domenica 12 aprile 2015

Crisi, come è cambiato l’homo economicus

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 12/4/2015 a firma di
La rivoluzione tecnologica creata dall’avvento della rete, la nascita insomma del business.com, venne definita negli Stati Uniti New Economy. Forse sarebbe stato meglio usare un termine diverso, ad esempio “il nuovo settore dell’economia”, perché in fondo la New Economy faceva sempre parte dell’Old Economy, quella tradizionale, governata dai fondamentali d’economia, tra cui il tasso d’interesse.
E’ più corretto parlare oggi di New Economy dal momento che si stanno verificando fenomeni nuovi, che influenzano il comportamento razionale dell’homo economicus e quindi il funzionamento dell’economia e della finanza. Tra questi il più importante è la comparsa per la prima volta nella storia finanziaria del tasso d’interesse negativo per le obbligazioni del debito pubblico. Cosa significa? Che l’investitore paga per detenerle nel tempo. Cerchiamo di capire prima di tutto perché un tasso d’interesse negativo è un fenomeno nuovo.
Esistono due definizioni di tasso d’interesse che si riferiscono al valore del denaro nel tempo, la prima è quella del tasso di mercato il cui valore viene deciso dall’incontro della domanda e dell’offerta. E questo è chiaro: più alta è la domanda per le obbligazioni di stato di un paese minore sarà il tasso al quale quest’ultimo deve indebitarsi. E’ quanto abbiamo visto con i Bund, i titoli di stato tedeschi subito dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano europeo, molti investitori hanno venduto le obbligazioni dei paesi della periferia di Eurolandia per acquistare quelle della Germania. Grazie all’aumento della domanda è sceso il tasso d’interesse sui Bund e la Germania ha potuto rifinanziare il proprio debito pubblico a tassi sempre più bassi. Quando la domanda supera costantemente l’offerta è tecnicamente possibile che il tasso d’interesse diventi negativo.
La seconda definizione si riferisce al tasso d’interesse naturale, e cioè il valore più elevato attribuito al bene presente rispetto a questo stesso nel futuro. Il comportamento razionale dell’homo economicus è dunque preferire la soddisfazione presente di un bisogno a quella futura. L’altra faccia di questo concetto è il valore della rinuncia, sono disposto a cedere un dollaro oggi solo se tra un anno mi verrà restituito un valore maggiore. La differenza è il prezzo della mia rinuncia o il tasso d’interesse naturale.
Negli ultimi giorni gli economisti hanno dibattuto il significato delle obbligazioni di stato negative. La prima emissione è quella della Svizzera: 377,9 milioni di franchi con maturità nel 2025 e 2049. Il tasso d’interesse sul decennale è stato 0,055 per cento, quindi negativo. Le opinioni sono divise in due campi: c’è chi sostiene che anche il tasso d’interesse naturale può diventare negativo e chi invece sostiene che questo comportamento sarebbe anormale e produrrebbe cambiamenti disastrosi nel comportamento economico ed anche nell’economia di mercato.
Difficile prendere posizione su questa disputa però è possibile illustrare il perché il debito nel tempo deve generare ricchezza e quindi necessita un interesse positivo.
“Immaginate due villaggi separati da un grande fiume, che non hanno le risorse necessarie per costruire un ponte, un collegamento essenziale che faciliterebbe gli scambi e produrrebbe ricchezza per entrambi. I sindaci si accordano e chiedono un prestito per costruirlo, così facendo attingono dalla ricchezza futura che quel ponte produrrà per i due villaggi. Naturalmente chi si indebita non sono i sindaci ma tutti gli abitanti, che usano i guadagni futuri per realizzare l’opera che li renderà possibili nel tempo. Il debito è dunque un’astrazione creata dall’uomo che consente di utilizzare denaro futuro al fine di realizzare oggi l’investimento produttivo che lo genererà. Una sorta di profezia che si auto-avvera. Grazie a questo finissimo artificio, che in natura non esiste, l’umanità nel corso dei secoli ha potuto sganciarsi da un orizzonte più povero e con molte meno opportunità e migliorare la propria condizione.
Il debito, dunque, non è di per sé negativo, anzi, uno dei motori del progresso è stata l’emissione di titoli di debito, o mezzi di scambio, primo tra tutti il denaro. Ovvero qualsiasi oggetto o simbolo che «sta per» un determinato valore, pur non essendo tecnicamente di valore nel senso in cui lo è, per esempio, la pepita d’oro che esce dalle viscere della terra. Si tratta di ciò che gli anglosassoni definiscono fiat money, una ricchezza astratta che si concretizzerà nel tempo. Questa costruzione filosofica, nata dall’ingegno dell’uomo, è una delle più grandi invenzioni dell’era moderna.” (da Democrazia Vendesi)
E’ evidente che se l’individuo accetta di sottoscrivere un debito con lo stato ad un tasso d’interesse negativo non si aspetta una crescita economica ma una contrazione. La scelta è dettata da due ipotesi: qualsiasi altro investimento gli farà perdere più soldi oppure i tassi nel tempo diventeranno ancora più negativi, e quindi si aspetta una deflazione ancora più seria di quella attuale, e quindi il valore delle obbligazioni acquistate oggi sarà maggiore di quelle future.
In entrambi i casi le aspettative dell’homo economicus sono negative ed il suo comportamento non è più dettato dal desiderio di massimizzare il guadagno ma dalla riduzione della perdita. Ciò significa che l’esempio del ponte di cui sopra non esiste più, il debito contratto non crea ricchezza ma va a coprire perdite presenti e future. Uno scenario incomprensibile ma, ahimé, tristemente reale.
p.s.
poco o nulla da aggiungere e commentare da parte mia: ha ragione da vendere .....

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