In Islanda manifestazioni di piazza contro il governo Putin contrattacca: “E’ solo una montatura della Cia”.
ROMA
– Le prime indagini dei governi, dall’Australia all’Europa, con
l’Agenzia delle Entrate pronta ad acquisire i nomi dei cittadini
italiani coinvolti. L’Islanda che scende in piazza contro il premier
Gunnlaugsson. Putin che grida al complotto occidentale. Una raffica di
smentite (Montezemolo), minacce di querela (Leo Messi), imbarazzati “no
comment” (David Cameron). È un’onda d’urto che si allarga e aumenta di
intensità quella dei Panama Papers, il giorno dopo la diffusione degli
11,5 milioni di file dello studio legale Mossack Fonseca.
La
boutique fiscale al centro di una giungla di società offshore, scatole
cinesi e prestanome, con fronde nei paradisi fiscali ma radici ai
quattro angoli del globo, e legami con politici di ogni regime e
colore. Pratiche non sempre illegali, ma che secondo il Consorzio
internazionale di giornalisti investigativi (Icij) che le ha
analizzate, potrebbero nascondere episodi di elusione, evasione fiscale o
riciclaggio.
MESSI: “A MIA INSAPUTA”
Ne
sono convinte anche le autorità di mezzo mondo. Le prime a muoversi
ieri sono state quelle australiane, seguite poi da India, Stati Uniti,
Israele e da diversi governi europei. La Svezia ha chiesto al
Lussemburgo notizie sull’attività di Nordea, prima banca del Paese, la
cui filiale locale avrebbe facilitato l’evasione fiscale dei clienti.
Dopo le parole del presidente François Hollande, «tutte le informazioni
daranno luogo a inchieste», la procura nazionale francese ha aperto
un’indagine preliminare per frode fiscale aggravata. Le autorità
tributarie inglese e olandese hanno chiesto all’Icij l’intero database
di dati. E nella stessa direzione si sta muovendo anche l’Agenzia delle
Entrate italiana, che in queste ore sta mettendo a punto le strategie
per ottenere i documenti e attivare le relative indagini. In Spagna
sono al lavoro sia la Procura nazionale che il Tesoro, per analizzare
le denunce dei redditi dei cittadini che compaiono nei documenti
dell’inchiesta. Compresa quella di Leo Messi, che nel 2013, dopo
l’accusa di frode fiscale, avrebbe acquisito una società a Panama, la
Mega Stars Enterprises, girando lì i proventi dei suoi diritti di
immagine: «Esiste, ma non per fini fiscali», ha risposto il calciatore,
annunciando querele. «Io non guardo, firmo quello che papà mi dice di
firmare ». Il governo panamense, intanto, si è detto «pronto a
cooperare ».
DIFESA E CONTRATTACCO
In
attesa di quelli giudiziari però, i primi verdetti saranno politici.
Giovedì il parlamento islandese voterà la mozione di sfiducia promossa
dalle opposizioni contro il premier Sigmundur David Gunnlaugsson, che
insieme alla moglie controllava fino al 2009 una società offshore mai
dichiarata, la Wintris delle Isole Vergini, che vantava dei crediti nei
confronti delle maggiori banche del Paese, nazionalizzate dopo la
crisi finanziaria. «Non mi dimetto per questo», ha dichiarato ieri,
dopo che venti giorni fa, a domanda sul tema, aveva abbandonato lo
studio dell’emittente Svt. Migliaia di persone si sono radunate nel
centro di Reykjavik, proprio come ai tempi del collasso del sistema
creditizio, per chiedergli di lasciare. Nessuna protesta invece in
Russia, dove i media hanno silenziato le rivelazioni sulla rete di
società offshore da 2 miliardi di dollari riconducibile, secondo il
Guardian, a Putin in persona. «Montature della Cia per destabilizzare
il Paese», ha replicato il Cremlino, parlando di «Putinofobia»
dell’Occidente. Mentre il blogger anti corruzione Alexei Navalny ha
annunciato di voler promuovere «azioni legali concrete» contro il
presidente.
DALL’UCRAINA AL MESSICO
Sono
140 i politici coinvolti nell’inchiesta, in 50 Paesi. Il presidente
ucraino, il filo occidentale Petro Poroshenko, accusato di aver creato
una società offshore alle Isole Vergini evadendo milioni di dollari di
tasse, si è difeso dicendo di aver abbandonato la gestione diretta dei
propri affari dopo essere stato eletto, nel 2014. Ma proprio su di lui
il quotidiano russo Novaia Gazeta ha annunciato nuove rivelazioni,
mentre le opposizioni chiedono una procedura di impeachment. Negano
illegalità anche il presidente argentino Mauricio Macri (una società
alle Bahamas) e quello messicano Enrique Pena Nieto. Mentre la liquida,
o almeno ha tentato di farlo, come «una questione privata» il
portavoce del premier inglese David Cameron, coinvolto per le società
offshore del padre finanziere Ian, deceduto nel 2010. Regolarmente
denunciate, conferma la Ue, le attività nei paradisi fiscali della
moglie del Commissario all’Ambiente Miguel Arias Canete.
IMPRESE IN LISTA NERA
Smentite
arrivano anche dall’Italia. Il presidente di Alitalia Luca Cordero di
Montezemolo ha negato di possedere società offshore e il pilota Jarno
Trulli ha spiegato che Baker Street, sede alle Seychelles, è
regolarmente registrata.
Articolo intero su La Repubblica del 05/04/2016.
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