sabato 15 gennaio 2011

Referendum fiat: 54% si; 46% no. Inizia l'agonia

Il si vince per soli 400 voti (voti impiegatizi e della manutenzione ossia di persone non coinvolte direttamente nella "riforma" marchionniana). Il vero problema inizia ora; alcune riflessioni, fossi la fiat e i sindacati gialli "riformisti", le farei: innanzitutto il no nel voto operaio, vero, é largamente maggioritario; inoltre il no vince laddove la fim cisl aveva avuto, nelle, ormai preistoriche, precedenti elezioni rsu, la maggioranza: e questo dovrebbe far riflettere ai riformisti d'accatto che si trovano sempre se c'é profumo di faer soldi attraverso libri e comparsate televisive. La gran cassa propagandistica dei "gialli", dei media, e dei liberisti di ogni parte, (sbucano come i funghi dopo la pioggia...... sempre dopo la pioggia), farà il resto..... Fossi la Fiom impugnerei per le vie legali il cosiddetto contratto facendone risaltare le incongurenze e le contraddizioni, raccoglierei la messe di tessere ulteriori che un vicenda del genere può produrre: insomma mi avvierei a minare la negoziazione dal di dentro, o meglio proprio da dove si vuol imporre il pugno di ferro rendendo supini coloro che invece contro soldi prestano un lavoro malpagato e ampiamente già sfruttato. Ci sono molti modi per battere la tanto sbandierata concorrenza internazionale: la qualità nella novità dei modelli progettati; i prodotti per esempio; invece si é fatta una scelta tayloristica basata su un maggior sfruttamento del lavoro e a seguire un irrigidimento dell'aspetto sanzionatorio nel caso di "problemi" con le maestranze. E' una scelta di breve respiro, tipica di chi ragiona con un orizzonte che va dal mattino alla sera, una scelta che non avrebbe fatto sperare per invesimenti di lungo termine, soprattutto perché la stessa fiat negli USA ha scadenze impellenti cui ottemperare, e se ci fossero stati sindacati seri nel nostro paese la resistenza ai diktat sarebbe stata molto più forte di quella che, non, s'é avuta. Decenni di negoziazioni avrebebro dovuto insegnare come ragionano questi CEO, più interessati al profitto (proprio e degli azionisti) che ai risultati industriali: invece come sempre l'orologio si ferma in questi casi e ci si attarda a "negoziare" quando invece si dovrebbe battere il pugno sul tavolo e costringere a scoprire le carte della controparte. Questa non é una sconfitta così coem non é una vittoria: c'hanno perso tutti, in primis i lavoratori, poi tutti gli altri e ancora una volta si evidenzia come questo paese, dove da decenni non si fa una seria e vera politica industriale, sia nient'altro che un mercato coloniale o meglio una provincia, in declino, della globalizzazione galoppante; un mercato coloniale che non ha altro scopo che quello di fare da cassa di compensazione a decisioni prese altrove per il beneficio altrui e i profitti dei soliti noti... a proposito di profitti: i grandi CEO delle banche agenzie di rating hanno detto chiaramente che i tempi "mesti" della morigerazione dei loro compensi sono finiti; quindi si ritornerà a stipendi ultramilionari e a profitti frutto di avventure finanziario/speculative (che altri danni sociali faranno) aumentando ulteriormente il livello di povertà dei cittadini?

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