Il dilemma non è shakespiriano ma comunque è attuale: perchè chi vuole tagliare le pensioni è definito riformista e chi invece vuole mantenerne il livello attuale (che assicura una pensione appena sopra la fame come affermano gli economisti del "lavoce.info") è conservatore? Le risposte sono tante quante sono le idee in proposito: una per tutte potrebbe essere che anche da questa materia lo Stato se ne vuole ritirare e limitarsi a dare un minimo, sia per dare spazio a forme di pensione privata (basata su fondi assicurativi, bancari, e contrattuali) legata all'andamento dei mercati rischiando, per chi le sottoscrive, di lasciare il classico pugno di mosche in mano (esperienze già avvenute in UK) sia perchè per troppi anni esso ha preso i contributi e non li ha messi da parte ma li ha usati per risanare il deficit di bilancio e quindi sono soldi che non ci sono in realtà; nella previdenza c'è, come già detto, l'assistenza (cassa integrazione per fare un'esempio) che sarebbe più giusto che pesasse sulla fiscalità generale e non solo sui lavoratori. Ora a parte il discorso della "ownership society" (di cui ho scritto e detto tutto il male possibile) che ritengo sia il sogno nascosto di molte economie occidentali, soprattutto quelle che hanno preso a modello il sistema americano, qui ci sarebbe da valutare perchè si deve penalizzare il lavoro di 40 anni di un cittadino con quattro euro che non gli servono nemmeno a pagare l'affitto e le bollette, e non ci si preoccupa invece di una seria politica occupazionale dove quelli che lavoreranno in un futuro determineranno l'equilibrio dei conti pensionistici? La risposta è allo stesso tempo semplice e complessa: semplice perchè i nostri politici (meno motivati e più esposti alle sirene padronali e ai soldi) non hanno davvero l'intenzione di risolvere il problema occupazionale e la relativa disoccupazione perchè da esso traggono voti basati su speranze e aspettative (sembrano legati come problemi ma non lo sono). Ci siamo incamminati in una situazione economica dove a livelli di disoccupazione alta ci sono quasi pari livelli di occupazione; non credeteci quando dicono che la disoccupazione diminuisce perchè quello che diminuisce è l'accesso alle agenzie, sia pubbliche che private, semplicemente meno persone lo cercano e sono fuori dal conteggio, tutto qui, così come non credeteci quando dicono che l'occupazione è in aumento perchè se si disaggregano i dati si vede che il 50% dei lavori è di tipo precario e quindi poco utile ai fini pensionistici (più credibile è invece la statistica che dice che continuano a essere licenziate persone dalla grande industria, questa è la realtà). Una seria politica occupazionale prevederebbe un tal impiego di risorse, in vari anni, (soprattutto dove, come in Italia, si guarda più al profitto immediato che alla rendita futura) che davvero si dovrebbe non solo far pagare a tutti tutte le tasse (con la ricaduta di impopolarità che ne conseguirebbe) e spendersi cambiando tutto il sistema (sia a livello giuridico che economico: una follia per qualcuno) mentre è più facile dire che si fa il possibile e lasciare parlare i numeri (che sono letti a seconda delle esigenze) ma quando essi li sanno leggere anche i cittadini, i politici vengono subito smentiti. Ora se ci togliamo la maschera ipocrita delle finte ideologie non possiamo non notare che è il sistema stesso che chiede un tal scenario e che ci siano "l'esercito di riserva del XXI secolo", quello che 150 anni fa era chiamato lumpenproletariat, dei precari che al netto delle poche regole che devono essere ossservate nei loro confronti, creando dei futuri indigenti, e volendola dire con Toynbee, la sottoclasse che potrebbe essere alla lunga la leva che lo farà crollare, quando nessuno lavorerà più. Quindi è falso il dibattito fra riformisti/liberisti e presunti conservatori, è un vero specchietto per le allodole mentre invece è reale il problema di come queste generazioni gestiranno un futuro che la nostra non ha saputo, e dovuto, difendere adeguatamente per renderglielo migliore.
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