giovedì 15 novembre 2007

Cultura sociale e cultura di massa: ma 'dde chè?

"LA VIOLENZA GENERA RISPETTO".... c'era scritto su un muro di una città che ho visitato di recente ed è significativa del momento perchè alla violenza becera e fine a se stessa nelle strade ci sono altre forme più o meno latenti (o patenti) peggiori che comunque sono il segnale che la società del consumo sfrenato e liberista ha vinto la guerra della tolleranza: rompendo i vincoli sociali per spingere gli uomini a "competere" fra loro, lotta dalla quale ne escono pochi e di essi uno solo emerge alla luce del sole mentre gli altri rimangono indietro, creando i vincitori e i vinti. Ma non solo questa violenza che ci facciamo da soli inseguendo miraggi di arricchimento ma c'è anche un'altro genere di violenza: quello che ogni giorno è provocata dal disagio e dalla frustrazione (per non parlare della alienazione dal sè e dal diverso) e qui mi soccorrono alcuni fatti di questi giorni: la condanna a 30 anni del padre di Hina, la ragazza uccisa dai familiari perchè era troppo occidentale); la scarcerazione degli ultras arrestati; la non condanna di 34 spacciatori perchè "fra leggi garantiste e indulto in galera non ci entrerebbero nemmeno". Non li sto a commentare direttamente perchè diventerebbe un'analisi sociologica lunga e noiosa ma quello che mi preme qui sottolineare è che sono sintomatici di una situazione sociale nella quale avendo come miraggio l'esternalizzazione delle funzioni base dello Stato e la sua riduzione all'osso (e se possibile vendere anche quello) non ci si può meravigliare che ci siano accadimenti come quelli citati, anzi temo che diventeranno la norma nella società post moderna dato che mentre le elitès si "fortificheranno" nelle loro fortezze del privilegio o per meglio dire nella zona verde, di stampo irakeno, gli altri i normali come noi o per meglio dire la massa, o popolo bue, saranno immersi nella zona rossa sociale dove vige la sopravvivenza e l'aspirazione ad entrare nel mondo dorato dei privilegi a scapito degli altri. Non è uno scenario futuribile dato che le città fortezza ci sono già in giro per il mondo (interamente costruite da privati e protette da guardie mercenarie private) dove, se puoi pagare, c'è tutto mentre all'esterno c'è gente che non ha nemmeno i soldi per sopravvivere. Qui ci stiamo arrivando un pò alla volta e lo Stato si sta ritirando dai campi in cui prima interveniva un pò alla volta ma con costanza per lasciare spazio al libero esplicarsi del mercato e del profitto: il problema è che nemmeno più la respressione dei reati e il diritto sono appannaggio della struttura statale ma privatizzati e quindi perchè scandalizzarsi se gli esterni (o irakeni o ultras o spacciatori scarcerati) a loro modo ne demoliscono, a vario modo, i simboli materialied ideali: a volte con i kamikaze, a volte con gli assalti alle caserme; a volte con sentenze assolutorie shoccanti (vedi spacciatori) o fintamente punitive dato che si sa benissimo che anche se condannati a 30 anni fra indulti, condoni, sconti di pena e altro dopo 7 (a essere ottimisti) si è già fuori.......... Ecco quello che non ci dicono le caste dominanti della parte oscura del mercato deregolamentato: se te lo puoi permettere hai tutto dato che tutto è disponibile sul mercato a prezzi fatti da esso ma se non hai mezzi i mezzi sei un'invisibile e non "pesi" non esisti sei solo massa o parco buoi e, nonostante, t'imbottiscano la testa la testa con parole vuote come democrazia, libertà ecc in realtà sei un prigioniero senza muri o carceri perchè lo sei nella mente e delal vita cui sei condannato finchè servi. Ci scandalizziamo delel caste indiane o delel società islamiche retrive ma in Occidente stiamo creando un'altro mostro: la suddivisione in classi chiuse dove chi può "accede" a tutto (comprese libertà, democrazia, diritto, soldi ecc.) chi non può non esiste........................ E ancora una volta Karletto Marx aveva visto giusto: dovreebbero fargli un monumento dato che le sue teorie (come anche quelle della scuola classica e neoclassica dell'economia) si sono dimostrate veritiere almeno dal punto di vista della configurazione socio-economica; si spera che anche il resto si dimostri vero: che il capitalismo come mostro leviatano divori se stesso e crei i germi che ne permettano il superamento e la ricostruzione della società sui bisogni ponendo al centro l'uomo: ma qui siamo nell'uopia ed io a differenza di altri credo nell'evoluzionismo relativista che permetta alla scimmia umana di capire che è meglio fare un passo indietro dal baratro che finirci dentro di sua sponte.

1 commento:

Anonimo ha detto...

GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT

Vergognati, Maurizio!

di Antonello De Pierro

E' un grido di dolore quello che si leva da qualche mese dal mondo della cultura, dopo che la televisione ha catapultato nelle case degli italiani il discusso programma denominato "Grande Fratello", creando un prodotto inconsistente, che è stato immediatamente e incomprensibilmente rapito dalle cronache dei media. E quando parlo di cultura naturalmente mi riferisco a quella con la c maiuscola, quella dei grandi (purtroppo pochi) uomini, quella nella sua accezione più ampia, quella che ha da sempre rifiutato di nutrirsi di surrogati ideologici e di imparare la lezione della buona ipocrisia, tanto amata dai più. Eppure la televisione, che ormai da anni affoga in una programmazione demenziale, diseducativa, ripetitiva e scadente, ci aveva abituati da tempo allo squallore delle telenovelas e della soap opera, incollando ai teleschermi il popolo televisivo delle casalinghe, col grembiule al ventre, che tra un bucato e l'altro, per innaffiare l'arido giardino della solitudine giornaliera, si incantavano e sognavano di fronte ai miti improbabili di "Beatiful" o di "Quando si ama". Si trattava sempre e comunque di artisti che, costretti da esigenze professionali e allettati da ingaggi stratosferici, legavano il proprio nome a produzioni di scarso valore culturale. Con il "Grande Fratello" si è valicato ogni limite di decenza, i colossali interessi economici hanno relegato in soffitta qualsiasi senso di moralità. Un manipolo di ragazzi comuni, messi per cento giorni a colloquio con l'occhio freddo di una telecamera "guardona", sbattuti davanti a pupille spalancate collegate a cervelli altrettanto ristretti, e scaraventati verso una notorietà di cartone non supportata da un'adeguata preparazione professionale. Un business ben congegnato, che ha affondato facilmente le radici in un terreno intriso di sottocultura e ignoranza, atto a spremere come limoni le illusioni di un gruppo di giovani che forse avrebbero potuto intraprendere carriere sicuramente più idonee alle loro attitudini, piuttosto che essere magnificati dai "polli d'allevamento" dell'Italia provinciale che si entusiasma di fronte a tutto ciò che passa sul piccolo schermo, ma essere sottoposti giustamente al mortificante rito dell'irrisione da parte delle vere teste pensanti nazionali. Ed ecco invece i vari Pietro, Salvo, Marina, Cristina, Rocco, Lorenzo, invasati da una droga che si chiama successo, correre con la naturalezza dell'inevitabile, a suon di apparizioni varie, verso un futuro incerto, segnato da suggestioni pseudo-professionali. Di fronte ad una tale situazione non posso avvolgere le mie parole nella carta zuccherata e rinunciare a dissotterrare l'ascia di guerra della polemica. C'è una categoria in Italia fortemente rappresentata, quella degli artisti veri, spinti dal comando imperioso di un'acrobatica passione per lo spettacolo, che annaspa da sempre nell'oceano della precarietà e vive costantemente in bilico sul baratro della disoccupazione. Le scuole di preparazione artistica ne sfornano a centinaia; basta girare i teatri, anche i più piccoli, per scoprire veri talenti, di cui l'Italia non è mai stata avara. E invece ecco apparire improvvisamente sulla scena Marina La Rosa, che ubriacata dalla popolarità riesce ad offendere finanche quei fotografi che da sempre hanno fatto la fortuna dei vip, definendoli "braccia rubate all'agricoltura"; la Sofia nazionale ancora venera i professionisti dei flash a raffica ( comunque c'è da dire che sulla Loren le brume del mito si sono posate davvero). Ma il prodotto più scandaloso si chiama Pietro Taricone, che calzando la sua normale faccia da bullo di paese riesce incredibilmente a vendere la sua presenza a fior di milioni nelle discoteche di provincia e nei suoi sogni lascia ingenuamente galleggiare un futuro alla Kevin Costner: l'importante è crederci, ma purtroppo il risveglio sarà doloroso e disastroso

E' già criticabile l'operazione, che ha messo a nudo il livello di sottocultura di gran parte degli italiani, ma purtroppo per i produttori televisivi, non è facile sacrificare i propri interessi sull'altare della cultura, della moralità e del buonsenso. Ma quando un giornalista di grande spessore, con vocazione da imprenditore, marcia con i cingoli sopra ogni principio etico-professionale, allora
il caso diventa inquietante. Quanta popolarità in meno avrebbero ottenuto i ragazzi "usa e getta" del "Grande Fratello" se non fossero stati foraggiati dall'ala protettiva di Costanzo, che li ha aiutati a continuare la semina dei germi di tutti gli aspetti deteriori dell'odierna società? Probabilmente i valori del grafico di notorietà sarebbero molto più modesti. Caro Maurizio, pesa su di te una forte responsabilità morale, sia nei confronti di quelli che il successo l'hanno cucito sulla propria pelle, strappando l'ago e il filo a rinunce e sacrifici fatti nelle scuole, nei teatri, nelle piazze, e sia nei confronti delle fasce più deboli dell'esercito dei telespettatori. Ho visto un giorno in un mercato un bambino giocare con dei soldatini e chiamarli con i nomi dei protagonisti del grande fratello. Hai sostenuto una trasmissione che, anche se con un ipocrita "bip" celava certe espressioni colorite, non dava comunque molto spazio all'immaginazione per capire, risultando quindi altamente diseducativa, tenuto conto anche della fascia oraria in cui veniva trasmessa. Sono tanti i petali di simpatia persi da te in questa occasione. Infine, colpito da un delirio di onnipotenza hai pensato bene di organizzare una puntata chiamata "Pietro contro tutti" in prima serata, con un Taricone versione re dei "coatti", con canotta strizzamuscoli senza maniche, a troneggiare sul palco del teatro Parioli, ingaggiando un vittorioso "braccio di ferro" a colpi di audience con "La Piovra", pellicola a interesse sociale in onda su Raiuno, mettendo a nudo ancora una volta, se qualcuno avesse avuto qualche ulteriore dubbio, il livello culturale dei telespettatori del "Maurizio Costanzo Show". Un'ennesima conferma di come un grande giornalista abbia potuto bruciare sulla graticola dell'interesse economico, perché audience per te vuol dire sponsor, non dimentichiamolo, la propria credibilità professionale. Del resto in nome dell'audience avevi già rifiutato di ospitare in trasmissione i rappresentanti del "Comitato Vittime del Portuense", perché chiaramente ventisette morti per te non hanno importanza, sono solo una lugubre contabilità di normale amministrazione giornaliera, di fronte al sacro inchino al potere dello sporco Dio denaro, a cui ti sei convertito e sottomesso. Vergogna!

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