lunedì 14 marzo 2011

quei bravi ragazzi...

... mentre in Giappone s'incrociano le dita affinché il reattore non esploda per i danni da terremoto che supererebbe, per entità, Chernobyl il "dibattito" in Occidente continua ma non decolla: la gente é spaventata; alcuni governi nicchiano e prendono posizioni attendiste (la Germania, ad esempio, ha posticipato le decisione di prorogare, o meno, il funzionamento delle proprie centrali nucleari) altri, come il nostro, hanno messo immediatamente in moto la macchina mediatica per "banalizzare" il problema e gli eventi giapponesi rimangono sullo sfondo.... (tradotto significa che bollano come sciacallaggio chi ciritca le scelte del governo italiano e danno il minimo della informazione possibile per tenere all'oscuro i cittadini, il solito sistema insomma usato per tutto il resto e ora anche per le scelte nucleari....); insomma qualcuno si pone delle domande altri tirano dritti per la propria strada. Ma non é solo il problema del nucleare nel quale l'occidente si caratterizza per posizioni di questo genere: la rivolta del Maghgeb ne é un altro esempio. L'atteggiamento, infatti, comune a tutti é stato per dirla facile, ipocrita: a parole appoggiavano la rivolta ma nei fatti erano altri i calcoli che venivano fatti perché la preoccupazione principale era se si fossero persi i privilegi che i vari satrapi maghrebini gli avevano concesso pur di assicurarsi l'appoggio occidentale ricevendone in cambio sia la qualifica di "regime arabo moderato (tradotto significa che gli occidentali chiudevano entrambi gli occhi su piccole cosucce quali, ad esempio, quei valori, proclamati universali, con i quali hanno assaltato l'iraq e l'afghanistan ma che non valevano per i satrapi maghrebini)"; sia soldi e finanziamenti per autosostentarsi. Poco contava che i cittadini a stento sopravvivessero; poco contava che quei paesi fossero crogiolo di terrorismo che tanto ci terrorizzava (anzi proprio questo fantasma ci spingeva a sostenerli): l'apice dell'ipocrisia é stato, infatti, raggiunto con la Libia. A differenza di altri paesi del maghreb la libia, come nazione, era un vero banco di prova per assumere una posizione comune e condivisa che fosse una frattura rispetto al passato; lì il satrapo era andato al potere con il diretto coinvolgimento occidentale ma poi ci s'era rivoltato contro diventando prima il male, non assoluto, da sconfiggere a tutti i costi poi però .... però, dopo lo sdoganamento, ci tornava comodo perché bastava mandare fiumi di denaro per evitare che qui avessimo dei grattacapi (e non parlo solo degli immigrati). Con la rivolta cosa é accaduto? Che abbiamo avuto, l'ennesima, prova della fatuità di questi regimi che in realtà non sono altro che delle SpA familiari i quali per conto terzi, noi, gestiscono i paesi. In libia, poi, il processo era ancora più evidente dato che con la rivolta si é compreso che sotto la calma piatta di quel paese c'é un vulcano che ora é esploso violentemente, la domanda da porsi era: se siamo interessati a legarli al nostro carro ed evitare problemi futuro cosa dobbiamo fare? Appoggiare il satrapo o la rivolta? Qui nasce la ipocrisia: la Francia, dietro le parole pesanti del Presidente, mirava a creare una base per futuri investimenti scommettendo sulla rivolta (sempre a parole naturalmente dato che nemmeno un uomo é stato inviato a sostenere in qualche modo la rivolta stessa; si é parlato di istruttori e consiglieri ma in una situazione del genere é pochissima cosa perché un vero aiuto sarebbe potuto essere la no fly zone allora e non ora che le sorti sembrano segnate; congelare, poi, i soldi della famiglia del satrapo era una misura puramente precauzionale e null'altro e quindi non si deve nemmeno prendere in considerazione) altri paesi, magari perché non c'erano arrivati per primi, hanno immediatamente tirato il freno a mano e hanno cominciato a remare vigorosamente contro sia scottati dalla incontrollabilità di una situazione non gestibile (a differenza dell'egitto, ad esempio, dove il satrapo é stato deposto ma i suoi consigliori sono rimasti) che dal timore che il nazionalismo arabo, che mai ci ha visto sotto una buona luce (e non mi sento di dargli torto), potrebbe aver preso un altra strada rispetto a quella da noi sperata. E l'Italia: noi abbiamo investito in libia e siamo il primo partner di quel paese, e si é visto da come abbiamo frenato quando é esplosa la rivolta. Avevamo molto da perdere: perdevamo il guardiano delle nostre frontiere; perdevamo un produttore di petrolio e di gas; perdevamo un nostro presidio in africa da spendere in europa per farci dare soldi per la lotta all'immigrazione clandestina, ecc. ecc. la rivolta ci rompeva le uova nel paniere e ci siamo trovati in mezzo al guado: da un lato eravamo costretti a seguire l'europa e dall'altra non potevamo rinunciare al partenariato con la libia che ci tornava comodo, quindi che fare? Prima abbiamo nicchiato, poi abbiamo seguito la corrente e ora stiamo zitti aspettando la, ormai possibile, rivincita del dittatore libico sperando nella sua clemenza futura: sono sicuro che sarà pagata a caro prezzo questo voltagabbanismo nostrano, e non solo in termini finanziari. Quali conseguenze ci saranno? In primis: chiunque in libia vinca non fermerà, per un pò di tempo, i barconi se non dietro soldi sonanti dati da parte nostra; chiunque vinca non verrà certo da noi e dirà, ma non vi preoccupate... scordiamoci il passato .... troppo facile dato che Cina e Russia non aspettano altro che di entrare in quel paese e, non avendo ipocrisie verso i diritti umani, non gliene frega niente di cosa accade nel paese ma gli importa solo dei contratti stipulati e dei soldi introitati, l'ideale per i governanti di quel paese. Insomma se volevamo la prova che non abbiamo le idee chiare in politica estera questa é quella principe; se poi vogliamo parlare per simboli: chiunque dovesse vincere in libia non basterà certo un baciamano per farceli amici........ d'altronde noi non siamo certamente migliori visto che variamo riforme costituzionali che se fossero state approvate prima nemmeno Tangentopoli sarebbe esplosa!!!!!

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