberto Marchesi
Come
è ampiamente noto ormai, quando si tratta di mettere regole alla
“libera” operatività di banche e finanziarie, necessaria a limitare
certi rischi, loro non ne vogliono sapere, e le loro potentissime lobby hanno fin qui sempre vinto ogni partita nel Congresso, trovando sempre ogni maggioranza necessaria a far desistere chiunque volesse mettere più controlli.
Adesso però ad agitarsi per chiedere a Daniel Tarullo, l’uomo della Federal Reserve
preposto alla supervisione delle regole sulle attività finanziarie un
intervento utile a limitare qualche rischio sono proprio i due maggiori
esponenti americani nel mercato dei derivati finanziari: il colosso
bancario Chase Bank e la Black Rock,
leader globale negli investimenti e gestioni finanziarie. La loro
preoccupazione è dovuta al fatto che, secondo molti operatori del
settore, le Clearinghouses, cioè le piattaforme di transito controllo e garanzia delle principali operazioni sui derivati (vedi nota 1) in realtà potrebbero molto presto diventare esse stesse la miccia capace di dare il via alla nuova grande crisi.
Questo perché, come è ormai convinto persino Thomas Hoenig, vice presidente della Federal Deposit Insurance Corp., facendo
semplicemente affidamento su queste istituzioni, invece che attivare
adeguati filtri, si è finito per concentrare il rischio su poche entità
istituzionali (le Clearinghouse) e sarebbe perciò
sufficiente il crollo di una di queste per coinvolgere nella crisi un
gran numero di banche e avviare quella tremenda reazione a catena già
vista nel 2008. Quando una operazione è transitata attraverso una
Clearinghouse si ritiene che quella operazione sia sicura e coperta da
rischio perché sia le banche che effettuano le transazioni sia le stesse Clearinghouses, garantiscono con specifico capitale accantonato, e in caso estremo anche col proprio capitale sociale, la copertura del rischio.
Ma
questo potrebbe diventare il punto di debolezza, e di rottura, se il
capitale a disposizione per coprire il rischio diventasse
insufficiente.
Benché a seguito della crisi siano state emanate nuove regole che impongono una maggiore capitalizzazione delle banche (poi controllate dai periodici “stress test”)
è assai poco probabile che i capitali accantonati a copertura dei
rischi derivanti da queste operazioni siano sufficienti a coprire
l’intero rischio qualora una reazione a catena si instauri.
Ora,
benché siano le stesse maggiori banche a contribuire e detenere il
capitale delle Clearinghouses, esse (o perlomeno quelle che ne
determinano l’indirizzo) non ritengono che sia necessario incrementare
il capitale delle Clearinghouses, perché queste svolgono solo funzioni
di controllo sulle operazioni in transito, e non di trading.
Sia come sia, il fatto è che in un mercato dei derivati finanziari che continua ad allargarsi (il solo mercato degli Swaps
si calcola che valga qualcosa attorno ai 700 trilioni di dollari,
ovvero 700mila miliardi) sembra del tutto ridicola questa diatriba tra
le banche e le loro controllate clearinghouse su chi debba accantonare
qualche centinaio di milioni in più, col rischio di perderli, solo per far credere che il mercato dei derivati finanziari è sotto controllo.
Palesemente
non lo è, ma questa diatriba ci fa almeno capire che la miccia della
prossima crisi è già accesa, l’unica cosa ancora ignota e’ quanto sia
lunga la miccia.
(1) Clearinghouses per derivati: piattaforme istituzionali per lo di scambio dei derivati finanziari tra le banche. Incluse nella riforma “Dodd-Frank”
del 2009 per dare maggiore sicurezza e trasparenza a queste transazioni
finanziarie, ma dopo la sconfitta elettorale dei democratici nel 2010,
la riforma non ha potuto essere completata.
Le maggiori Clearinghouse operanti oggi sono CME Group Inc., Intercontinental Exchange Inc. e LCH.Clearnet Group Ltd.
p.s.
conoscendo un minimo di storia economica del capitalismo quanto raccontato nell'articolo non è cosa nuova; già nel '29 (in
realtà si data a questo anno la "crisi" ma essa cominciò prima, molto
prima..... fra il 1917 e il 1918 almeno con la crisi di liquidità delle
Save & Loan che erano fuori dal sistema della FED, banca privata di
proprietà di alcuni gruppi finanziari che lavora in concessione per
conto dello Stato.. il controllato che controlla il controllore ....
nulla di nuovo quindi, e che facevano gola ai vari Rockfeller e co. per
la montagna di denaro che gestivano per conto di famiglie, lavoratori
ecc., e che, causa voci incontrollate di perdita di liquidità, fallirono
in meno di 24 ore per l'afflusso enorme di utenti che volevano indietro
i propri soldi: tutto falso naturalmente ..... ma bastò a farle
chiudere e a farle entrar nel sistema FED dove furono facile preda dei
soliti noti di cui sopra) c'erano problemi sollevati riguardanti
chi dovesse rimanere con il cerino acceso: l'esito quella volta fu
"spiacevole" per questi criminali perchè anche se lo Stato voleva farlo
c'era il "pericolo comunista" alle porte e gli americani potevano
trovare attraente cambiare rotta.. quindi Roosvelt tenne duro
sventolando il classico drappo davanti ai suindicati riuscendo a imporre
tasse altissime ai certi ricchi e staricchi (le tasse sul patrimonio di
questi qui raggiunse in certi periodi anche il 200% del valore
pre-crisi) e con i soldi creò l'esperimento della Tennesee Valley
Authority, il famoso "fare un buco per poi ricoprirlo", dove riuscì a
dare forti iniezioni all'economia reale applicando, quasi alla lettera,
le teorie di Keynes..... erano le basi del moderno Welfare e della
rinascita dell'economia. Con la II° guerra mendiale (...) uscirono dalla
crisi. Ora la situazione si ripete, per l'ennesima volta e il gioco del
cerino è ripreso: solo che non c'è nessun pericolo all'orizzonte, solo
.... frustrazione, povertà e tutto quello che i padroni del vapore
riescono a propinarci!
Nessun commento:
Posta un commento