giovedì 22 novembre 2007

(Al)la ricerca della felicità perduta

Negli USA si sta sviluppando, anche in vista del dopo Bush, un dibattito incentrato sul fallimento della idea base dell'ideologia americana: la cosiddetta ricerca della felicità o per meglio dire il sogno americano; si badi bene non è il "solito" accademico dibattito pseudo professorale tipico di quei paesi, al contrario implica l'analisi approfondita delle scelte di politica economica e sociale fatte dalle classi dirigenti americane, e non solo, degli ultimi trent'anni sia democratiche che repubblicane, cosa non da poco perchè coinvolge anche i think thank dell'una e dell'altra parte e i riflessi che nel mondo occidentale (basti pensare ai danni enormi a livello di tessuto sociale e solidarietà, fatti dalla Thatcher in Inghilterra e proseguite anche dai suoi successori sia conservatori che laburisti) che pur ci sono stati. L'occasione non può essere più proprizia perchè è ormai lampante che l'anarchia liberista è in piena maturazione: non gli serve uno Stato che la controlli; nè gli servono controlli oppressivi sui capitali e sulle vie, anche oscure, che essi spesso prendono; ma soprattutto, ed il punto principale, il liberismo mal sopporta la democrazia e il welfare perchè sono ritenuti "rammollenti" e portatori di pigrizia mentre invece ci vogliono politiche che rendano gli esseri umani "belve" pronte a scannarsi fra loro per qualche dollaro in più (loro lo chiamano "competizione") pena la morte sociale e la fame per chi ne esce sconfitto. Ma perchè è venuta a galla una siffatta discussione? I motivi sono molteplici ma si possono riassumere in due: da un lato è venuto a mancare il guru della cricca liberista Friedman che ha teorizzato e difeso e profetizzato il liberismo, golpista e autoritario, imbevuto di imperialismo neocoloniale, coperta ideologica dello strapotere delle multinazionali e i suoi successori sembrano sia incapaci di ammettere le sconfitte che la storia e i popoli stanno decretando nei confronti delle loro idee "rivoluzionarie" sia, tenaci come pidocchi, perchè continuano imperterriti nella loro opera dsitruttiva tanto che ora sono partiti all'assalto "dell'ultima frontiera" ipotizzabile: l'esternalizzazione di tutte le attività dello Stato (sanità, welfare, apparato burocratico, esercito, tecnologie, ecc) e usare quello che resta, ben poco ormai, solo come un mega bancomat (espressione non mia ma di Naomi Klein nel suo ultimo saggio) a cui spillare fondi a sbafo senza vincoli particolari (si pensi al dopo Katrina dove i fondi federali sono stati usati per costruire quartieri residenziali mentre i poveri continuano ad essere "ospitati" in altre città o Stati dell'Unione, oppure nelle mitiche e da terzo mondo "case FEMA" ma che difficilmente rivedranno i luoghi natii), naturalmente complici i politici, imponendo il mercato dove i servizi diventano un bene di consumo come tutti gli altri a cui se si vuole accedere bisogna pagarli e anche salato e chi non può è out, morto; dall'altro canto i "liberal" democratici cominciano a capire che il dopo Bush sarà un'incubo per chi dovrà amministrare il disastro lasciato sia nell'immagine internazionale che all'interno del paese perchè ormai diventa un cosiddetta "fatica di Sisifo" solo il ricostruire la minima parte di quanto distrutto in precedenza e, conteporaneamente, anche se sono improrogabili interventi volti a rimettere un pò di "Stato" per riequilibrare il malessere. E' noto a tutti che gli americani comuni sono oltremodo scontenti della loro situazione e la possibilità di un miglioramento socio-economico sempre più un miraggio per se e per i propri figli quindi il rischio di una implosione della società è altissimo così cioe di una repentina decadenza del "centro dell'impero". Anche Rifkin lo aveva perconizzato: il sogno americano è stato tradito. E nel resto del mondo occidentale? Non sono messi meglio ma laddove, come in Europa, si èmantenuta una qualche sorta di rete di protezione sociale gli effetti dell'imperante liberismo sono abbastanza limitati enon è un caso che Barroso, liberista convinto, si è speso moltissimo per una due giorni di studio sugli ultimi studi che hanno evidenziato che quel poco del liberismo che si è introdotto ha distrutto un bel pò di tessuto sociale dei paesi membri (Inghilterra in testa naturalmente, ma anche l'Italia che è a tutt'oggi, e con mia grande vergogna, "il paese più americanizzato del vecchio mondo e si vede purtroppo)ma sta anche provocando una reazione non debole dei cittadini di cui una prima avvisaglia è stata la bocciatura della cosiddetta Costituzione Europea imbevuta dell'ideologia liberista e che ha preoccupato non poco gli addetti ai lavori. Ecco perchè ci si sta rendendo conto che la sola" misurazione del PIL come indice di bontà della società non basta e non rende l'idea della situazione: l'economicismo è monco se preso da solo serve altro, molto altro. La scienza triste, nella versione liberista e non, ha fallito: ora sono necessari altre forme d'intervento e prima o poi ci si arriverà se non volontariamente obbligati dato che i citadini non sono solo numeri e statistiche ma persone che hanno speranze e idee da realizzare e non basta dirgli: "schiaccia il tuo vicino e raggiungerai l'eden"....................

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