mercoledì 6 aprile 2011

ma non era infernet?

Parlerò di un argomento interessante dal punto di vista intellettuale ma con poco ascolto in un paese come il nostro dove l'ignoranza e la interessata bonomia dilaga a vista d'occhio; una volta tanto parliamo di rete e di comunicazione; anzi ne parlo e tralascio il solito post su berlusca o sul circo politico attuale e passato: visto che stanno pensando al bavaglio per la rete e visto che la rete l'amato capo la vede come nemica e solo come mezzo ulteriore da aggiungere al proprio mazzo di mezzi di comunicazione credo che ogni tanto parlarne non faccia male: é chiaro che si deve evitare di stare a guardarsi l'ombellico ma ignorare il pericolo e nascondere la grande potenzialità che la rete offre, finché é libera, dandolo per sempre scontato, quindi eterno, che rimarrà sempre così com'é, é il modo migliore per farla naufragare, soprattutto in un paese a democrazia dalle gambe malferme e dalla libertà limitata quale siamo diventati; soprattutto quando a metteer gli occhi sulla rete non é il potere politico ma un altro potere che ha memoria millenaria e forza economica e politica, ma pure di suggestione, enormi. Quindi cari colleghi e amici la scelta é fra: se non vi interessa passare, guardare, pensare che sia solo un brutto sogno (che maroni, com'é lungo, noioso ecc.) contare fino a tre e allontanarsi da questo, malefico, blog per risvegliarsi nel proprio felice mondo ...... quindi iniziate a contare 3 ..... 2 ..... 1 ..... ciaooooo oppure, se interessati, fermarvi e sorbirvi il post e, magari, commentarlo una volta svegliati dal torpore perché non sarò né breve né "facile" da leggere.... ho pur preso una laurea in scienze politiche con una tesi su "internet e poltica" e ora la metto a frutto, per una volta almeno voglio parlare tecnico e dotto; l'argomento mi alletta!!!! Inoltre dovrebbe allettare anche voi perché in rete sta sbarcando una forza millenaria e potente e una sfida, democratica, ci si pone davanti.. ecco il mio punto di vista. AUGURI CHI SI FERMA E BUON SONNO PER CHI VA OLTRE!!!!!! Come sappiamo ogni novità la Chiesa non la vede di buon occhio; la Rete (d'altronde non era la sola, la politica fa orgogliosamente il paio ancora oggi... particolarmente in italia anche perché più della metà dei politici nostrani guarda il pc solo per cercare .... lasciamo stare) non fa eccezione: tant'é che la definizione "infernet" non é nuova e la coniò proprio un prete. Ma, anche perché le vocazioni sono in crollo totale, da qualche tempo hanno compreso che dev'essere la montagna a muoversi e non aspettare che "i bambini vengano a me" perché rischiano di restare in pochi, pochissimi senza ricambio. Ecco dunque che, già a partire dal precedente pontenfice, stanno cercando di penetrare nel mondo giovanile, come? Discoteche, punti di ritrovo, e ....... la rete e/o internet. Sfruttando proprio quei mezzi di socializzazione che gli sono propri: forum, social network, blog, community, tutto fa brodo e tutto serve alla "causa". Ultimo di una lunga serie é l'articolo (leggetelo prima di leggere questo post, così siete freschi e ancora riposati) uscito su "La civiltà cattolica", settimanale dei gesuiti (gente in gamba i gesuiti ne ho conosciuti un paio e mi hanno ... dire sorpreso é dir poco), nel quaderno 3858 del 19 marzo 2011 (pagg 536 - 549), hanno pubblicato un articolo a firma di Antonio Spadaro dal titolo " etica hacker e visione cristiana". Quando mi é capitato sotto mano ho fatto un salto dalla sedia: mi son detto che avevo le traveggola, ma come gli hacker sono i cattivi per eccellenza, gli anarchici, i violentatori del copyright, ecc. ecc. insomma il peggio del peggio e la Gerarchia d'Oltretevere li beatifica? Avendo ben presente che nulla é scritto su questa rivista se non approvato dalla segreteria vaticana, cosa c'é sotto? Direbbe Di Pietro: che c'azzecca la visione cristiana con l'etica hacker (diavolo e acqua santa notoriamente non vanno d'accordo)? C'azzecca eccome, almeno nel nuovo corso delle gerarchie, c'azzecca eccome dato che in primis rendono omaggio agli hacker dandone una definizione corretta e distinguendoli dai cracker (distinzione reale ma poco nota) che sono i veri cattivacci della rete. Poi passa ad esaminare quelli che sono i "comandamenti" hacker per eccellenza (l'articolo li prende da un saggio di Stephen Levy, ma si possono tranquillamente trovare in rete magari con altra dicitura anche se il significato intrinseco non cambia): l'accesso ai computer dev'essere illimitato e totale e, aggiungo io, libero; dare sempre la priorità al handson (verificare di persona la fonte o la news o se il tal dato é reale e non una bufala); tette le informazioni devono essere libere; sfiduciare l'autorità: promuovere il decentramento; gli hacker devono essere giudicati dal loro hacking; é possibile creare arte e bellezza su un pc; i computer possono, non devono né lo fanno da soli, cambiare la tua vita in meglio. Passa poi a esaminare la caratteristica principale dell'hacker: il gioco e il divertimento come mezzo attraverso cui conosce ed esplora gli anfratti; il vero hacker però non fa danni ma lascia tracce di sé e rende pubblici i risultati (e spesso i governi s'inkazzano, wikileaks docet): l'obiettivo però non é la violazione ma la conoscenza, la sfida intellettuale e la voglia di trasparenza che, soprattutto negli stati democratici, dovrebbe essere il faro dell'autorità cui i cittadini guardano con fiducia: se ci sono segreti qualcosa non va (wikileaks....). Alla fine di un dotto excursus storico-politico-sociale nel quale si cercano le similitudini fra etica cristiana e etica hacker (un percorso affascinante che vi consiglio di seguire se vi capita sotto mano l'articolo, perché ce ne sono, eccome se ce ne sono ma naturalmente non dovrebbe meravigliare se, dal punto di vista teorico, ogni etica ha dei principi comuni e di base che sono universali e acclarati e non valgono solo nel raffronto fra etica cristiana e quella hacker ma valgono per qualunque aspetto dell'etica in generale, cosa questa che oggi in italia é molto, ma molto, passata in terzo piano nemmeno in secondo...) arriva al punto: ok, cari hacker, vi abbiamo sdoganato; abbiamo detto che avete dei sani principi e dei sani valori (alcuni hacker, storici e non, sono credenti ferventi); abbiamo riconosciuto i limiti della nostra precedente speculazione dando a Cesare quello che é di Cesare; abbiamo anche capito che i vostri "passaggi" sono frutto di una ricerca speculativa, spesso personale, mirante a portare la luce laddove qualcuno vuole tenere tutto al buio e per farlo voi correte dei rischi disvelando misteri celati (spesso maldestramente) e abbiamo anche capito che lo fate perché lo ritenete un gioco e una sfida ma il movente é sempre la conoscenza nella condivisione fra individui visti orizzontalmente e non gerarchicamente preordinati. Abbiamo capito il messaggio però ci sono delle cose che vanno stabilite: anche se la visione democratica orizzontale non é una cattiva idea c'é un limite, ossia che dovete riconoscere che non si può disconoscere "l'insegnamento del padre verso il figlio" nel senso cristiano del termine (e già qui qualcuno può cominciare a storcere il naso perché se é vero che un padre dev'essere modello per il figlio e indacargli "una" via ciò non significa che il padre sia infallibile e quello che dice sia oro colato, un dubbio ci dev'essere e se uno é hacker la domanda gli sorgerebbe spontanea sapendo benissimo che la risposta é quantomeno problematica se non impossibile da dare se non si accettano i dogmi base che sono proprio quelli della infallibilità e della verità rivelata e assoluta); non si può nemmeno disconoscere il "dono", in quanto esseri umani, che hanno ricevuto e di cui non possono disporre perché é si un dono ma di quelli che non si possono rifiutare e quindi, a di là dei vari modelli proposti, ci si deve fare i conti quando sarà il momento perché non é tutto riducibile solo a connessioni, mediazioni incarnate, collaborazioni orizzontali, condivisioni, in una parola a una logica che può essere anche anonima, su base individuale e impersonale, perché il "dono" di cui sopra non é gratuito ma frutto di amore, sofferenza, peccato originale ecc. ecc.: "l'ordine di conoscenza della Rivelazione é peculiare: ad esso l'uomo non può affatto arrivare con le proprie forze. E' invece per una decisione del tutto libera che Dio si rivela e si dona all'uomo svelando il suo mistero (pag. 545 articolo succitato). Questo a proposito di etica hacker comporterebbe un dover assoggettarsi ad un etica "superiore" inconoscibile e inarrivabile: un vero hacker non accetterebbe e da bravo cercatore della conoscenza e della trasparenza comincerebbe ad arrovellarsi sul come e il perché di tutto ciò e cercherebbe di capire in cosa consista questa "superior" etica che gli sta di fronte; fosse un maniframe cercherebbe di entrarvi, ma essendo immateriale evidentemente la strada da intraprendere é un altra anche se son sicuro che l'intento sarebbe lo stesso: capire cosa ci sia dentro e, soprattutto, "chi"; per svelare l'insvelabile e far trasparire quello che trasparente non é. E' ora che si capisca che hacker non é il cupo e notturno animale chiuso nella sua stanza prono sulla tastiera del suo pc a violare chissà cosa: questa é mitologia per gli hacker mentre é relativamente reale per i cracker (i cattivi); ma l'hacker vero (soprattutto le ultime generazioni) una persona che vive immerso in community, reali e virtuali, che ha fatto della conoscenza, gnoseologicamente definita, uno stile di vita dove "l'open" è la regola e non l'eccezione dove la "source (la fonte)" é nota, condivisa, mutevole (laddove dovesse evidenziare dei difetti si periterebbe di correggerla dando notizia laddove possibile all'interessato), ma soprattutto paritaria: non eguale, sarebbe impossibile, ma paritaria. Stessa cosa per l'hacking che, quindi, non é solo un frutto di un singolo individuo ma la collaborazione di tantissime persone (spesso sparse per il pianeta e che nemmeno si conoscono) che ci mettono del proprio affinché il risultato, mai definitivo, possa dare i frutti sperati: un esempio é il vincitore del premio Humanitarian of the year creato dalla rivista Technological review del MIT per porre alla pubblica attenzione quei giovani informatici che stanno cambiando, o contribuendo a cambiare, il mondo delle tecnologie; nel 2010 l'ha vinto David Kobia un espatriato dal Kenya che ha creato il software, open source, "Ushaidi (in Swahili significa testimone)" che raccoglie (e valuta con vari criteri prima di porlo all'attenzione degli altri) segnalazioni, testimonianze, diari, report e quant'altro inviato dai cittadini rappresentandoli su una mappa interattiva affinché brogli elettorali, violenze, disastri, incendi ecc. possano essere più facilmente denunciati o posti all'attenzione di tutti, essendo evidenziati anche visivamente su essa; in tal modo i soggetti che per primi intevengono sui luoghi indicati dalla mappa sanno esattamente cosa sta accadendo e dove e possono agire per il meglio: un software geniale ma semplicissimo che si adatta sia ai paesi ad alta tecnologia sia a quelli che ne sono sprovvisti o quasi per evitare che ci siano zone "buie", adattandosi a qualunque mezzo tecnologico il soggetto abbia a disposizione (ho citato a memoria dal libro di Giovanni Ziccardi "HACKER" ed. marsilio da pag. 16 in poi). Un gioco sembra, vero? Ma un gioco che alla fine, con il contributo di tutti, da la possibilità di alleviare le pene di chi vive condizioni di disagio anche gravi: anche questa é etica hacker e hacking per attuarla. Ci sono dei punti di contatto fra le due visioni (hacker e cristiana ma anche, evidentemente, islamica, buddista, ecc. non potrebbe essere altrimenti visti i principi di base) ed é innegabile che moltissimi aspetti sono condivisibili fra le stesse, perché il riconoscimento di un ruolo al singolo come individuo e come parte di una community é già un ottimo punto di partenza per intraprendere percorsi paralleli e/o coincidenti; ma però se dialogo e condivisione dev'essere non può partire dal presupposto che siamo simili come visione ma io sono meglio perché ho la Rivelazione dalla mia e quindi sono superiore: é un errore a mio parere dato che ognuno di noi, quando crea qualcosa nel suo pc, é "creatore"; ognuno di noi ogni volta che agisce o scrive é mito e realtà insieme perché quel singolo momento, anche ripetuto migliaia di volte, rimane singolo e peculiare quindi irripetibile e nessuno si sognerebbe di mettersi a "giocare il cielo a dadi" perché sa benissimo che la terra o meglio la città terrena e non quella celeste, di là da venire ancora per i credenti, quella nella quale s'interagisce per migliorarla sapendo di non poterla mai cambiare in via definitiva perché, come qualunque software "open source", é sempre in divenire di secondo in secondo e nulla ne potrà fermare l'evoluzione sia in positivo che in negativo. Si vuole dialogare con la Rete? Ben venga. Si vogliono trovare, e ci sono, punti di contatto e di riconoscimento reciproco? Meglio ancora, salvo però che non si cerchi di colonizzare per trasformare in animali da recinto quelli che sono nati liberi e "open" e tali vogliono restare. Si vuole entrare in Rete smettendola di definirla "infernet" e smettendo di chiamare criminali gli hacker veri (che sono persone che sono sì "ribelli" per definizione - spesso sbagliando perché giustificano in nome di ideali superiori anche le peggiori nefandezze - ma non pretendono di avere una verità rivelata da propagare ma solo una realtà circostante da scoprire che, spero ne converrete, é ben altra cosa)? Bene, era ora che ci fosse un cambio di linea in una delle gambe del potere: ma che non si faccia l'errore di "pensare" la rete in termini bidimensionali e gerarchizzati perché in rete non ci sono capi né capi amati, né guru, né capicorrente, né altro; ci sono nick e persone dietro quei nick che hanno sensibilità diverse; preparazioni differenziate dalla loro storia; idee politiche ancora più diverse; visioni etiche opposte o coincidenti che tali vogliono restare ma che sono aperte al dialogo, ecc. ecc. insomma c'é libertà (vera, o meglio nel suo significato vero non svuotato e reso contenitore vuoto in cui metteri esattamente il suo opposto), democrazia (digitale e orizzontale soprattutto), spazio per tutti e quindi non ci si sta l'uno sull'altro. Nessuno si sogna di predominare nel virtuale perché il predominio é sintomo di autoritarismo e in internet sono allergici alle "missioni" e ai "missionari": la storia insegna che dietro ai missionari ci sono sempre stati i conquistadores che hanno fatto altrettanti danni con le popolazioni con le quali hanno interagito sterminandole o riducendole sull'orlo dell'estinzione (quando non riuscivano a chiuderle in un recinto riducendoli al rango di animali da cortile) in un olocausto di secoli che fa impallidire anche quello più recente di cui abbiamo ancora memoria: se ci sono questi retropensieri, no grazie. Venite pure, sarete accolti perché l'isola nella rete si perde se non ha collegamenti con la terraferma e non si ha la bussola per arrivarvi e lo skipper per portarvici.

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