dal blog di Antonio Persia
Al link di Persia troverete un bel pezzo da leggere e sul quale meditare a proposito dei blog e della loro capacità di incidere nella realtà, se sapranno superare la barriera del pc, dialogare con gli altri e trattando con i lettori alla pari, e non trattandoli da sudditi. Ha ragione Persia, quando dice (a grandi linee) che o ci si mette in testa che si deve uscire dal chiuso della stanzetta e ci si apre alla società o si muore, facendo la fine della radio libere degli anni '70, sparite per sempre o divenute preda della industria mediatica che le ha assorbite nei grandi network attuali. Già, siamo alla svolta. Non è un'appello a diventare tutti più buoni e altruisti, siamo individualisti con un pizzico di esibizionismo, ma solo della presa d'atto di un'acuto osservatore che ha messo il dito sulla piaga: il blog com'è stato inteso finora è la espressione della singola individualità che parla attraverso internet su un editor che offre i suoi pensieri, idee, opinioni agli altri. Effettivamente (lo credo anch'io) poco: è come lanciare un messaggio chiuso in una bottiglia in mare senza sapere chi, quando e dove sarà raccolto e se sarà compreso. Questo mezzo di comunicazione non è una testata giornalistica, è l'ultima possibilità dell'individuo di potersi esprimere liberamente, al di là delle pastoie partitocratiche e del controllo dei mezzi di informazione che sono liberi solo formalmente (mentre in realtà sono strettamente connessi al cosiddetto mainstream, l'arena pubblica formata dai media, dai politici e dall'industria) che usa unidirezionalmente l'informazione (lavorandola) verso il cittadino non più il centro dell'agire ma solo uno spettatore: o meglio un consumatore della notizia, oggetto di indagini aggressive di markenting e di comunicazione rimaneggiata allo scopo di indirizzarne l'umore e la scelta. Il blog, al contrario, nasce come reazione a questa situazione e si configura come espressione di democrazia elettronica socialmente orizzontale che permette ai consumatori dell'informazione di diventare di nuovo cittadini a pieno titolo della società; ma hanno un limite: sono unidirezionali anch'essi. Che significa? Significa che il blogger classico si mette al pc e scrive di se, dell'attualità e del mondo che gli gira intorno e lo vede dal proprio angolo visuale (il proprio ombelico come scrisse un giornalista francese in maniera sprezzante) senza rapportarsi in alcun modo nè con la blogosfera nè con i suoi frequentatori. In pratica il blogger scrive e tiene sul filo i lettori seguendo le regole classiche dell'informazione: mai dire tutto, sintetizzare al massimo, possibilmente omettendo i particolari. Quindi non c'è molta differenza fra lui e i media tradizionali; esiste poi un'altro tipo di blogger che, almeno, formalmente sembra maggiormente aperto alle istanze sociali: ne riceve gli appelli e li pubblica; partecipa alle catene di solidarietà; scrive sull'attualità; in una parola è maggiormente aperto al mondo. E' chiaro che molti (compreso il sottoscritto) si riconosceranno nel secondo profilo ma in realtà rientrano tutti e due, a mio parere, nella classica configurazione (sono due aspetti della stessa espressione) e tutti e due non sono novità ma tradizione e la tradizione dopo un pò ammuffisce nel ricordo: come accaduto appunto per le radio libere. Quello che manca invece è l'apertura della blogosfera all'interazione sociale: l'uscire dal chiuso delle classifiche (di cui ci preoccupiamo troppo) e rapportarsi con il mondo reale; qui è reale la libertà d'espressione e di pensiero; è fuori nel mondo reale, dal quale spesso il blogger rifugge, che esiste la "nostra" matrix ossia dove mancano queste esplicazioni dei diritti individuali che solo formalmente sono riconosciute mentre in reltà sono appannaggio di pochi (ricchi, potenti ecc.) che impongono alla maggioranza la propria visione, spesso ideologica e fuorviante, del mondo che, molto, spesso viene accettata troppo acriticamente. Ecco la vera sfida: ritornare nella vita reale ed incidervi usando il blog come volano e facendone strumento di libertà, qundi dialogando con la società e i propri concittadini abbandonando il proprio "ombelico" e iniziando la navigazione in mare aperto. Non è solo la politica che soffoca i diritti è tutto il sistema, marcio, che per autorigenerarsi comprime le libertà individuali e plasma a propria immagine e somiglianza interi settori sociali che in questo modo vengono coartati e plagiati; quando però questo schema viene rotto (ed è questa la missione del blogger di nuova generazione) allora gli spazi si ampliano e si rafforzano ed a questo punto che arriva il "generale inverno" che ne tenta il controllo e ne favorisce la sparizione. Quanti media tradizionali hanno aperto una sezione blogger? E quanti network si stanno lanciando in questo campo della democrazia cercando di colonizzarlo e per farlo hanno la necessità che quelli "indipendenti" siano ridotti al lumicino? E' necessario capire questo: non è più tempo di traccheggiare dato che il sistema tenta di fagocitare la blogsfera nel suo complesso (la legge imbavaglia blog nè é un'esempio), qui il gioco si sta facendo duro e, per citare il blues brothers, "quando il gioco si fa duro............................"
4 commenti:
molto interessante il tuo post e quello che linki.
Non capisco pero' dove si vuole arrivare. Emulare un Grillo o utilizzare la rete e le connessioni tra noi per creare associazioni partitiche trasformando il virtuale in carne e ossa?
Caro Nino, non potevi esplicitare meglio quello che era già esplicito nel mio post. A Fabrisol che giustamente si chiede: detto questo che succede dopo? rispondo con la serie di commenti che stiamo rilanciando chris72 ed io a margine del mio post su splinder. Continuiamo a parlarne, chissà che non sbocci qualcosa...
per fabristol.
nè l'uno nè l'alro ma evitare l'errore fatto dalle radio libere negli anni 70 e che persia ha così bene esplicitato nel suo post che io ho solo commentato
x persia
grazie ma ho solo fatto un commento su una cosa scritta da te che mi trovava completamente d'accordo perchè quel periodo degli anni 70 l'ho vissuto e so di cosa si parla
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