domenica 16 ottobre 2011

volevate sapere chi sono le teste di caxxo? Eccovele ....

però su facebook stanno cominciando a girare "strane" foto che vi sottopongo per una riflessione su chi c'era ... come infiltrato o strane paranze ..... guardatele bene e qualche domanda ponetevela eprché qui si comincia a risentire puzza di G8 di Genova........ e di dottrina cossiga come corollario.......





Si eccovele e già dal 2002 sono conosciuti alle forze dell'ordine; e allora perché ogni volta li si lascia fare? Qui prodest? E' un mondo variegato di professionisti, che si ritengono "radicali", della violenza (questi che lo sono) e che sono capaci realmente capaci di fare tutto con poco:
BLACK BLOC
Due chiacchiere con loro
PARIGI - Arrivano alla Gare du Nord provenienti da una città che non voglionorivelare, «la polizia ci conosce già fin troppo bene», e sono diretti a Strasburgo, peril convegno della rete No border. «Ma lì - assicurano - non andiamo a fare casino.Gli sbirri possono stare tranquilli, vogliamo solo discutere».Un anno fa invece, a Genova, Pierre e Jean («Niente nomi veri, d'accordo?») eranoa Genova sulle barricate del G8. Non gli interessava affatto discutere, ma soloscatenare "les émeutes", come li chiamano loro: i moti, la sommossa. Se li definisciblack bloc, rispondono che non è esatto. «Black bloc sono solo gli americani e itedeschi - spiega Pierre - Si chiamano così per il modo in cui stanno in piazza,uniti in blocchi compatti e vestiti di scuro. Ma con questo sistema si può resisteresolo in quei Paesi, dove gli sbirri non usano i lacrimogeni. Noi dobbiamomuoverci a piccoli gruppi e molto velocemente. Come a Genova, appunto».Ma a parte la distinzione tecnica, Pierre e Jean non sono molto interessati alleetichette. Si definiscono semplicemente «radicali» che stanno bene in qualunquegruppo: anarchici, situazionisti, insurrezionalisti, comunisti, «ovunque ci sianopersone pronte a rivoltarsi contro il capitalismo, il potere, la proprietà». Agliappuntamenti di massa, ma anche nella vita di tutti i giorni, se è vero che questidue "émeutiers", passati i trent'anni già da un po', non hanno un lavoro fisso e«quando serve qualcosa facciamo in modo di trovarla». Come a Genova, appunto.«Servivano i caschi per proteggerci - racconta Pierre - e li abbiamo presi daibauletti dei motorini parcheggiati. Poi il venerdì abbiamo aperto (dice propriocosì, NDR) un negozio di accessori per moto e ce n'erano altri. Servivano i bastonie le pietre e ce li siamo procurati nei cantieri individuati nei giorni precedenti.Serviva il liquido per le molotov e l'abbiamo preso dalle macchine».A vederli così, in borghese, non danno l'idea dei guerriglieri. Semmai deirivoluzionari di altre epoche. Pierre sembra un artista in cerca d'ispirazione, capellilunghi, basette curate e occhi curiosi; Jean ricorda il Toni Negri degli anniSessanta, occhiali dalla montatura grossa, sguardo riflessivo e sandali francescaniai piedi. Un anno fa, col passamontagna calato sul volto e armati di molotov,pietre, bastoni e spranghe, insieme ad altre centinaia di «insorti» hanno datol'assalto al carcere di Marassi, a qualche banca («ma per quelle c'era moltaconcorrenza, se non eri tra i primi a arrivare non trovavi più niente da rompere»),al negozio di moto, a uno di alimentari «per mangiare», a un tabaccaio «perfumare».In due giorni - il 20 e il 21 luglio 2001 - hanno sostenuto ore e ore di corpo a corpocon «gli sbirri».«Il venerdì 20 abbiamo vinto - dice Jean - perché a un certo punto del pomeriggioavevamo "liberato" un pezzo di città, a nord. Chiuso il sottopassaggio che portaalla stazione di Brignole, avevamo le strade in mano. Ci siamo riposati, abbiamomangiato, bevuto, fumato, giocato a pallone. E' stato un bel momento, ancheperché molti genovesi, quando abbiamo aperto il negozio di alimentari, si sonopresi quello che a noi non serviva, cioè i pacchi di pasta, prosciutti interi e altramerce. Io in quel momento ho abolito la proprietà privata».Con la violenza, però. Un'obiezione che quasi sorprende Pierre: «Perché, c'è unaltro modo? La violenza non è un problema morale, è semplicemente la vita, ilmondo in cui siamo capitati; qualunque forma di illegalità è violenza, e percombattere questo potere non c'è altra forma che l'illegalità. Gli altri, compresi irappresentanti ufficiali del movimento No Global, vogliono governare il capitalein modo "democratico". Noi no. Io non mi faccio alcuna illusione sullademocrazia».Meglio, per loro, lo scontro di piazza. Contro i poliziotti, ma anche contro chipretende di stabilire le regole per manifestare. «Quelli del Genoa Social Forumvolevano imporre il loro diktat, "niente violenza". Ma c'era stato Goteborg, dovela sinistra aveva avallato gli spari della polizia, e noi non potevamo non reagire».Ecco allora la pianificazione degli scontri. «Per me uno sbirro in divisa non è unuomo, ma una macchina - dice Jean. - Rappresenta lo Stato, quello che esegue glisfratti e sgombera le fabbriche occupate. Un nemico, insomma. Vuoi un motivo perpicchiare uno sbirro? L'umanità. L'odio di classe. Mi sembra più che sufficiente».Pierre e gli altri sono arrivati a Genova nei giorni precedenti al G8, «allaspicciolata e "puliti"; siamo entrati in macchina nelle ore di punta, quando icontrolli sono meno rigidi». Prima delle manifestazioni hanno fatto i sopralluoghiper individuare gli obiettivi e conoscere le strade. Jean e Pierre si sono uniti «atanti compagni francesi, italiani, spagnoli, tedeschi, che già conoscevamo oincontrati sul momento. Si sentiva che sarebbe successo qualcosa di grosso, era untam tam che cresceva con l'avvicinarsi degli appuntamenti».Il 19 luglio hanno studiato le mosse della polizia al corteo dei migranti, percarpirne le strategie. La sera sono andati a dormire in un campeggiodi boy scout, «cristiani che suonano la chitarra», sorride Pierre. L'indomani hannoindossato i panni scuri e i passamontagna ed eccoli trasformati in black bloc.«Effettivamente - ricorda Jean - per andare dal campeggio al corteo dei network cisiamo mossi con la tecnica del black bloc, tutti uniti. Ma una volta raggiunto ilcorteo ci siamo mescolati agli altri, che non erano pregiudizialmente contrari allaviolenza, e abbiamo cominciato ad assalire gli obiettivi. Il materiale (cioè sassi,spranghe, molotov, NDR) l'avevamo accumulato al mattino presto e poi nelle oresuccessive. Tutta roba trovata sul posto».A loro la zona rossa non interessava. Jean: «Perché devo attaccare Bush oBerlusconi? Sono forse peggio di Clinton o D'Alema? No, sono assolutamenteintercambiabili, non gli riconosco nessuna autorità».Pierre: «E poi quella zona era davvero inaccessibile. Chi ha tentato di assaltarla,come le tute bianche con quegli inutili caschetti da minatore in testa, faceva soloteatro. S'erano messi d'accordo con gli sbirri, e a noi non interessano lerappresentazioni».Jean: «Nemmeno quella del compagno che s'è fatto fotografare sull'auto in fiammementre fa il segno di vittoria. Lo conosciamo bene, è un anarchico francese che hapartecipato agli scontri con noi. Lo so che per voi quella foto rappresentaun'icona, un simbolo, mentre invece è stato un momento di esaltazione e nientepiù. Inoltre, anche se conquistando una parte di città abbiamo vinto, tutto ècambiato dal momento della morte di Carlo Giuliani».Pierre dice di averlo visto, Giuliani, la mattina di venerdì: «Me lo ricordo perchéportava il nastro isolante infilato al braccio, lo stesso che aveva quando è morto».Appena s'è sparsa la notizia è subentrato lo smarrimento, «e se qualcuno di noiavesse avuto un'arma, in quel momento, l'avrebbe usata. Così come ti garantiscoche se avessimo preso un sbirro non ne sarebbe uscito vivo».Jean, col suo aspetto severo, conferma: «Questo serve anche a smentire lemenzogne sui provocatori. Hanno raccontato, i cosiddetti capi dei No Global, chea fare gli scontri sono stati dei provocatori, che tra noi c'erano sbirri travestiti.Ma io non credo che esista uno sbirro così coraggioso o pagato abbastanza perrischiare di finire linciato da noi. Perché noi stiamo attenti a chi ci sta intorno, ele persone sospette le controlliamo. Quel giorno uno sbirro sorpreso tra noil'avremmo impiccato».Ancora Pierre: «Questa bugia dei provocatori è revisionismo storico praticato intempo reale. Vogliono dimostrare che gli "émeutiers" non appartengono almovimento. Invece noi abbiamo cominciato, ma alla fine agli scontri hannopartecipato migliaia e migliaia di persone, compreso Carlo Giuliani. I No Globalse ne sono appropriati facendone un loro martire, mentre è solo uno dei tanti ches'è ribellato».Ma il giorno successivo, con una vittima a pesare su tutte le coscienze, Pierre, Jeane gli altri «radicali» hanno dovuto guardarsi non solo dalle forze dell'ordine, «mapure dalle tute bianche che volevano farci finire in braccio agli sbirri. Roba damatti. Ce l'avevano con chiunque avesse in mano un sasso o un bastone. E alloracome lo difendi un corteo?».Per Jean, i fatti di Genova «hanno segnato la fine del movimento No Global,perché da quei giorni s'è visto chiaramente che non sono anticapitalisti, macapitalisti riformisti. E io non voglio più mescolarmi con chi pensa chesia giusto danneggiare un McDonald's e non un macellaio qualsiasi: dov'è ladifferenza? Non sono due espressioni diverse della medesima proprietà privata?».La notte di sabato 21 luglio, infine, c'è stato il drammatico epilogo del blitz allascuola Diaz. «Sono stati quelli del GSF a provocarlo - s'infiamma Pierre - perchédopo la morte di Giuliani non hanno fatto altro che invocare la mano pesantedella polizia contro i black bloc. L'hanno voluta loro quell'irruzione. Se c'eranodavvero le tute nere lì dentro? Ovvio, era uno dei pochi posti sicuri rimasti perandare a dormire, dopo due giorni di scontri gli altri erano tutti bruciati. Solo chequelli corrono veloci, sono scappati prima che entrassero gli sbirri».Jean annuisce e interrompe l'amico: «Sta arrivando il treno, andiamo».Fonte: Giovanni Bianconi (Corriere della Sera 17 Luglio 2002)
Ecco fate da voi le dovute considerazioni.. per quanto mi riguarda posso anche ammettere che davvero credano a quello che dicono ma non posso esimermi dal dire che sono in primis loro "strumenti" di quei regimi che tanto odiano e che al loro interno non é da nascondere che spesso possano essere infiltrati e usati come "utili idioti" per porre la parola "fine" a opposizoni sociali che non si riconoscono nel liberismo e nei regimi che lo supportano e che però accettano il metodo democratico come forma di lotta....... troppe volte nella storia umana piccoli gruppi oligarchici, una volta preso il potere in un modo o nell'altro, devono molto della loro presa del potere a loro nemici giurati che ne hanno oggettivamente favorito la conquista con il loro primitivismo politico e, prima ancora, violento.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cui prodest.

Se lo vuoi usare, sappilo, il latino.

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